Nell’ultimo periodo si sente parlare spesso di “skill-based” in relazione ai nuovi modelli organizzativi e alle pratiche HR. Ma cosa vuol dire esattamente?
Indice degli argomenti
Le origini del concetto “Skill-Based Organization”
Partiamo dalle basi. Il termine non è nuovo. I primi studi sul tema “Skill-Based Organization” risalgono all’inizio degli anni ’90, quando, Edward Lawler e Gerald Ledford, professori dell’University of Southern California, hanno teorizzato un approccio alla gestione delle risorse umane e del talent management che desse maggior peso alle competenze.
Questo approccio definiva gli elementi caratteristici in ciascun processo HR di quella che venne definita all’epoca una “competence-based organization”, un’organizzazione le cui decisioni strategiche facessero leva sulle competenze dei collaboratori. Nonostante il tema sia stato teorizzato per decenni, le sperimentazioni nella pratica sono state limitate nel corso negli anni.
Recentemente però il tema è tornato in auge, complici anche i progressi di alcune tecnologie. Un contributo fondamentale a questo approccio organizzativo proviene infatti dagli strumenti tecnologici a supporto: innanzitutto, gli strumenti digitali oggi presenti sul mercato permettono di collegare in maniera più efficace e veloce le opportunità di formazione e crescita con le competenze, le attitudini e gli interessi delle persone; inoltre, esistono tecnologie in grado di facilitare la formazione continua, favorendo la personalizzazione e abilitando la risposta ai bisogni contestuali di ciascun individuo; infine, il supporto digitale permette di monitorare l’evoluzione delle competenze nel tempo, in relazione alle dinamiche del mercato esterno.
Perché è importante parlare di approcci skill-based?
Ma perché oggi è importante parlare di approcci “skill-based” quando si parla di nuovi modelli organizzativi? Innanzitutto, per via delle caratteristiche dell’odierno contesto globale, definito con l’acronimo “BANI”[1]: l’incertezza ha ripercussioni sul benessere generale delle persone, coinvolgendo inevitabilmente anche la sfera lavorativa, rendono necessari modelli organizzativi agili e in grado di adattarsi velocemente ai cambiamenti.
A questo si aggiunge poi una più rapida obsolescenza delle competenze causata dall’evoluzione tecnologica. I recenti progressi tecnologici generano, infatti, un mercato del lavoro dinamico, in cui le competenze chiave per operare in maniera efficace cambiano rapidamente.
Ciò si scontra con la rigidità delle organizzazioni, che faticano non solo a identificare le competenze necessarie, oggi e in futuro, ma anche a comprendere quali siano quelle attualmente presenti al loro interno.
Secondo un’indagine del 2024 dell’Osservatorio HR Innovation Practice, il 32% dei lavoratori è preoccupato che le proprie skill divengano obsolete in 1-2 anni e che farà fatica a ricollocarsi. In questo senso, una delle sfide più urgenti per le Direzioni HR riguarda la progettazione di programmi di upskilling e reskilling efficaci, per rispondere alla necessità di arricchire i ruoli con nuove competenze e alla necessità di riqualificazione delle persone.
Strettamente collegato è poi il tema della scarsità di competenze presenti nel mercato del lavoro. I progressi tecnologici creano sì nuove opportunità, ma che spesso le organizzazioni non riescono a cogliere. I numeri confermano questa criticità: nel 2024, l’88% delle organizzazioni ha avuto difficoltà ad assumere nuovo personale dal mercato e solo il 35% è stato in grado di valorizzare le competenze “nascoste” del personale già assunto. A fronte della difficoltà di reperire esternamente alcune figure, le organizzazioni si stanno concentrando sempre di più sul loro sviluppo interno, il quale potrebbe essere agevolato proprio dal riconoscimento e dalla valorizzazione delle skill “nascoste” delle persone.
Ad aggiungere ulteriore complessità è, infine, l’ingresso della Generazione Z nel mondo del lavoro, portatrice di nuove esigenze ed aspettative, tra cui la volontà di veder valorizzate le proprie competenze, il desiderio di ricevere formazione continua e la richiesta di un maggior dinamismo delle carriere. La ricerca, il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze e attitudini delle persone divengono, quindi, ancor più cruciali per il futuro delle organizzazioni e dei processi HR.
Come deve evolvere l’organizzazione per abbracciare approccio skill-based?
Sebbene sia possibile lavorare anche su singoli macro-processi HR, le vere potenzialità derivano da un approccio olistico.
In particolare, questo approccio si fonda su 3 caratteristiche di base. In primis, la “De-costruzione del lavoro”[2], un nuovo modo di organizzare il lavoro in cui le competenze dei dipendenti vengono abbinate dinamicamente a compiti o progetti specifici anziché a ruoli fissi. A questo viene accompagnata un’analisi strategica delle competenze presenti nell’organizzazione, che guida la gestione dei processi HR legati al Talent Management: Recruiting, Learning & Development, Career, Performance & Rewarding. Infine, con questo approccio la struttura organizzativa risulta più orizzontale e basata su team auto-gestiti che hanno autonomia e responsabilità nella conduzione del lavoro.
L’Osservatorio HR Innovation Practice ha elaborato un modello di maturità di questo approccio, che mira a identificare l’evoluzione di 5 principali macro-processi HR (Work & Organizational Design, Recruiting, Learning & Development, Career Management, Performance Management & Rewarding), verso una crescente maturità di adozione di approcci “skill-based”.
L’approccio “Skill-Based” nei diversi processi HR
In un’organizzazione con un approccio “Skill-Based” maturo all’organizzazione del lavoro, ogni macro-processo HR deve essere rivisto per mettere al centro le competenze:
Work & Organizational design
I team di lavoro sono costruiti in base alle competenze presenti e disponibili nell’intera organizzazione. L’obiettivo è creare team completi per competenze, ma che fungano anche da opportunità formative. Ciascuna persona lavora in contemporanea in diversi team di lavoro autonomi. Le persone non si identificano in un ruolo, bensì come esperte di determinate competenze che possiedono, assumendo anche il ruolo di mentor.
Recruiting: la ricerca di una nuova figura parte da un’analisi delle competenze necessarie anche in ottica futura. Nel processo sono coinvolte sin dall’inizio la Direzione HR e la business line. Viene adottato un approccio attivo nel contribuire all’offerta di competenze presenti sul mercato. È diffusa una cultura per cui i percorsi accademici e professionali hanno un peso meno rilevante rispetto a competenze e attitudini emerse dai test. Il top management condivide la prospettiva di avere sovradimensionamenti temporanei della forza lavoro per sviluppare competenze critiche per il futuro.
Learning & Development
Le persone hanno a disposizione un ampio spettro di possibilità per sviluppare le proprie competenze, sia internamente, sia esternamente. Inoltre, hanno piena visibilità sulla domanda attuale e futura delle competenze e hanno autonomia nelle decisioni sui percorsi formativi. È presente modello di competenze che classifica e aggiorna costantemente le competenze necessarie per ogni ruolo, personalizzato per l’organizzazione. L’analisi dei gap indirizza i percorsi di apprendimento mostrando le competenze che saranno più richieste nei prossimi anni.
Career Management
L’organizzazione promuove l’evoluzione dei percorsi di carriera sia all’interno che all’esterno, mettendo in luce le competenze necessarie per tali percorsi. Le persone hanno visibilità dei percorsi di evoluzione disponibili, delle competenze necessarie associate e della loro rilevanza, anche futura, per l’organizzazione. Il modello di competenza evidenzia le «competenze adiacenti» che le persone in un ruolo possono sviluppare con più facilità per favorire il ricollocamento interno.
Performance Management e Rewarding
Il rafforzamento delle competenze è inserito tra gli obiettivi di sviluppo delle persone ed è valutato attraverso strumenti che impiegano parametri oggettivi e appropriati. La retribuzione, fissa e variabile, è collegata al valore delle competenze possedute e agite dalle persone. L’analisi dei gap di competenze indirizza l’assegnazione degli obiettivi di sviluppo e la valorizzazione economica delle competenze critiche per l’organizzazione.
La tecnologia in questo modello è fondamentale, perché abilitatore di un cambiamento che è, prima di tutto, culturale. I modelli “skill-based” mettono al centro la responsabilità delle persone, la trasparenza delle pratiche e l’agilità del talento per far sì che l’organizzazione sia un organismo in grado di rispondere rapidamente agli impulsi del contesto esterno. Inoltre, date le possibili sinergie tra i diversi processi, le maggiori potenzialità derivano dalla presenza di iniziative che abbracciano trasversalmente più processi.
Questo sarà uno dei temi affrontati durante l’edizione 2025 dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano. Per conoscere i risultati della ricerca complessiva l’appuntamento è per il prossimo 13 maggio.
È possibile iscriversi a questo link.
[1] Fragile (dall’inglese “Brittle”), Ansiogeno, Non lineare, Incomprensibile.
[2] How Deconstructing Jobs Can Change Your Organization, Harvard Business Review