Introduzione e potenziamento dello Smart Working, sviluppo di cultura e competenze digitali, riorganizzazione aziendale e/o dimensionamento: sono queste le tre priorità per le Direzioni HR in questo 2020.
A metterlo nero su bianco è la ricerca dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, che ha coinvolto 198 organizzazioni, giunta alla sua decima edizione, che quest’anno ha raccolto le evidenze e le nuove consapevolezze emerse anche negli ultimi mesi in cui si è dovuto far fronte all’emergenza Coronavirus.
Come ha sottolineato Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio HR Innovation Practice, in questa situazione di cambiamento senza precedenti, «a essere più resilienti sono state le organizzazioni capaci di adattarsi e rispondere velocemente alle discontinuità, non sono quelle con più risorse o dotate di piani e procedure più strutturate».
Ecco perché, prendendo spunto dalle lesson learned di questo periodo, «le organizzazioni devono diventare “agili”, organismi sociali di persone in grado di coordinarsi e adattarsi man mano che gli eventi accadono, reagendo tempestivamente e in modo adattativo alle trasformazioni dell’ambiente», ha ribadito Corso. Quella a cui si fa riferimento è una trasformazione profonda che investe cultura, competenze, processi, la stessa organizzativa e il modo di relazionarsi con l’ecosistema.
«La Direzione HR ha un ruolo fondamentale nel guidare la transizione dalle pratiche di gestione tradizionali a quelli agili – ha ricordato Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio HR Innovation Practice – e più in generale di costruire un nuovo rapporto tra le persone e l’organizzazione basato sulla personalizzazione, facendo leva sull’utilizzo di tecnologie digitali. In Italia, però, resta complessivamente scarsa l’adozione di strumenti digitali a supporto delle pratiche HR. L’emergenza attuale può rappresentare una spinta di innovazione, perché le aziende stanno iniziando a sviluppare consapevolezza sull’importanza di processi HR integrati e digitalizzati».
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Come sono cambiate le priorità 2020 per le Direzioni HR?
Partendo dal comprendere quanto le organizzazioni del nostro Paese si sono dimostrate pronte al cambiamento, adesso è quindi arrivato il momento di riflettere e individuare le azioni da mettere in campo per rendere le organizzazioni sì più reattive e resilienti ai cambiamenti improvvisi, ma anche capaci di rispondere alle evoluzioni progressive e meno impetuose come la Trasformazione Digitale.
«Le priorità delle Direzioni HR inevitabilmente sono cambiate alla luce di quanto le organizzazioni si sono trovare ad affrontare nella fase di lockdown e ora nella fase 2 – ha ribadito Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio -. Per anni abbiamo parlato dell’evoluzione del mondo delle risorse umano, trainato soprattutto dalle nuove tecnologie, e oggi alla luce di quello che stiamo vivendo non possiamo fare altro che constatare che quel tipo di cambiamento che prospettavamo prima del Covid-19 era progressivo e prevedibile: le organizzazioni si sono trovate di fronte a un cambiamento più che inaspettato. La pandemia ha portato un’incredibile discontinuità ed è stata uno stress test importante, che impone una serie di analisi e attenzioni: se è vero che per essere preparati al futuro bisogna ripensare professionalità, strutture, modalità di lavoro di sicuro questo è il momento più opportuno per farlo»
Il primo elemento messo in luce dall’Osservatorio è il fatto che la pandemia ha portato decisamente in primo piano alcune sfide che erano già nell’agenda degli HR manager in passato. Sono diventate “urgenti” da affrontare per gestire la quotidianità rinnovata.
Non stupisce che la prima sia l’adozione dello Smart Working, indicata dal 65% del campione, complici ovviamente i mesi di remote working forzato che hanno coinvolto moltissime organizzazioni del nostro Paese in un esperiemento globale di lavoro a distanza. Segue lo sviluppo di cultura e delle competenze digitali (45%), perché, come ha sottolineato Corso, «questo cambiamento ha messo in luce nuove esigenze di inclusione e di potenziamento delle skill delle persone». Infine, il momento di emergenza ha reso necessarie anche alcune riorganizzazioni (43%).
A queste priorità 2020 che le Direzioni HR dovranno affrontare nel breve periodo, si sommano quelle di medio, quelle che in pratica delineeranno un nuova normalità: la transizione verso modellli organizzativi più agili e più resilienti, l’introduzione di nuovi modelli di leadership e di una nuova cultura manageriale, che in molti casi si è rivelata inadeguata a far fronte alle nuove sfide, e l’engagement dei collaboratori.
Se poi si guarda al lungo periodo, si aggiungono la riqualificazione della forza lavoro (26% contro il 34% del 2009), lo sviluppo di nuovi ruoli e competenze (11% contro il 34% del 2009), e l’employer branding e l’attrazione dei talenti (9% contro il 41% del 2009).
Nell’emergenza hanno “vinto” le organizzazioni agili
Le organizzazioni agili hanno dimostrato un livello di prontezza più alto di quelle tradizionali. Come sottolinea l’Osservatorio, i principi che caratterizzano i modelli organizzativi agili sono 5: scopo, trasparenza, liquidità, orchestrazione e sperimentazione. Il 30% delle organizzazioni del campione ha dichiarato di ispirarsi a questi principi.
Mediamente, l’emergenza ha richiesto al 95% delle aziende l’introduzione di nuovi strumenti digitali a supporto di almeno un processo HR per adeguarsi alle nuove modalità di lavoro, tuttavia quelle agili hanno avuto meno necessità di implementare nuovi strumenti tecnologici.
Le organizzazioni agili, inoltre, hanno colto il periodo di emergenza come un’opportunità per rivedere alcune pratiche in ambito HR, con ricadute positive sull’organizzazione: il 74% sulle attività di engagement, il 57% sulla comunicazione interna e il 51% sulle attività di formazione e sviluppo, mentre le percentuali sono in calo nelle organizzazioni non agili.
Tra le nuove iniziative lanciate per supportare i collaboratori durante l’emergenza, inoltre, le organizzazioni agili hanno introdotto degli strumenti per monitorare gli aspetti psicologici delle persone, come lo stato d’animo e il benessere (il 51% rispetto al 32% delle altre), favorire la creazione di momenti di condivisione non necessariamente legati alle attività lavorative (54% rispetto al 35%) e fornire supporto psicologico (40% rispetto al 33%).
Infine, queste organizzazioni hanno dimostato di essere decisimemnte più preparate anche sul fronte competenze, hanno infatti portato avanti delle azioni per l’introduzione o lo sviluppo di competenze e attitudini digitali in azienda, come i programmi programmi di upskilling per arricchire le digital skill e di digital reskilling per formare i lavoratori – in forte aumento rispetto allo scorso anno (69% vs 43%) -, i programmi di formazione specifici per sviluppare competenze digitali “hard” (53%), e le iniziative per diffondere cultura e conoscenza riguardo il digitale coinvolgendo le persone in percorsi di innovazione (53%).