- In un contesto economico e sociale in continua evoluzione, il benessere organizzativo è essenziale per la resilienza e la competitività delle aziende.
- Le aziende possono migliorare il benessere organizzativo attraverso misure come smart working e la settimana lavorativa di quattro giorni.
- In Italia, esiste un disallineamento tra la percezione del benessere da parte degli HR e dei dipendenti, con il rischio di situazioni di burnout e quiet quitting.
In un contesto economico e sociale complesso e in continua evoluzione, come quello in cui viviamo oggi, il livello di resilienza e competitività di un’organizzazione dipende sempre più dal benessere organizzativo. Le performance delle aziende sono direttamente connesse alla salute fisica e alla situazione psicologica delle persone: legame ormai inequivocabilmente dimostrato, appare evidente come il prendersi cura dei lavoratori da parte delle aziende non sia più una scelta paternalistica, ma una necessità per guardare con fiducia a un futuro sempre più sostenibile e proficuo.
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Definizione di benessere organizzativo
Il benessere organizzativo va oltre il concetto di benessere individuale. Pertanto, si può definire come la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei suoi lavoratori a tutti i livelli e per ogni mansione.
Promuovere il benessere in azienda, spiega l’International Labour Organitation (ILO) con numerosi studi che evidenziano il legame tra produttività e salute dei lavoratori, è cruciale per l’efficacia a lungo termine dell’organizzazione. Di contro, la mancanza di attenzione al benessere può generare problemi come stress, conflitti e disturbi di salute mentale. Soluzioni come una leadership consapevole, una comunicazione efficace e l’attenzione allo sviluppo sono essenziali per creare un ambiente di lavoro positivo e soddisfacente.
Come si raggiunge il benessere organizzativo
Per promuovere il benessere organizzativo e migliorare la soddisfazione dei dipendenti, i manager possono adottare sette strategie chiave, come delineato in un articolo di Harvard Business Review redatto da professoresse del MIT e di Harvard:
- Concedere più controllo. Dando ai lavoratori la possibilità di decidere come svolgere il loro lavoro favorisce il benessere organizzativo. La mancanza di discrezionalità è associata a una peggiore salute mentale e a tassi più alti di malattie cardiache.
- Flessibilità nei tempi e nei luoghi di lavoro. Offrire ai dipendenti più flessibilità sui tempi e sui luoghi di lavoro migliora la salute mentale. Consentendo variazioni negli orari e semplificando gli scambi di turni si contribuisce al benessere.
- Stabilità degli orari. Evitare la pianificazione “just in time” per garantire più stabilità ai lavoratori, specialmente nel settore retail. Si ottiene così più qualità del sonno e si riduce lo stress, soprattutto per chi ha responsabilità familiari.
- Partecipazione alla risoluzione dei problemi. Offrire ai dipendenti l’opportunità di individuare e risolvere problemi sul posto di lavoro può ridurre il burnout e aumentare la soddisfazione lavorativa.
- Adeguato personale. Garantire un numero sufficiente di dipendenti per carichi di lavoro ragionevoli è cruciale. Pretese consistenti possono influire negativamente sulla salute e il benessere dei dipendenti.
- Supporto alle esigenze personali. Incentivare i manager a sostenere le necessità dei dipendenti, specialmente di coloro che si occupano di bambini o genitori anziani, promuove un ambiente di lavoro equilibrato tra vita professionale e personale.
- Cultura del lavoro e appartenenza sociale. Adottare misure per promuovere un senso di appartenenza sociale tra i dipendenti, creando una cultura del lavoro in cui sviluppare relazioni di supporto tra i colleghi può aumentare il benessere organizzativo.
La situazione nelle aziende italiane
A guardare lo stato del benessere organizzativo nelle aziende italiane la situazione non è certo delle migliori. Stando a quanto rilevato dalla 4, la ricerca realizzata da Randstad Professionals in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli dell’Università Cattolica che ha esplorato gli ultimi trend in ambito risorse umane attraverso attraverso un’indagine quantitativa condotta su un campione di oltre 300 responsabili risorse umane italiani e altrettanti lavoratori, emerge un deciso scollamento nella percezione di HR e lavoratori sul benessere in azienda, per tutti un elemento sempre più cruciale.
Secondo il 54% degli HR, nell’ultimo anno il benessere dei dipendenti è migliorato, ma i candidati la vedono diversamente: solo il 24% nota un miglioramento, mentre la maggioranza (38%) indica un peggioramento. Per le Direzioni HR, gli aspetti che più influiscono sul benessere sono senso di collaborazione/complicità tra colleghi, opportunità di formazione, maggiore motivazione, riconoscimento degli obiettivi raggiunti. Nella percezione dei lavoratori conta prima di tutto la motivazione personale, poi il maggior senso di appartenenza e l’aumento di stipendio, seguiti dal riconoscimento degli obiettivi raggiunti.
Tra le influenze negative, la scarsa attenzione alla motivazione, il mancato riconoscimento degli obiettivi, i carichi di lavoro eccessivi. Come rivela, infatti, l’ultima ricerca di GoodHabitz, la piattaforma di formazione aziendale, realizzata insieme a YouGov, oggi poco più di 1 su 2 (55%) si definisce soddisfatto del proprio percorso lavorativo (nel 2023 la l’indagine indicava che il 70% dei lavoratori era a rischio burnout) mentre sempre più persone hanno cambiato o stanno valutando di cambiare lavoro per motivi di insofferenza verso la propria mansione (30%). La percentuale tocca particolarmente i più giovani e cresce per la fascia under 44 (millennial / gen Z) raggiungendo il 34% contro il 28% degli over 45.
Un altro aspetto interessante emerso dallo studio riguarda il contesto lavorativo in cui questa sensazione si manifesta: la condizione di stanchezza verso il proprio lavoro è più marcata nei grandi contesti aziendali (32% tra i lavoratori di aziende con oltre 250 dipendenti), dove altresì la ricerca di una remunerazione migliore gioca un ruolo cruciale nel desiderio di cambiamento (42% contro il 38% nelle piccole e medie imprese).
Il percorso verso un’azienda sana
Secondo Josh Bersin, l’esperto americano di HR per tanti anni ricercatore e consulente Deloitte in questo ambito nonché fondatore della omonima Josh Bersin Academy, esistono quattro livelli che un’organizzazione deve superare per dirsi realmente sana.
Livello 1: sicurezza dei dipendenti
Ad un livello di maturità più basso, le aziende si concentrano sulla sicurezza sul lavoro. Questa dimensione ha molti significati: la sicurezza fisica è fondamentale, ma lo è anche quella psicologica per parlare apertamente e fare domande, quella di poter essere se stessi, quella di prendersi una pausa o rallentare, e poi c’è la sicurezza di leadership per sentirsi inclusi, rispettati e ascoltati. Dunque, prima di tutto, un’azienda sana è un’azienda sicura.
Livello 2: benessere dei dipendenti
Al livello successivo di investimento, le aziende hanno creato programmi di benessere, spesso esauriti nel reparto benefit e comprendono dozzine o centinaia di opzioni. Software per il wellbeing come Gympass o Jointly, per esempio, offrono una vasta gamma di programmi di fitness, salute mentale e resilienza. Tuttavia nessuno strumento o app può aiutare le riunioni a essere più produttive, quindi si passa al livello 3: attenzione al lavoro sano.
Livello 3: lavoro sano
La progettazione del lavoro e le pratiche di gestione sono tra gli aspetti più importanti che concorrono alla salute dell’azienda. Quando le persone sentono di avere gli strumenti, le risorse e il tempo giusti, si sentono rilassate e produttive sul lavoro. Succede infatti, racconta Bersin, che i Wellbeing Manager affermino di avere molti programmi per il benessere, stanze per il pisolino e benefit, ma che la gente continui a chiedersi quando avrà il tempo per fare queste cose.
Livello 4: organizzazione sana
Al livello 4 le organizzazioni vanno oltre. Esaminano il modello di leadership, le opportunità di crescita e la salute generale dell’azienda dall’alto verso il basso.
È importante sapere che le aziende che si trovano al livello 4, afferma Bersin sulla base delle ricerche effettuate, hanno quasi quattro volte più probabilità di essere leader di mercato e con le migliori performance finanziarie nel loro settore.
Sperimentazioni di benessere organizzativo: Smart Working e settimana lavorativa di 4 giorni
L’esperienza del Covid-19 ha messo in evidenza all’interno delle organizzazioni come lo Smart Working sia molto apprezzato dai lavoratori che riescono a trovare un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata, si sentono meno stressati e dunque più produttivi. Ad oggi in Italia, rivelano i dati dell’ultimo Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, quasi tutte le grandi imprese (96%) prevedono al loro interno iniziative di Smart Working, che è presente anche nel 56% delle PMI e nel 61% degli enti pubblici. L’Osservatorio però mette in guardia: non sempre il lavoro da remoto porta a modelli realmente “smart”, sono solo i “veri” smart worker, ossia quelli che oltre a lavorare da remoto hanno flessibilità di orari e operano per obiettivi, a presentare livelli di benessere ed engagement più alti dei lavoratori tradizionali in presenza.
Ma se la flessibilità è diventata una delle porte d’ingresso per raggiungere la salute organizzativa, essa può essere declinata in vari modelli. Tra le ultime sperimentazioni alle quali stiamo assistendo c’è la settimana lavorativa di quattro giorni. E così realtà come Luxottica, Lamborghini, Intesa Sanpaolo e altre si apprestano a fare test mixando gli elementi contrattuali, tutto ciò sempre con l’obiettivo di aumentare il benessere delle persone e quindi dell’organizzazione, e di conseguenza engagement e produttività.
Come si misura il benessere organizzativo: strumenti e indicatori da monitorare
Misurare il benessere organizzativo è un’attività fondamentale per creare un ambiente di lavoro sano. Solo tenendo sotto controllo gli indicatori principali è possibile fare una valutazione reale del clima aziendale e apportare miglioramenti là dove necessario. Sondaggi, interviste, focus group tra i dipendenti sono alcuni degli strumenti utilizzati dalle Risorse Umane, che oggi possono fare affidamento anche sui software di HR Analytics. Queste piattaforme forniscono alle aziende insight e informazioni approfondite sulle prestazioni, la produttività e il coinvolgimento dei dipendenti valutando, attraverso l’elaborazione di molteplici dati provenienti da più fonti, aspetti come le prestazioni dei dipendenti, il tasso di turnover, il livello di engagement.
Ma vediamo più nel dettaglio quali sono i principali indicatori chiave (KPI) del benessere organizzativo:
- Indice di soddisfazione dei dipendenti. Valuta la soddisfazione complessiva attraverso indagini sulla cultura aziendale, leadership e percezione del lavoro e si ottiene calcolando l’indice che prende il nome di eNPS (Employee Net Promor Score).
- Analisi dei livelli di stress e burnout. Utilizza dati da indagini per identificare fonti di stress e implementare misure preventive.
- Tassi di assenteismo e rotazione del personale. Monitora assenze e rotazioni per valutare lo stress e l’insoddisfazione.
- Indicatore di coinvolgimento dei dipendenti. Misura il coinvolgimento attraverso partecipazione alle riunioni e la collaborazione, riflettendo un ambiente di lavoro positivo.
- Indicatore di performance. Esamina la produttività, la qualità del lavoro e la soddisfazione del cliente, evidenziando il collegamento positivo con il benessere organizzativo.
- Numero di incidenti sul lavoro. Considerando che in qualsiasi luogo di lavoro la sicurezza è una delle misure di benessere più importanti (vedi i livelli di benessere sopra), monitora i tassi di infortuni con l’obiettivo di garantire che il luogo sia sicuro.