La normativa relativa al welfare aziendale introdotta con la legge di stabilità del 2016 (e ampliata quest’anno) ha aperto un nuovo ventaglio di vantaggi che riguardano sia le aziende sia i loro dipendenti. Come ormai noto, sono previsti risparmi fiscali per le imprese che erogano premi di produzione sotto forma di beni e servizi mirati a migliorare la qualità della vita ed il benessere dei lavoratori stessi e dei loro familiari: dalla previdenza complementare agli abbonamenti ai mezzi pubblici, dai contributi per gli interessi sui mutui a quelli per l’istruzione e le attività ricreative dei figli, fino ai ticket o i buoni benzina.
Che l’opportunità vada colta è fuori di dubbio: l’impresa gode di un risparmio contributivo e il lavoratore può̀ sfruttare appieno il valore del premio in beni e servizi. Ma quale sia la strada migliore da seguire e cosa conviene davvero fare, nel concreto, lo è molto meno: di fatto, in questo momento fra le imprese italiane c’è ancora grande incertezza, come spiega Andrea Plebani, Amministratore Unico di Intelco, società specializzata nelle soluzioni per l’HR Management che fornisce sia supporto consulenziale sia tecnologico, avendo sviluppato un software specifico per la gestione e l’amministrazione.
«Si sente molto parlare di welfare, soprattutto da due punti di vista: quello normativo e quello degli operatori specializzati nel settore. Quello che però riscontriamo, incontrando gli HR manager, è che finora si è completamente sottovalutato un aspetto importantissimo, ovvero l’integrazione con il sistema di amministrazione e gestione del personale, sia per quanto riguarda la gestione del payroll sia per gli aspetti contabili. La gestione del welfare non può essere scollegata dal sistema HR, ma deve avere un riscontro diretto e immediato nel cedolino del dipendente, e poi nelle dichiarazioni annuali. Il bene e servizio scelto, inoltre, deve essere gestito in costo e contabilità. Se vengono trascurati questi aspetti, la complessità è destinata a crescere nel tempo, con l’aumentare del numero di persone che usufruiscono del welfare in azienda, fino ad arrivare a un punto critico».
Secondo Intelco, le evidenze dimostrano che la scelta di gestire il welfare attraverso un portale o un servizio ad hoc gestito esternamente non può essere efficiente se non esiste un collegamento diretto con il software di payroll, attraverso un’interfaccia più o meno sofisticata.
La gestione ottimale del welfare implica infatti il monitoraggio di molteplici variabili e l’integrazione con il sistema di payroll evita ai responsabili HR il rischio di un disallineamento. Ad esempio, le credenziali di accesso possono essere le stesse già in uso ai dipendenti per l’accesso ai sistemi, semplificandone la gestione; il turnover delle persone deve essere gestito in real time, con un costante aggiornamento di chi entra in azienda e di chi la lascia; il monitoraggio dei plafond va assicurato, per non rischiare di superarli (e quindi di scoprire a fine anno che c’è un impatto fiscale non previsto). E poi, i benefit non riguardano solo i dipendenti ma anche i loro familiari, dei quali si devono conoscere i dati anagrafici. Tante complessità, dunque, che vanno anticipate.
«Il punto di partenza per noi è sempre consulenziale, perché ogni realtà ha esigenze specifiche: supportiamo le aziende nella scelta della migliore modalità di attivazione del welfare, con l’obiettivo di massimizzare l’adesione da parte dei dipendenti e al contempo di permettere alle aziende scelte consapevoli rispetto alle aree di attivazione, perché diversi sono gli impatti contributivi e fiscali di ogni area. Grazie al nostro team normativo/legale, siamo a fianco degli HR manager anche nella stipula dell’accordo di secondo livello, quando è necessario per destinare al welfare i premi. E la nostra competenza tecnica li aiuta nella scelta degli strumenti tecnologici e nello sviluppo delle integrazioni necessarie con il sistema di HRM».
In un momento di grande trasformazione per le direzioni HR, la delega di un aspetto specifico come quello del welfare a un esperto permette così di focalizzare energie e risorse sugli aspetti più strategici del people management, come la gestione e il recruiting dei talenti, lo sviluppo di nuove competenze, le nuove forme di engagement. Per vincere le nuove sfide dell’era digitale, sono infatti le persone il vero fattore critico di successo, e il ruolo del direttore HR è quello di valorizzarle e fidelizzarle.