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Chief Happiness Officer: chi è e che ruolo ha in azienda

Alla scoperta del Chief Happiness Officer

Il Chief Happiness Officer (CHO) rientra tra le figure aziendali che si occupano di sviluppo organizzativo: è colui che accompagna la crescita positiva di persone e team per la realizzazione del Potenziale e del Ben-Essere. Laura Torretta, Co-Founder di ELEhub per la trasformazione positiva, Chief Happiness Officer e Counselor Organizzativo Sistemico Relazionale, ci aiuta a inquadrare questa nuova figura professionale

Pubblicato il 23 Apr 2020

Il Chief Happiness Officer (CHO) è un leader positivo che è stato certificato per 8 competenze chiave che servono ad accompagnare la trasformazione positiva di persone, team e organizzazioni. Vive in prima persona con l’esempio la positività, diffonde la scienza della felicità e la scienza del sé. Il suo compito è quello di prospettare la vera felicità, quella sostenibile, non come emozione effimera ma come competenza che può essere sviluppata e allenata. Il CHO è un ambassador e un influencer per aumentare la conoscenza di queste nuove ricerche, sviluppare cultura e consapevolezza sui vantaggi eco-sistemici della felicità come meta-competenza da allenare attraverso pratiche positive al servizio dell’autorealizzazione delle persone e dello sviluppo di tecnologia sociale nelle organizzazioni.

Che ruolo ha in azienda il Chief Happiness Officer?

Il Chief Happiness Officer, come detto, sviluppa 8 competenze base che sono al servizio dell’organizzazione, e può essere interno o esterno all’organizzazione. Potenzialmente ogni direzione HR, manager, imprenditore, founder potrebbero diventare Chief Happiness Officer per responsabilità di governance e funzionale. Un cho esterno è un consulente positivo che supporta la trasformazione di organizzazioni tradizionali in org+.

Il Chief Happiness Officer è un ‘complexity thinker’ che conosce i principi di funzionamento dei sistemi complessi, sa leggere trend e scenari economici e sociali anticipando i futuri possibili, ha una visione inclusiva e integrata delle organizzazioni come sistemi viventi fatti di persone, porta la felicità e la positività in azienda come strategia organizzativa e competenza chiave per il raggiungimento degli obiettivi e per un’evoluzione sostenibile, supporta il cambiamento culturale positivo, individua ed elabora le dis-abilità relazionali del sistema le credenze e le dinamiche, mobilita l’intelligenza collettiva e potenzia nuovi modelli di mindset agile e collaborativo. Sa che il coraggio è l’azione del cuore e parte dalla trasformazione generativa di leader positivi per la ri-creazione e l’allineamento coerente di purpose-valori-comportamenti, aggiorna i processi operativi includendo pratiche positive di benessere a sostegno dei tre pilastri: più chimica positiva e meno chimica negativa, più noi e meno io, più essere e meno fare-avere.

Le 8 competenze del CHO

  1. Strategic thinking & positive future planning. La key action è “guarda fuori”: è la capacità di comprendere il nesso tra i principali trend economici, politici, tecnologici, ambientali e socio-culturali e le politiche di gestione e sviluppo delle persone e dell’organizzazione positiva;
  2. Organization epigenetics. La key action è “guarda dentro”: è la capacità di intercettare i principali modelli culturali dell’organizzazione e scegliere quali incentivare e quali disattivare coerentemente da quanto previsto dalla scienza della felicità;
  3. Evolutionary cultural change. La key action è “definisci la nuova visione”: è la capacità di costuire una cultura eco-sistemica e di implementare modelli di comportamento congruenti;
  4. Self Science. La key action è “allinea te stesso”: si tratta di coltivare il proprio Sé e la propria felicità – allineando propositi, valori, bisogni – e di definire un piano di azione orientato al benessere per poter ispirare ed essere un esempio coerente;
  5. Positive leadership development. La key action è “allinea gli altri”: è la capacità di definire, promuovere ed implementare un piano di sviluppo della Leadership Positiva diffusa a tutti i livelli dell’organizzazione;
  6. Positive practices strategies. La key action è “scegli le pratiche”: è la capacità di selezionare e implementare le pratiche e gli strumenti per generare benessere e positività verso collaboratori, clienti, fornitori, investitori e stakeholders;
  7. Positive organizational management. La key action è “aggiorna i processi”: il CHO ha la capacità di analizzare, ridefinire, misurare e monitorare i principali processi di gestione delle persone definiti dalla happiness@work;
  8. Happines @work strategy. La key action è fai della felicità una strategia coerente: è la capacità di definire un piano strategico per portare nelle pieghe dell’organizzazione la scienza della felicità, influenzando così cultura e processi organizzativi, in grado di produrre risultati misurabili e positivi sul bottom line.

La certificazione italiana sulle 8 competenze del CHO viene rilasciata da IIPO (Italian Institute for Positive Organizations).
Potete trovare altri spunti sul sito dedicato Chief Happiness Officer.

3 buoni motivi per chiamare un CHO in azienda

Già prima di questa pandemia c’erano dati che da più fonti, locali e internazionali, fotografavano modelli di business in crisi, sistemi organizzativi bipolari dove i dirigenti si vedono generosi e meritocratici, i collaboratori non si sentono ascoltati e coinvolti, non consiglierebbero il loro capo nel 90% dei casi.

L’OMS proietta la depressione come seconda malattia al mondo, l’87% dei dipendenti nel mondo sono demotivati, solo il 13% dei dipendenti si sente in grado di rivelare un problema di salute mentale al proprio manager, il 25% vorrebbe cambiare lavoro, il 26% ha l’ansia di rientrare il lunedì, solo il 20% si sente efficace al lavoro, il 66% dei millennials crede di aver scelto la carriera sbagliata, il 91% dei manager sa che i loro comportamenti influenzano il benessere del team ma sono incoerenti, il 75% delle persone riconosce nei bad manager la causa di ambienti infelici. La situazione quindi in generale non si presenta molto florida: gli indici di fiducia, partecipazione e motivazione sono in picchiata, e c’è un aumento progressivo della perdita di senso professionale. È in questo scenario che si fa largo la figura del Chief Happiness Officer, che diventa un valido supporto per le organizzazioni in primis per:

1) ridurre i costi ed essere più efficienti nel breve. Il costo di un dipendente infelice è stimato circa 16k euro all’anno tra minor produttività e spese sanitarie, secondo fonti autorevoli – tra cui Gallup, Harvard Business Review e Forbes – una org + registra mediamente una riduzione del 125% di episodi di burnout, e rispettivamente del 66% e del 51% degli episodi di malattia e degli indici di turnover;

2) aumentare ricavi e profitti ed essere più efficaci nel medio. Nelle org+ le persone fioriscono nella relazione con le altre, si sentono felici e ottengono risultati individuali e collettivi di senso che superano le aspettative. Come sottolineano S. Achor e Harvard Business Review, in queste organizzazioni si evidenziano fattori di crescita nelle metriche di performance: aumento delle vendite (+37% ), aumento della produttività (+31% ), più capacità di innovazione (+300%), migliore retention (+44% );

3) rigenerare purpose e valori per un futuro eco-sostenibile nel lungo. Le pratiche positive di felicità e allineamento al vero sé incrementano una cultura positiva e prospera, radicano valori di rispetto, inclusività, coerenza con effetti crescenti sul benessere personale, relazionale e organizzativo, sulla soddisfazione individuale e sulla realizzazione del potenziale collettivo. Si ricrea engagement, fiducia, retention e l’azienda diventa un happy place dove vivere la vita insieme.

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