Come riportato di recente sulla stampa, l’Ocse sottolinea che la produttività delle persone ha a che fare con il «lavorare in modo più intelligente», più che semplicemente con il «lavorare di più», e riflette la capacità di un’azienda di produrre di più, combinando meglio i vari fattori della produzione, come pure dei processi e dell’organizzazione, attraverso nuove idee e innovazioni tecnologiche.
Facile a dirsi, meno a farsi: il segreto probabilmente è la messa in campo di diverse e numerose azioni che si combinano e si pongono come un nuovo ‘way of working’. La riflessione sui modelli organizzativi ci porta a considerare una necessità l’appiattimento delle gerarchie a favore della presa di responsabilità diffusa. A questo aspetto si deve però accompagnare anche una diffusione del cultura dell’innovazione, che sarà motore del cambiamento.
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Trovare un significato a quello che viene proposto: il ruolo del change manager
Un’organizzazione che vuole migliorare la produttività delle persone non blocca, ma lascia fluire idee e progetti: ecco perchè ha la necessità di un nuovo “regolatore”, il change manager. Le pratiche di change managment assumono un carattere di continuità, si diffondono in tutti i sistemi e processi. Senz’altro sono connesse alla tecnologia ma in modo diverso; ne sono abilitate e non sono le tecnologie a dover essere “accettate”. L’aspetto più importante del change ora è il “senso”, trovare i modi giusti per dare un significato a ciò che viene proposto e richiesto, il fine e la condivisione sono sempre gli aspetti che muovono le persone. A seguire viene il racconto del cosa, del risultato atteso, per poi lasciare spazio al come, al modo in cui le persone liberando la loro esperienza, creatività giungono al risultato. Il change cambia dando la possibilità a chi vuole di essere protagonista del proprio lavoro, di avere uno spazio di discrezionalità e una responsabilità maggiore per ogni piccola cosa.
Tutti possono essere dei change manager
I change manager non sono alcuni eletti, ma possono esserlo tutti, per questo è necessario lavorare sulla competenza diffusa, connessa al senso di responsabilità che ognuno di noi deve avere per dare maggior valore possibile nel cambiamento, per sé e per l’organizzazione. Nelle relazioni interne all’organizzazione, nel funzionamento dei gruppi saranno vincenti pratiche di networking supportate da generosità. La tecnologia mi permette di condividere…voglio condividere? Sono disposto a dare il potere delle informazioni e competenze che ho anche agli altri? Superare questo ostacolo rende le risorse diffuse e disponibili a tutti coloro che ne possono aver bisogno. Lavorare ad alta voce è una risorse per l’intera organizzazione, come sottolinea la metodologia innovativa, creata da John Stepper per lo sviluppo di un approccio lavorativo e di vita aperto al mondo, connesso e generoso.
Non ci rimane che il tassello dell’individuo per migliorare la produttività delle persone: emotivamente intelligente sarà capace di agire con comportamenti extraruolo, attivare iniziative e proposte. Le persone possono evolvere nella direzione utile alla propria organizzazione nella misura in cui si lasciano libere di sprigionare le loro energie.
Tanta complessità e velocità non può essere risolta dalle idee e dal contributo normativo di pochi. Se l’intelligenza è collettiva (Collective Genius) è necessario creare le condizioni perché le idee e la pratica venga agita da tutti.