La sede italiana del gruppo Toyota sta per cambiare volto. Il progetto, molto ambizioso, innovativo e coerente con la visione del Gruppo, si inserisce all’interno di un profondo processo di business transformation avviato dall’azienda. Il contesto è quello di un mercato automotive alle prese con una rivoluzione epocale: auto connesse, autonome, condivise ed elettriche sono la manifestazione di una mobilità innovativa che crea nuovi paradigmi, modelli di business e anche opportunità per gli utenti finali. Non solo: il nuovo modo di vivere la mobilità sta cambiando le persone, le loro abitudini, i comportamenti e le necessità, rendendo ancor più profonda e incisiva questa trasformazione. In sostanza, il mondo sta cambiando a ritmi accelerati, e le aziende devono fare lo stesso. Ecco perché il Gruppo Toyota, forte della sua leadership globale, ha intrapreso un importante processo di trasformazione finalizzato non tanto all’adeguamento con i trend in atto, ma a guidare il cambiamento stesso e a farsi trovare pronto per le sfide del futuro.
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One Toyota: una promessa, un cliente, una community
Il Gruppo ha lanciato la visione One Toyota. Il concetto è quello dell’unico organismo vivente in perenne evoluzione che comprende e sviluppa sinergie tra le diverse società del gruppo (Toyota Motor, Toyota Fleet Mobility, Toyota Insurance Management e Toyota Financial Services), indirizzandole verso tre principi trasversali: una promessa comune (One Promise), quella di essere leader nei prodotti e servizi di mobilità; un solo cliente (One Customer), per una proposizione sempre più integrata dell’offerta; una sola Community (One Community), che comprenda le aziende italiane di Toyota, gli employee e tutti gli stakeholder che collaborano con loro. Per concretizzare la visione, l’azienda ha poi predisposto un puntuale modello di cambiamento fondato sui 3 pilastri – Persone, Spazi e Tecnologie – e l’ha tradotto in un piano strutturato di interventi che coinvolgono anche gli ambienti della propria sede.
«Abbiamo deciso che la nostra organizzazione dovesse essere sempre più agile, permettere di coltivare in modo importante l’innovazione e favorire anche un ambiente aperto ai contributi esterni, che alimentano la trasformazione». Con queste parole, Giuseppe De Nichilo, HR, Corporate & Facilities General Manager di Toyota Motor Italia, spiega l’obiettivo del cambiamento e introduce il progetto realizzato in collaborazione con eFM, l’azienda italiana specializzata nella realizzazione di Engaging Places, luoghi pensati per migliorare i risultati di business aumentando benessere, produttività, disponibilità di spazi e qualità delle relazioni.
Un nuovo modello di lavoro: agile, diffuso, smart
Mettendo insieme la trasformazione culturale, organizzativa, tecnologica e degli ambienti (bricks), l’obiettivo è dar vita a un modello di lavoro che, terminata l’emergenza Covid, sia naturalmente diffuso, svincolato da concetti quali il controllo di presenza e l’orario vincolante e permetta la scelta del place in funzione dell’esperienza da vivere. Il tutto, ovviamente, abilitato dalle giuste competenze, processi, tecnologie e da ambienti che, oltre ad essere allineati con questa strategia, supportino la visione One Toyota.
Un aspetto interessante di questo progetto è la sua indipendenza dal tema Covid: le due aziende hanno iniziato a progettare il futuro della sede Toyota e a parlare del nuovo modello di lavoro prima del 2020, ma gli effetti della pandemia, lo Smart Working emergenziale e la naturale tendenza verso modelli ibridi di lavoro stanno confermando la bontà della strategia. La grande sfida, infatti, sarà il post-Covid: «Purtroppo, oggi nessuno è libero di scegliere dove andare a lavorare – aggiunge De Nichilo -. La sfida arriverà dopo, quando potremo vivere il vero Smart Working, ovvero potremo scegliere il tempo, lo spazio e il momento in relazione agli obiettivi da raggiungere. Dovremo creare una cultura e un’organizzazione che si integrino perfettamente con il place che abbiamo progettato con eFM, perché se è vero che il Covid ha confermato la correttezza della nostra strategia, ci ha anche fatto capire la centralità dell’evoluzione culturale».
Il progetto eFM e la riprogettazione della sede Toyota
Come anticipato, un elemento cardine del processo di cambiamento in atto in Toyota è la trasformazione del place. Per iniziare, alcuni dati sulla struttura, così da comprendere le proporzioni del progetto: parliamo di una sede da 19.000 mq attualmente ripartita, in modo piuttosto rigido, tra tutte le aziende del gruppo. A supporto di un modello di lavoro diffuso, il progetto prevede l’impiego dell’Activity Based Working, che permette di passare dalle attuali 680 postazioni a 834, con un netto incremento non solo numerico, ma anche di esperienze possibili: gli uffici singoli passeranno dal 15% all’1% e le aree di lavoro collaborativo dal 30% al 57%, con importanti benefici a livello di engagement. Il 69% dei desk non sarà assegnato e verranno introdotte aree attualmente non esistenti come le piazze – fonti di ‘casual collisions’ per eccellenza – le energy room, le creative room, 3 mini-garden per la creatività e molte altre.
Parlando ora nello specifico del progetto di trasformazione della sede Toyota, Daniele Di Fausto CEO di eFM, ci ha raccontato com’è nato il coinvolgimento dell’azienda e le principali tappe del progetto: «Il nostro coinvolgimento nasce dalla necessità di connettere il progetto al processo di business transformation avviato da Toyota. Occorreva far seguire a questo cambiamento organizzativo un aggiornamento degli spazi, perché questi hanno una forte efficacia comunicativa e devono rappresentare ciò che Toyota è e quello che vuole diventare. Lo spazio parla». Di Fausto sottolinea quanto il progetto abbia guardato alla sostanza, alla cultura e ai bisogni delle persone, dimostrandosi molto resiliente alla pandemia. Al tempo stesso, lo Smart Working “forzato” degli ultimi mesi è stato utile per abbattere alcune resistenze al cambiamento che affiorano inevitabilmente in progetti di tale entità.
La prima fase è stata lo studio dell’employee journey: come le persone vivono la sede, come collaborano, quanto tempo svolgono lavoro individuale e che tipi di servizi usano, aggiungendovi attività di survey per comprendere quanto fossero pronte ad andare verso il digital workplace. Dalla ricostruzione dell’employee journey, dei gain e dei pain, si è passati alla progettazione di soluzioni nuove e alternative. «Abbiamo poi effettuato un’attività di board envisioning – sottolinea Di Fausto – fondamentale per individuare, con l’ausilio dei tre CEO, una soluzione di convergenza che miscelasse le linee guida che arrivavano dal Giappone, i punti di vista degli AD e delle persone coinvolte, trasformandoli in un vero e proprio concept».
Per la fase di progettazione, eFM ha sfruttato la realtà virtuale al fine di rendere ‘engaging’ l’esperienza e permettere ai CEO delle società del gruppo di immergersi nella nuova realtà. «Abbiamo progettato una visione dell’edificio con aree One Toyota al centro di ogni piano: sono le aree di scambio, di incontro, sono le agorà in cui è più forte la visione dell’azienda – spiega Francesca Piscitelli, Digital Workplace Leader di eFM, che ha seguito lo sviluppo del progetto –. Non solo: abbiamo disegnato come One Toyota un intero piano, che quindi è dedicato alle attività di gruppo, di progetto e di collaborazione, lasciando sugli altri piani una configurazione dedicata alle singole società con spazi di riservatezza, di focalizzazione e di collaborazione».
Per rendere più suggestiva la visione, calandola al tempo stesso nei valori del gruppo, è stata adottata la metafora dell’albero, peraltro parte del DNA dell’azienda: la nuova sede sarà un ambiente vivo, in continua evoluzione e future-proof, in cui le radici sono i principi solidi dell’azienda, il tronco è l’unità del gruppo (quindi, One Toyota), i fiori e i frutti sono la vita, i contatti, gli scambi e le contaminazioni positive che il nuovo place permetterà ogni singolo istante.
Un living place che accompagna Toyota nel suo futuro
Infine, un accenno alla tecnologia, la cui pervasività era prevista fin da subito. Verrà certamente implementato un sistema di booking delle postazioni in linea con il concetto di desk sharing, ma anche un sistema di sensori che rilevino non solo la posizione delle persone, ma soprattutto quante connessioni vengano generate, quante informazioni sono scambiate e quanto valore si sta creando, sempre per il discorso del living place e della sua perenne evoluzione. Comprendere quanto e come le persone usano gli spazi è utile per l’evoluzione del modello: «L’edificio non rimarrà statico – aggiunge Piscitelli – ma accompagnerà l’azienda e le sue evoluzioni future. L’idea è sempre stata quella di progettare un edificio flessibile e suggerire in che modo evolvere gli spazi per accompagnare l’azienda nei cambiamenti futuri: se tra un anno o due alcuni spazi non verranno più usati, sarà possibile rivederli in funzione dei dati raccolti».