People Strategy

Recruiting: cos’è e come assumere il candidato migliore in azienda oggi

La ricerca e selezione del personale assume valenza strategica nella digital economy. Per scovare rapidamente il candidato migliore serve un piano ragionato che includa tecniche innovative di screening, come la gamification e i contest. Assunzioni di successo impattano positivamente le prestazioni finanziarie, ma occorre un dialogo costante con i talenti sul mercato tramite social media e eventi che nutrono la brand awareness. Con la pandemia e il distanziamento le sfide si moltiplicano. La soluzione? HR Tech e competenze

Pubblicato il 10 Feb 2021

Recruiting.jpg

L’attrazione dei talenti è una delle grandi sfide che le aziende sono chiamate ad affrontare per rimanere competitive sul mercato globalizzato e nell’economia digitale. Per questo le attività di recruiting assumono valenza strategica: contare su competenze aggiornate, professionalità specifiche e soft skill adeguate rappresenta un elemento distintivo. Il processo di reclutamento deve permettere di reperire risorse in grado di rispondere alle esigenze di business e agli obiettivi aziendali, e al tempo stesso migliorare l’engagement e la soddisfazione del capitale umano. Ecco dunque come assumere il candidato migliore e quali strategie e tecnologie digitali, tra cui il social recruting e l’Intelligenza Artificiale, migliorano le attività di ricerca e selezione del personale.

Guarda il video – “Le strategie per fare recruiting con LinkedIn: l’esperienza di Ferring Pharmaceuticals”

Che cosa vuol dire recruiting

Il termine recruiting indica la selezione e il reclutamento del personale. Fa riferimento all’intero processo aziendale di ricerca e selezione dei candidati. Si può trattare di un processo interno, che si pone l’obiettivo di spostare le risorse già presenti in azienda per valorizzarne le competenze o reperire figure manageriali. Oppure è una ricerca di profili, di ingresso o top, all’esterno dell’organizzazione; in questo caso il recruiting è finalizzato all’assunzione o all’individuazione di collaboratori in linea con singoli obiettivi.

L’attività di ricerca e selezione del personale è affidata al dipartimento HR (Risorse umane) e ai recruiter, come gli head hunter (i cosiddetti “cacciatori di teste”). Oggi più che mai si tratta di un’attività che l’HR svolge in sinergia non solo con eventuali società interinali, ma anche con gli altri dipartimenti aziendali per capire di quali talenti l’organizzazione ha bisogno e con quali esatte competenze hard e soft.

Come fare recruiting: le 3 fasi del processo di reclutamento

Nella maggior parte dei casi il processo del recruiting si svolge in tre tappe: pianificazione, ricerca e selezione del candidato.

Pianificazione. L’organizzazione mette a fuoco le esatte competenze che servono e confronta le necessità con il numero di candidati qualificati che si stimano presenti sul mercato del lavoro. Attrarli richiede un’accurata strategia di reperimento ma anche di promozione del proprio brand per renderlo più attrattivo per i candidati rispetto alla concorrenza (brand awareness e employer branding).

Ricerca e screening. In questa fase l’organizzazione cerca di raggiungere il set idoneo di candidati tramite annunci e offerte di lavoro, ricerca nelle università e presenza sui canali social. I candidati che rispondono agli annunci vengono vagliati consultando curriculum e eventuali referenze, sentiti tramite colloqui (anche tramite video interviste) o valutati con metodi innovativi (per esempio, la gamification).

Selezione. In questa terza fase l’organizzazione analizza le informazioni raccolte sui diversi candidati, decide quale o quali sono in linea con le competenze cercate e propone l’assunzione.

Che cosa fa un Recruiter

Il recruiter è il professionista che si occupa di collegare i talenti con il mercato del lavoro. I recruiter possono far parte del dipartimento HR dell’organizzazione; alcuni sono specializzati nella valutazione delle risorse interne (internal recruiter o executive recruiter, se puntano solo alla ricerca di figure manageriali). Altri recruiter (come gli headhunter) lavorano per le società di recruitment, che servono più organizzazioni; tipicamente passano al vaglio i Cv e intervistano i candidati prima di selezionare i più idonei per il cliente.

Per un talent management efficace i dipartimenti HR e i recruiter cercano di stabilire contatti costanti con i potenziali candidati – anche se non disponibili – in modo da costruire un bacino di competenze da cui attingere in qualsiasi momento, in base alle esigenze che di volta in volta si presentano.

Tecniche di recruiting

Come rileva Randstad, molte aziende stanno abbandonando il classico colloquio selettivo per abbracciare nuove tecniche di recruiting che permettono di testare meglio le capacità dei candidati. Tra queste nuove tecniche c’è la gamification: simulazioni o giochi di ruolo che rendono più divertente e più puntuale la selezione dei talenti.

La catena di hotel Marriott l’ha applicata con il videogame “My Marriott Hotel”, in cui i giocatori si mettono alla prova con la gestione di una cucina di un albergo virtuale.

Un’altra tecnica innovativa, sperimentata da Microsoft, è quella degli enigmi, che permette di portare alla luce, tra migliaia di curriculum, i talenti con i requisiti minimi proponendo un enigma da risolvere (per esempio, una crittografia).

Volkswagen ha invece provato il recruiting sotto copertura: ha inserito annunci per meccanici all’interno dei cofani di vecchie automobili che sono state portate in autofficine da reclutatori Volkswagen in incognito. In questo modo gli annunci hanno raggiunto un target ben preciso e i recruiter hanno visto agire i meccanici nel loro ambiente “naturale”: l’obiettivo era trovare le persone con i più alti livelli di competenza.

Altra tecnica innovativa è quella dei contest: competizioni in cui si mettono alla prova le capacità dei candidati, sempre con lo scopo di portare alla luce i più qualificati.

Il social recruiting

Un discorso a parte merita il social recruiting. Non è solo una particolare tecnica di selezione del personale, ma un vero must per le organizzazioni nell’era della digitalizzazione e della condivisione sui social media. Il termine social recruiting, spiega Adecco, fa riferimento all’utilizzo dei social network per trovare, coinvolgere e costruire relazioni con potenziali candidati, con l’obiettivo di introdurli nel proprio network e reclutarli.

Negli ultimi anni si è registrata una crescita esponenziale delle aziende e dei professionisti presenti sui social, in particolare su LinkedIn, ma anche su Facebook, Instagram e Twitter. Qui i recruiter verificano le competenze e le caratteristiche personali dei candidati, mentre i candidati navigano in cerca di informazioni sull’azienda e sui recruiter. Sempre più spesso chi si occupa di selezione analizza prima il Cv e poi passa allo screening dei canali social del candidato.

Covid-19: il recruiting è virtuale

La pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto drammatico sull’attività di selezione, assunzione e inserimento del personale, visto che limita fortemente gli incontri di persona. Nei settori più colpiti dalla crisi (come il turismo e l’organizzazione di eventi) le assunzioni si sono, ovviamente, fermate. Ma in altri sono cresciute, a volte anche in modo repentino ed esponenziale, come nella logistica, nel commercio elettronico o nei servizi di comunicazione online. Recruitment e on-boarding si sono dovuti adeguare e dovranno continuare a farlo per tutto il 2021. Le misure di distanziamento, pur se parziali, restano e lo smart working si conferma prassi comune. Come valutare i candidati e inserire efficacemente i neo-assunti senza una conoscenza vis-a-vis?

La tecnologia per le HR e le competenze sono i due strumenti principali per superare l’ostacolo e tornare a marciare a livelli di efficienza simili alla situazione pre-Covid. L’HR Tech permette di condurre l’intero processo di assunzione in modalità virtuale, grazie, per esempio, all’utilizzo del video e dei test online. Sono utili anche i sondaggi via sms, con cui il recruiter resta in contatto col candidato e verifica che il processo di selezione virtuale sia efficace. Un’indagine di Capterra dello scorso anno ha sottolineato che il 94% dei professionisti delle HR che usano software per il recruitment ha ottenuto risultati positivi.

On-boarding online: la persona al centro

La stessa efficacia si può ritrovare nell’on-boarding online, purché condotto con una precisa pianificazione. Come suggerisce LinkedIn, si può prevedere un programma giornaliero di comunicazione con i neo-assunti in cui hanno rilievo le partie di wellbeing e engagement. Si possono creare stanze virtuali per le pause e mettere a disposizione dei mentor per risolvere dubbi e imparare le nuove mansioni. Assegnare subito dei compiti è importante per proiettare i neo-assunti direttamente nei team, tra i colleghi, coltivando il senso di engagement. Altrettanto utile è mettere i neo-assunti in collegamento tra loro. E chiedere regolarmente dei feedback per far sentire le persone sempre al centro dell’attenzione dell’azienda e dare valore ai loro suggerimenti.

Naturalmente le organizzazioni che usavano le tecnologie per i processi HR prima del Covid-19 sono avvantaggiate rispetto a quelle che non le conoscevano, perché hanno acquisito le competenze e la familiarità necessarie per sfruttarne al meglio gli strumenti. Non è mai tardi per adottare l’HR Tech, ma l’implementazione va affiancata dall’attività di formazione: gli head hunter, i recruiter e i manager devono saper usare la tecnologia per riprodurre il più possibile il look and feel di un’esperienza di persona. Solo così si riesce ad attrarre i talenti e a comunicare alle nuove risorse i valori aziendali. L’obiettivo della produttività va messo sullo stesso piano della gratificazione della persona, tornando a quell’elemento fondamentale di wellbeing che fa sentire parte del gruppo e del progetto, anche se ci si conosce e si collabora solo attraverso uno schermo.

I dieci passi da compiere per attrarre i talenti

Riconoscere i talenti come tali, anche in funzione delle esigenze dell’azienda, non è ovviamente facile. È necessario uscire dalle logiche tradizionali di selezione del personale: se prima erano i candidati a lottare per entrare in azienda, ora è compito dell’azienda diventare attrattiva. Cornerstone OnDemand, il provider di soluzioni cloud-based per la formazione e il talent management, traccia i 10 passi da compiere per rendere efficace la strategia di selezione del personale.

1. Ragionare da candidato, non da selezionatore
È fondamentale “mettersi dall’altra parte”, perché l’esperienza che vivono i candidati è la cosa più importante (anche in termini di immagine dell’azienda). Partire dalla semplicità è sempre vincente: i selezionatori devono rendere il processo facile e immediato.

2. Puntare sul Mobile
Chi cerca lavoro spesso lo fa da tablet o smartphone: oggi il 50% del traffico dei siti dedicati alla ricerca è generato da dispositivi mobili.

3. Collegare le tattiche ai risultati strategici
Spesso la selezione si concentra su coprire certe posizioni senza comprendere l’impatto delle performance. Fare un passo indietro per capire come le performance nel processo di selezione siano legate alla strategia aziendale può contribuire a rendere più efficace ed efficiente il recruiting.

4. Coinvolgere i manager di linea e definire le aspettative prima di comporre la shortlist
Per contribuire al successo dell’azienda è importante comprendere pienamente le sue esigenze e per farlo è necessario condividere con i responsabili di linea quali sono le competenze di cui hanno bisogno: questo approccio è win-win per i selezionatori e per l’organizzazione stessa.

5. Sfruttare l’immagine dell’azienda per costruire l’employer branding
Generalmente i candidati conoscono l’azienda più per i suoi prodotti che per la sua reputazione come datore di lavoro. Per questo punto è strategico convincere il marketing a supportare il recruiting con azioni mirate: l’obiettivo è accedere a un bacino enorme di candidati a costo quasi zero.

6. Automatizzare le attività ripetitive per dare spazio ad attività ad alto valore
Molte delle attività svolte dai recruiter sono necessarie, ma non aggiungono alcun valore. Per questo è importante capire cosa può essere automatizzato con la tecnologia.

7. Iniziare la selezione dall’interno
Bisogna evitare di perdere i talenti già presenti in azienda, anche se la selezione interna è spesso vista con sospetto dai manager di linea che non vogliono perdere le loro persone migliori.

8. Sapere cosa conta di più
Bisogna comprendere e trasferire il valore del cambiamento e rimanere fedeli al piano originario, perché per cogliere il primo vero impatto sul business si deve pazientare e, agli inizi, i risultati possono talvolta essere deludenti.

9. Usare la tecnologia per migliorare le performance
Non esiste il sistema perfetto, e capita spesso di accusare la tecnologia e non chi la usa. Diventando esperti sarà possibile sfruttare al massimo quel che abbiamo e fornire risultati migliori.

10. Essere proattivi, pianificare il futuro, anticipare la mancanza di competenze
I selezionatori sono abituati a lavorare per riempire rapidamente e in modo efficiente una posizione, spesso con poco preavviso. Ai team dedicati all’acquisizione dei talenti è invece richiesto di utilizzare un approccio strategico, cercando di rimanere al passo con i fattori interni ed esterni che influiscono sulle performance.

Come valutare i profili in base agli obiettivi

La messa a punto di un vero hiring plan aiuta le organizzazioni ad allineare la ricerca e il reclutamento con le loro esigenze specifiche. I recruiter devono sentire i vari stakeholder (come il dipartimento in cui verrà inserito il neo-assunto, o il suo futuro manager) per definire l’esatto ruolo e i requisiti necessari. Dovranno poi definire le domande e le tecniche di selezione più idonee a far emergere le caratteristiche ricercate. Un sondaggio di Lever, fornitore di software per il recruting, rivela che il 72% dei dipartimenti HR sostiene di fornire la giusta descrizione del profilo cercato, ma la pensa così solo il 36% dei candidati. L’annuncio “giusto” non deve solo spiegare quali competenze servono ma anche suscitare l’entusiasmo dei candidati nei confronti dell’azienda che li cerca e della posizione di lavoro pubblicizzata.

I recruiter devono anche definire con precisione su quali canali andare a caccia di talenti: le università, i siti di trova-lavoro, i social media, gli annunci sul sito web aziendale, il passaparola tra la rete di partner. Vanno considerati anche i cosiddetti candidati passivi: talenti occupati ma che potrebbero essere attratti da una buona opportunità. Una ricerca di Linkedin ha svelato che il 90% dei professionisti su scala globale è sempre aperto a nuove proposte.

È importante poi pianificare come si svolgeranno le selezioni, passando per una serie di filtri: il curriculum, la telefonata, il colloquio conoscitivo. Per ogni fase ci sono delle domande chiave che permettono di escludere molti dei candidati e portare solo i più idonei alle valutazioni finali. Il processo deve essere organizzato in modo da costruire un’esperienza piacevole per il candidato: motivarlo nel caso arrivi alla proposta di assunzione, ma, anche se verrà scartato, si dovrà conservare e diffondere un’immagine positiva del brand.

Infine, i recruiter devono confezionare la proposta più attraente per il candidato prescelto: un’offerta di lavoro a cui non si può dire di no. I dati sul processo di assunzione vanno conservati per essere analizzati e valutare nel tempo l’efficacia dell’attività di recruiting.

Vantaggi di un buon recruiting per le aziende

I vantaggi di una strategia di recruiting di successo si misurano sia a livello quantitativo che qualitativo: si raggiungono più candidati con le caratteristiche giuste. E più velocemente, con risparmio non solo di tempo ma di denaro.

Ridurre i tempi di reperimento e reclutamento del personale è un fattore di vantaggio competitivo: si sottraggono talenti alla concorrenza e si copre rapidamente il ruolo vacante con una risorsa che, grazie a una selezione oculata, diventa rapidamente produttiva. In un sondaggio del 2017 condotto in Uk da totaljobs (Understanding Talent Series) il 46% delle organizzazioni ha detto di aver ridotto i tempi di selezione e assunzione in reazione a un mercato dove le risorse sono più scarse e la competizione più serrata. Il 28% ha affermato di aver accorciato la durata del processo di recruiting perché i tempi lunghi allontanano i candidati. Il 59% delle organizzazioni ha indicato che impiega in media due settimane per passare dall’annuncio di lavoro ai primi colloqui e il 92% presenta un’offerta di lavoro al massimo entro una settimana dall’avvio del processo di screening e selezione.

Un processo di recruiting efficace si riflette positivamente sulle prestazioni finanziarie e la redditività di un’azienda non solo perché aiuta a trovare i talenti migliori. I cicli veloci di reclutamento liberano risorse nel dipartimento HR per attività a maggior valore come la formazione e la facilitazione del team work. Da una positiva esperienza di recruiting esce rafforzato anche il brand aziendale, a tutto vantaggio della competitività sia nel business che nella capacità di continuare ad attrarre talenti.

Ovrpass, società che vende software per le HR, sottolinea l’importanza per le aziende di agire tramite una costante attività di recruitment marketing che include, oltre alla presenza sui social media, eventi e azioni in cui il brand si fa conoscere e si differenzia, promuove la sua reputazione e mantiene i contatti con i talenti sul mercato.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati