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Intelligenza Artificiale e lavoro: che cosa aspettarsi

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Quali impatti le nuove tecnologie avranno sulle professioni? La ricerca del Fondo Monetario Internazionale e lo studio predittivo di EY, Sanoma Italia e Manpower Group hanno cercato di dare una risposta a questa domanda, motivo di preoccupazione sempre più diffuso

Aggiornato il 25 set 2024




Negli ultimi tempi il tema dell’Intelligenza Artificiale, e in particolare l’impatto che avrà, e che già sta avendo, sul mercato del lavoro, è molto discusso. Complice anche la larga

Se da un lato i risultati raggiunti con questa tecnologia e la promessa di sviluppi futuri generano non pochi entusiasmi, dall’altro non mancano le preoccupazioni riguardanti le sorti di molte professioni. Per capire che impatto l’AI avrà sul lavoro ecco di seguito due punti di vista: quello del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e quello di EY.

La ricerca di FMI

Il Fondo Monetario Internazionale ha condotto una ricerca approfondita con l’obiettivo di valutare l’impatto che l’AI avrà sul mondo del lavoro e i risultati sono stati “sorprendenti”.

Un primo dato significativo rivela che il 40% dei posti di lavoro sarà influenzato dall’Intelligenza Artificiale, percentuale che potrebbe salire fino al 60% nelle economie più sviluppate. Non solo, la metà delle professioni potrebbe beneficiare delle tecnologie emergenti come l’AI in termini di produttività.

Ma ci sono anche risvolti meno promettenti, un’altra metà dei lavori potrebbe vedere l’Intelligenza Artificiale svolgere compiti fondamentali portati oggi a termine dalle persone. Questo scenario potrebbe essere la causa di una diminuzione della domanda del lavoro, una riduzione dei salari, un calo di assunzioni e, nelle possibilità più estreme, della scomparsa di alcune professioni.

I possibili risvolti negativi dell’AI sul lavoro

I mercati che meno subiranno (o beneficeranno) dell’ingresso dell’AI sono quelli emergenti e a basso reddito, dove si prevede rispettivamente un impatto del 40% e del 26%. Questo perché molti dei paesi interessati non dispongono ancora delle infrastrutture e della forza lavoro necessarie per sfruttare appieno i vantaggi offerti dalle nuove tecnologie, elemento che potrebbe diventare causa di maggior disparità tra le nazioni.

Come ha sottolineato Kristalina Georgieva, la Direttrice Generale del FMI, siamo attualmente all’inizio di una grande cambiamento tecnologico, che ha tutto il potenziale per portare benefici come lo stimolo della produttività, una crescita globale e l’aumento dei redditi in diversi paesi, ma potrebbe anche diventare causa di un aumento delle disuguaglianze già esistenti. Per questo Georgieva sottolinea la necessità di sviluppare politiche che mirino a uno sfruttamento sicuro e vantaggioso del grande potenziale dell’AI a beneficio dell’umanità.

Lo studio predittivo di EY

EY, ManpowerGroup e Sanoma Italia hanno pubblicato un report, “Il futuro delle competenze nell’era dell’Intelligenza Artificiale”, elaborato proprio con tecniche di AI e algoritmi di machine learning.

L’obiettivo era individuare, in modo predittivo, come cambierà la richiesta delle competenze e delle professioni in Italia.

I risultati sono complessivamente rassicuranti: il trend della domanda del lavoro vedrà il segno positivo ancora per tutto il decennio, con lievi rallentamenti a partire da quest’anno e più significativi dal 2027.

AI e lavori sempre più richiesti

La ricerca ha preso in considerazione 23 settori in totale, di questi 9 saranno impattati positivamente dall’Intelligenza Artificiale in termini di aumento della domanda. Spiccano, in particolare, i settori tecnologici (come le telecomunicazioni), chimico e quello delle public utilieties, in quanto industry che comprendono sia professioni altamente qualificate (ad esempio specialisti in cyber security o in reti e ingegneri dell’automazione) sia figure più tecniche, come quelle impegnate nel web.

Inoltre, le figure manageriali, come i direttori di amministrazione e finanza o gli specialisti di organizzazione, manterranno un ruolo fondamentale, perché l’impatto che l’AI avrà sui modelli di lavoro e sui processi richiederà punti di riferimento nelle aziende.

C’è poi un altro aspetto da considerare. L’Intelligenza Artificiale stessa avrà bisogno di professionisti in grado di gestirla, infatti, tra i profili più richiesti nel prossimo futuro, vi sono anche quelli in grado di disegnare e implementare le tecnologie più avanzate.

Infine, un’altra area professionale che avrà bisogno sempre più di risorse umane è quella legata alla trasformazione dei servizi e delle competenze, che comprende, ad esempio, i servizi di cura, di educazione, di formazione e di lavoro.

AI e lavori sempre meno richiesti

L’automazione sarà, e già in parte lo è, motivo di inflessione della domanda di quei profili impiegati in attività ripetitive, a basso contenuto intellettivo.

A metterlo nero su bianco anche il rapporto “The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth” di Goldman Sachs, secondo cui, nello specifico l’Intelligenza Artificiale Generativa potrebbe portare all’automazione di 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Se già oggi 2 lavori su 3 sono esposti a un certo grado di automazione, in un futuro prossimo 1 lavoratore su 4 in Europa e negli Stati Uniti potrebbe dunque essere sostituito dall’Intelligenza Artificiale

Non saranno solo le professioni meno qualificate a subire negativamente l’impatto dell’AI, ma anche alcuni lavori a qualifica media come i conduttori di impianti, i tecnici, gli impiegati d’ufficio che gestiscono dati e i professionisti della logistica. Così come gli impiegati nei settori delle banche e delle assicurazioni, che hanno da tempo iniziato una grande trasformazione in termini di digitalizzazione.

Persino alcune professioni qualificate e imprenditoriali subiranno un’inflessione della domanda, in particolare quelle appartenenti a settori a bassa crescita, come il primario.

Come favorire il cambiamento

Alla luce di quanto detto, laddove la domanda di alcune professioni vede un aumento, diventa fondamentale formare lavoratori con le giuste competenze, al fine di evitare il talent shortage. Dove invece la domanda diminuisce, la forza lavoro che non trova spazio in quei ruoli, deve essere riassorbita in altri.

Si tratta quindi di cambiamenti radicali che necessitano attenzione e una strategia ben congegnata, che possa contare anche su specifiche misure del Governo a supporto della formazione e del lavoro.

La formazione aziendale e il potenziamento dei percorsi di studio, obbligatori e non, in ottica STEM potranno infatti essere volano per risolvere il crescente mismatch tra domanda e offerta di lavoro e favorire il reskilling delle competenze. In quest’ottica la stessa Intelligenza Artificiale che potrà contribuire a rendere la formazione più accessibile.

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