Si chiama “People First” la strategia HR che in Fater – l’azienda che dal 1992 è una joint venture paritetica tra Angelini Industries e Procter & Gamble – guida le azioni e le iniziative che mirano a coinvolgere, includere, ascoltare, far stare bene e soddisfare le persone, dipendenti, clienti e comunità comprese. Una People Strategy che, appunto, come il nome stesso suggerisce e raccoglie un insieme di valori che mettono le persone “prima di tutto” e che si fonda su sei pilastri: Listen, Growth&Impact, Wellbeing, Include, Inspire, Do The Right Thing. A raccontarli è il Chief HR Officer, Giulio Natali.
Con oltre 1.500 dipendenti e quattro stabilimenti produttivi a Pescara, Campochiaro (CB), Porto (Portogallo), Gebze (Turchia), oggi i prodotti del Gruppo, come Lines, Lines Specialist, Pampers e ACE, fanno parte della vita quotidiana degli italiani e si stima che nel nostro Paese 3 famiglie su 4 hanno almeno un prodotto Fater in casa (fonte GFK, dicembre 2023).
Indice degli argomenti
I sei pilastri della People Strategy di Fater
«La nostra non è solo una strategia HR ma anche di business: partita con cinque pilastri, individuati nati nel 2020, nel tempo si è evoluta e nell’ultimo anno se n’è aggiunto un sesto. Questo perché la strategia delle persone è viva, così come lo sono i cambiamenti culturali, sociali e delle persone».
Who's Who
Giulio Natali
Chief HR Officer, Fater
Ascoltare per orientare le strategie future
Il punto di partenza è l’Ascolto, che aiuta a mappare l’efficacia delle azioni già intraprese e a orientare quelle future.
«Non possiamo avere una strategia strutturata e capace di rispondere alle esigenze delle persone se non ascoltiamo; ogni momento per noi è ascolto, non solo durante la survey annuale o altri momenti istituzionali. Da focus group alle sound board create da professionisti fino ai momenti di feedback a 360 gradi: l’intera azienda è costantemente permeata da momenti di ascolto. Un altro esempio è il “caffè con i direttori”, appuntamenti che i top manager organizzano per incontrare, a gruppi, tutte le persone della nostra azienda».
Puntare sulla crescita professionale
Growth and Impact è il pilastro che contribuisce a valorizzare e sprigionare il talento di ognuno. «Per noi, “sviluppo” è una parola che si riferisce senza dubbio ai percorsi di crescita professionale, con processi di gestione dei talenti, performance management, ma senza mai tralasciare la sfera personale. Vogliamo che ogni anno una persona possa dire di aver imparato qualcosa di nuovo, di sapere o essere qualcosa di diverso rispetto all’anno precedente. Ed è per questo motivo che promuoviamo iniziative che all’apparenza potrebbero sembrare lontane dal modo tradizionale di operare di un’azienda, come corsi di pittura e di scrittura o giornate dedicate al volontariato, poiché arricchiscono l’essere umano nel suo insieme».
Benessere vuol dire anche poter scegliere come e dove lavorare
In Fater, il Wellbeing ha un’accezione piuttosto ampia e abbraccia il prendersi cura delle persone dal punto di vista fisico, mentale, relazionale e finanziario, anche fuori dai confini aziendali.
«Siamo, ad esempio, una delle pochissime aziende italiane che adotta l’Hybrid Working “totale”. Questo significa poter lavorare dove, come e quando si vuole, ma con la consapevolezza che non siamo un’organizzazione focalizzata interamente sul lavoro da remoto. Abbiamo, infatti, un campus che funge da struttura aggregativa, dove si va per stare bene insieme, e che rimane il punto di riferimento per la crescita e il consolidamento della cultura aziendale. Non vogliamo ridurre l’importanza della connessione fisica; al contrario, la incentiviamo in un rapporto di fiducia. Invitiamo le nostre persone a venire quando lo desiderano, sapendo che si arriva in un posto “bello”, dove ci si può contaminare con altri colleghi e avere accesso a numerose opportunità, anche di svago e ricreative».
Natali ha poi spiegato che l’azienda non impone ai dipendenti quadro e dirigenti un numero predefinito di giorni di ferie, «ma ci affidiamo al buon senso di ciascuno, intervenendo solo quando necessario. Sono loro a decidere in maniera responsabile la quantità di giorni da fruire, potendo anche superare il monte ferie annuo senza decurtazioni in busta paga; questo perché il concetto di fiducia è fondamentale nella nostra organizzazione».
Il benessere include anche l’equilibrio nella relazione tra dipendenti e azienda, che Fater cerca di mantenere, ad esempio, fornendo accesso a percorsi di supporto con uno psicologo, con le prime sessioni interamente sostenute economicamente dall’azienda.
Le iniziative a supporto della genitorialità
E in questa macroarea rientrano anche le iniziative a supporto della genitorialità come il congedo di paternità di tre mesi, usufruibile anche a scaglioni, «che è talmente apprezzato che, da quando è stato istituito, il 100% dei padri lo utilizza, o il supporto al reintegro delle madri sul posto di lavoro dopo la maternità. Questo periodo è accompagnato da un’attività di coaching vera e propria, che facilita il reinserimento in un ambiente di lavoro migliore e senza perdere opportunità di carriera, che in passato sarebbero magari state precluse a causa del lungo periodo di assenza». C’è poi il bonus asilo nido che dà alle persone la possibilità di usufruire di un rimborso fino a 250 euro netti al mese per un massimo di 12 mesi, per coprire le spese di iscrizione e di frequenza, le rette e la mensa relative alla struttura, sia essa pubblica che privata, sia in Italia che all’estero.
Dare valore all’unicità della persona
Il quarto pilastro, l’Inclusion, punta a rendere l’azienda aperta al dialogo e pronta a valorizzare l’unicità di cui ognuno è espressione. «L’obiettivo è eliminare qualsiasi valutazione delle persone che non sia collegata al merito; tutto il resto è considerato un bias e deve essere trattato e gestito come tale. Promuoviamo attivamente la parità salariale e la crescita delle persone indipendentemente da genere, etnia o orientamento sessuale. Cerchiamo costantemente di aggiornare queste pratiche, perché non basta una dichiarazione, è fondamentale ascoltare e agire per rimuovere i pregiudizi».
Puntare lo sguardo fuori per ispirarsi
Il quinto pilastro è quello dell’Inspire, «che significa lasciarsi contaminare, ascoltare e comprendere ciò che accade all’esterno. Si tratta di guardarsi intorno, incontrare persone, partecipare a convegni: l’obiettivo è non rimanere fermi né concentrati solo su sé stessi. Per questo motivo, invitiamo professionisti, guru, uomini di sport, spettacolo, manager e leader a raccontarci storie che abbiano un significato di apprendimento per noi e che possano generare risonanza».
Fare la cosa eticamente più giusta
Aggiunto nell’ultimo anno, Do the right thing è il sesto pilastro che guida tutte le azioni delle persone, per indirizzarle sempre a fare la cosa eticamente più giusta. «È collegato al riconoscere come un’azienda moderna dovrebbe essere strutturata: si tratta di un’organizzazione estremamente flessibile e consapevole che opera in un contesto volatile, incerto e ambiguo, richiedendo risposte adeguate, che devono necessariamente essere supportate da un’alleanza solida e strutturata».
La fiducia come punto di partenza della People Strategy di Fater
Ciò che lega tra loro questi sei pilastri è il rapporto di fiducia che ogni giorno Fater cerca di instaurare e mantenere vivo con le sue persone, che oltre a sentirsi ascoltate, coinvolte e gratificate, riescono a tenere alto quel livello di motivazione, indispensabile oggi per “star bene” sul lavoro.
E come ha ribadito Natali, «fiducia, o “trust”, significa evitare di esprimere giudizi affrettati e iniziare dando il proprio contributo, senza aspettarsi che siano gli altri a farlo per primi. In un contesto lavorativo popolato da generazioni molto diverse tra loro, è fondamentale mettersi in ascolto e capire quale risposta dare alla domanda che ciascuno si pone: “Cosa c’è per me?” (What’s in it for Me, ndr), comprendere, cioè, cosa rende le persone ingaggiate, coinvolte e contente.
Le risposte non possono mai essere uniformi; per questo motivo, aziende come Fater stanno abbandonando le soluzioni con un approccio unico e onnicomprensivo, preferendo strategie su misura, “tailor-made”, orientate agli obiettivi e mirate a soddisfare i bisogni reali. Questa logica, che è più “pull” che “push”, trasforma il ruolo dell’HR, che tradizionalmente è una funzione aziendale che si occupa di consolidare la struttura e garantire la coerenza.
Ora, la sfida è fare un passo ulteriore: offrire la possibilità di esprimersi in modi diversi. Alcuni dipendenti vorranno creare opere espressioniste, altri cubiste; l’azienda deve quindi essere in grado di fornire la tela e gli strumenti per permettere alle persone di “dipingere” il quadro che più le rappresenta».
È quindi un momento di grade trasformazione e cambiamenti per la funzione HR, che ha il compito di fungere in parte da guida e in parte da facilitatore. «Deve un po’ agire da “demiurgo”, da “alchimista” e da “prestigiatore”: in altre parole deve essere in grado di interpretare i contesti di evoluzione sociale e organizzativa, il che ci porta a cambiare ruolo continuamente».
Il valore della formazione in Fater
E in questo quadro in cui bisogna fare i conti con strategie che cambiano via via, la formazione acquista un ruolo di primo piano. In Fater è strutturata secondo il modello 70-20-10: il 70% dell’apprendimento avviene “on the job” attraverso assignment, task, project work e attività che aiutano ad acquisire nuove competenze; il 20% avviene tramite elementi mediati, come il coaching e il mentoring, e il restante 10% è legato a un tipo di training più tradizionale.
Quest’ultimo comprende la formazione comportamentale, attraverso corsi che fanno, ad esempio, riferimento a cataloghi come “The 7 Habits of Highly Effective People” di Covey e “Situational Leadership” di Blanchard, ma che si adattano poi alle esigenze della carriera manageriale di ognuno, coprendo competenze come people skill, time management e high performing team.
«Crediamo fortemente nell’importanza del lavoro di squadra – ha puntualizzato Natali – e per questo motivo tutti i team in azienda sono incoraggiati a seguire il percorso. Inoltre, ci stiamo concentrando sulla formazione relativa alla governance, realizzando corsi come quelli relativi alla 231, al mondo degli appalti, alla cybersecurity e al GDPR. Un ultimo pezzettino di questo 10% è dedicando alla formazione tecnica. Collaboriamo con scuole tecniche per formare meccatronici e altri profili destinati a lavorare principalmente in ambito produttivo».
La stretta delle competenze e le nuove generazioni
A tal proposito, Natali ha fatto presente che oggi è sempre più difficile e sfidante trovare soprattutto nuove leve con competenze tecniche di cui le aziende hanno bisogno, «poiché il Paese richiede un numero di professionalità tecniche superiore a quelle effettivamente formate. L’offerta di lavoro supera la domanda, e bisogna comunque considerare che chi ha le competenze richieste potrebbe ritrovarsi a valutare più proposte di lavoro. La soluzione è, quindi, intercettare le persone con una value proprosition molto forte e focalizzata sul messaggio che vogliamo trasmettere. Inoltre, è importante coinvolgerli in tempi molto anticipati rispetto al passato, andando direttamente dove studiano e coinvolgendoli, ad esempio, in project work».
Ogni anno, infatti, Fater organizza un hackathon chiamato “Fater Award”, che porta in azienda una ventina di studenti delle migliori università, molti dei quali con profili tecnici, per lavorare su un business case e, i migliori, hanno l’opportunità di lavorare in azienda. «È essenziale comunicare parlando la loro lingua e utilizzando le giuste leve di motivazione. Abbiamo anche esplorato l’uso dei social media per fare employer branding in modo diverso; ad esempio, TikTok può diventare uno strumento più efficace di LinkedIn per raggiungere i giovani».
A questo aspetto, sono in parte collegate le iniziative di mentoring e coaching di Fater, per cui il Chief HR Officer ha spiegato che: «A differenza di altri percorsi, il mentoring è libero e informale, non richiede la qualificazione ufficiale di mentor. Tutti possono avere un mentor e tutti possono essere mentor.
Si tratta di una scelta che favorisce anche il reverse mentoring che, da un lato porta a una minore tracciabilità di ciò che sta avvenendo ma, dall’altro, promuove più spontaneità e interazione non deliberata. Il coaching, invece, è diverso: richiede un lavoro su sé stessi, trovando le risposte con l’aiuto di uno specialista, il coach. Abbiamo fatto una scelta coraggiosa internalizzando le competenze di coaching e certificando diversi leader come tali. Tre di noi sono executive coach certificati in Inghilterra, e creiamo percorsi di coaching con profili in grado di esercitare il ruolo anche al di fuori dell’azienda, se lo desiderano».
Oltre le competenze tecniche, quanto contano le soft skill in Fater
«Le competenze trasversali, che in Fater prendono il nome di “Human skills”, sono così universali da essere considerate competenze dell’essere umano in generale, non di una persona specifica. Sono skill di importanza chiave perché, se ben implementate e chiaramente definite, rappresentano il codice di comportamento o il DNA che riteniamo debbano possedere le persone che lavorano in azienda. Sono anche oggetto di valutazione, per comprendere il potenziale e per sviluppare percorsi di crescita personale».
Competenze fondamentali anche per esercitare nel mondo corretto ruoli di leadership perché ad esempio, «l’empatia, a mio avviso, è una forma di comunicazione gentile che nasce dalla comprensione del contesto. Sforzandoci di comunicare in modo più cortese, possiamo ottenere molti più risultati positivi rispetto a una comunicazione intimidatoria. L’assertività, che implica proporre argomenti in modo chiaro e senza prevaricazione, parte proprio dall’ascolto e dall’empatia, abilitando una comunicazione efficace», ha concluso Natali.