INTERVISTA

Il futuro della leadership nell’era dell’Intelligenza Artificiale



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Nell’ultimo libro di Filippo Poletti, scritto insieme ad Alberto Ferraris, si esplora il cambiamento che l’AI sta portando nei modelli manageriali delle aziende. Tanti i casi di studio presentati, come quelli di Microsoft, Google, Cisco, Siemens e Barilla. A colloquio con l’autore

Pubblicato il 12 dic 2023



smart leadership

Si intitola “Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale con il cuore e il cervello“. Scritto a quattro mani dal giornalista Filippo Poletti e dall’economista Alberto Ferraris per Guerini Next, il libro raccoglie le analisi quantitative curate da Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia, e 20 interviste ai leader appartenenti alla generazione dei boomer, X e Z. Tra le aziende presenti nelle pagine del volume si passa da Microsoft a Google, da Cisco a Siemens, da illimity a Webuild fino all’unicorno Scalapay, co-fondato da Simone Mancini, classe 1987. Ne viene fuori un decalogo dei capi azienda nell’era dell’AI, tecnologia che, secondo molti analisti, nei prossimi 5 anni sarà determinante per definire il 50% delle decisioni manageriali. Ecco perché per guidare le imprese occorre puntare su una smart leadership e sul binomio “cuore e cervello”: il primo per prendersi cura delle persone, il secondo per raggiungere gli obiettivi di business promuovendo un impatto positivo sulla società.

Il ritratto del leader ai tempi dell’Intelligenza Artificiale

«Il leader di oggi deve saper progettare il processo di trasformazione in atto, sviluppare all’interno dell’azienda nuove competenze, promuovere una cultura organizzativa che utilizzi al meglio l’Intelligenza Artificiale e soprattutto individuare quali attività saranno svolte dagli esseri umani e quali dalle macchine, attribuendo all’intelligenza il ruolo di co-pilota e alle persone quello di “piloti” della rivoluzione in atto» spiega Poletti.

Who's Who

Filippo Poletti

Giornalista, scrittore e Top Voice di LinkedIn

Filippo Poletti

Oltre a essere una Top voice di LinkedIn, l’autore ha al suo attivo diverse pubblicazioni che affrontano temi di vasta portata con la chiarezza del cronista.

L’ho incontrato a margine della presentazione del volume, avvenuta l’1 dicembre 2023 a Milano, nella sede italiana di Microsoft, insieme all’Amministratore Delegato di Microsoft Italia, Vincenzo Esposito.

Nel libro emerge la figura di un leader poliedrico, che deve avere capacità e competenze commisurate con l’evoluzione della tecnologia. Quanto è diverso questo profilo da quello di coloro che l’hanno preceduto?

«Deve essere un leader sempre più “di cuore”, oltre che “di cervello”: il cuore deve essere usato per valorizzare le persone, il cervello per individuare e realizzare gli obiettivi di business con l’attenzione massima all’impatto positivo sulla società. Viviamo una fase storica straordinaria: l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale porterà, a parità di ore di lavoro, a una maggiore produttività in Italia, stimabile in oltre 310 miliardi di euro, quasi il PIL della Lombardia, un quinto di quello italiano. Per questa ragione, il leader deve essere ancora più orientato alle persone rispetto al passato: nelle sue mani ci sono e ci saranno strumenti che, se usati consapevolmente e a fin di bene, potranno aiutare lui e i suoi collaboratori a lavorare meglio. L’innovazione tecnologica permetterà ai professionisti di avere più tempo da dedicare ad attività ad alto valore aggiunto, consentendo loro, ad esempio, di diminuire il cosiddetto “debito digitale”, che oggi li vede, se parliamo di lavori d’ufficio, ricevere fino a 250 email al giorno e quasi 150 chat su Teams. Il leader “coach” dovrà, dunque, avere un “cuore grande” per essere al fianco dei collaboratori».

Le tech company sono ampiamente rappresentate nel volume. Ma la leadership ai tempi dell’AI è una prerogativa di chi siede nei board di queste società o deve cambiare in qualsiasi settore economico?

«L’“IA-cene” o “AI-cene”, come la chiamo io, è l’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale collabora con quella umana. Siamo entrati ufficialmente nell’industria 5.0. Parliamo di grandi passi in avanti in tanti ambiti che vanno dalla fintech al settore delle telecomunicazioni, dall’insurtech alla sanità. Per non dire di tutto il settore secondario: non a caso il libro si apre con l’intervista a Luca Barilla, vicepresidente della grande azienda alimentare italiana.

È dall’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale che arriva, per fare un esempio concreto nell’ambito della salute, l’innovazione nella tecnica diagnostica della risonanza magnetica per la diagnosi e il monitoraggio delle malattie rare neuromuscolari: in pochi secondi, fino a un massimo di 10, è possibile oggi ottenere informazioni accurate sulle proprietà dei tessuti patologici. L’impiego sperimentale delle reti neurali per l’acquisizione delle immagini di risonanza magnetica è stato l’oggetto del progetto di ricerca sviluppato alla Fondazione IRCSS Mondino di Pavia da Leonardo Barzaghi e da Raffaella Fiamma Cabini, dottorandi del gruppo “BioData Science”. Sono stati loro, già laureati in fisica a Pavia e Milano, a presentarlo in anteprima mondiale al “CompMat Spring Workshop”, l’evento dedicato alle nuove frontiere del machine learning e della matematica computazionale, organizzato lo scorso maggio all’università di Pavia».

Quali sono, se ci sono, gli elementi differenzianti innescati dall’Intelligenza Artificiale?

«Il primo elemento è stata la velocità di adozione dell’Intelligenza Artificiale Generativa. Non era mai successo nella storia dell’umanità che una tecnologia si espandesse così rapidamente. Mi riferisco a ChatGPT che, lanciato il 30 novembre 2022, ha registrato 5 milioni di utenti in 5 giorni e ben 100 di iscritti in 3 mesi. Ci sono voluti 16 anni per avere 100 milioni di utenti di telefoni mobili, 7 per Internet, 4,5 per Facebook. Si tratta di una “massa critica” straordinaria, per usare la terminologia degli economisti che studiano gli effetti positivi che si verificano quando l’utilità di un servizio dipende dal numero degli individui che lo utilizzano. Un secondo elemento differenziante è il fatto che più le reti neurali sono praticate e più imparano, migliorando il servizio offerto: siamo entrati, appunto, nell’“IA-cene” o “AI-cene”, quella dell’interazione. Non parlo mai di automazione né tanto meno di sostituzione delle persone, quanto, appunto, di collaborazione».

Il libro propone un decalogo e 20 sfumature di smart leadership. Da dove nasce questo metodo per “bullet point” che hai utilizzato anche in altre pubblicazioni, come ad esempio in Grammatica del nuovo mondo?

«All’origine del decalogo c’è il test di autovalutazione dei leader. Il libro prova a fare un passo in avanti nella comprensione della “IA-cene” o “AI-cene”, individuando un “canvas” o griglia di autovalutazione. Il business model canvas nasce nel 2010 grazie ad Alexander Osterwalder e Yves Pigneur. Lo “smart leadership canvas” valuta se la leadership umana, con la collaborazione dell’Intelligenza Artificiale, abbia cuore e cervello. Sono, appunto, per la collaborazione tra uomo e reti neurali, dove l’attore principale è il leader che, usando le reti neurali, può essere ancora più attento alle persone e agli obiettivi da realizzare. Circa il mio percorso di produzione letteraria, sono convinto che la comprensione della realtà passi attraverso l’identificazione delle “parole prime” o “non scomponibili”. Nella “IA-cene” o “AI-cene” le 3 “parole prime” sono “collaborazione” tra l’intelligenza umana e quella artificiale, “cuore” e “cervello”».

Con quale criterio è stato stilato il decalogo?

«Di Intelligenza Artificiale oggi si parla e si scrive tanto. Lo “Smart Leadership Canvas” arriva a una modellizzazione e dice di no alla visione tattica della collaborazione uomo-macchina, mentre dice di sì a quella strategica a medio e lungo termine. Se lo guardiamo in filigrana, il “test di cuore-cervello” o “canvas” contiene le basi delle “AI leadership platform”, ossia le piattaforme che saranno sviluppate per aiutare i leader a guidare le aziende».

Se dovessi restringere il decalogo dei nuovi leader ad almeno 3 caratteristiche imprescindibili, quali indicheresti?

«Sa individuare il livello di urgenza della collaborazione persone-Intelligenza Artificiale, sa favorire il benessere dei collaboratori e, infine, sa realizzare gli obiettivi aziendali nel rispetto delle regole e dell’etica professionale. Il tutto in tempi molto rapidi: il leader di oggi deve avere “readiness”, ossia prontezza».

Riguardo alle 20 sfumature di leadership, ci puoi fare qualche esempio?

«L’incontro con tanti leader è stato sorprendente e sono certo che la lettura di queste testimonianze sorprenderà i lettori. C’è, ad esempio, “la leadership della prosperità” raccontata da Vicenzo Esposito, CEO di Microsoft Italia, così come “la leadership coraggiosa” presentata da Melissa Ferretti Peretti, CEO di Google Italia, “la leadership inclusiva” tratteggiata da Agostino Santoni, vicepresidente di Cisco Sud Europa e vicepresidente di Confindustria con delega al digitale, “la leadership agile” indicata da Floriano Masoero, CEO di Siemens Italia, “la leadership utile” suggerita da Corrado Passera, CEO di illimity, e “la leadership condivisa” su cui riflette Cristina Zucchetti di Zucchetti Group».

Hai affrontato nei tuoi libri i temi della pandemia, della guerra e adesso quello dell’Intelligenza Artificiale. Quale sarà il prossimo argomento su cui punterai l’attenzione?

«Continuerò a fare il cercatore di storie, riflettendo in particolare sul percorso che ho compiuto su LinkedIn, dove dal 5 maggio 2017 racconto, tutti i giorni, senza soluzione di continuità, il cambiamento del mondo del lavoro. Ufficialmente sono un giornalista professionista e una delle “top voice” ufficiali di LinkedIn. A me piace dire che ogni mattina vado a caccia di storie positive o propositive. Storie di persone, appunto. Non è un caso che in “Smart Leadership Canvas” i lettori non troveranno mai scritto “Intelligenza Artificiale” con le lettere maiuscole. Al centro del fare impresa ci deve essere, a mio modo di vedere, la persona con un nome e un cognome, scritti, questi sì, con le lettere maiuscole. E alle persone, ai professionisti, sono dedicati tutti i miei libri: scrivo per azzerare le distanze, per imparare e per mettere a disposizione di altre persone ciò che ho incontrato e imparato. La vita, anche quella letteraria, è un incontro sorprendente».

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