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Talent Shortage: perché trovare le persone con le competenze giuste è sempre più difficile



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Sono sempre più le aziende che non riescono a reperire i profili professionali di cui avrebbero bisogno, in particolare nei settori IT, Sales&Marketing e manufatturiero. A pesare è la mancanza di skill, sia hard che soft, in linea con i trend del mercato di appartenenza

Aggiornato il Nov 15, 2024



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Si sa bene che i fenomeni che nascono negli Stati Uniti non tardano ad arrivare e diffondersi anche in Italia. Non fanno eccezione le strategie messe in atto dalle aziende Oltreoceano per cercare di risolvere il problema del Talent Shortage, ovvero la cronica carenza di talenti in ambito professionale e la difficoltà a reperirne di nuovi dotati delle competenze di cui le aziende hanno bisogno.

Cos’è il Talent Shortage, un nuovo campanello d’allarme per le aziende

Un allarme per il mondo del lavoro e una nuova sfida che le Direzioni HR devono affrontare trasformandosi in vere e proprie headhunter.

Sebbene il concetto di carenza di talenti possa essere osservato in varie forme nel passato, il termine “talent shortage” è emerso più chiaramente con l’accelerazione della globalizzazione e l’avvento della rivoluzione tecnologica. L’espressione è spesso collegata al mondo anglosassone, dove le economie avanzate hanno iniziato a sperimentare un divario crescente tra le competenze richieste e quelle disponibili sul mercato del lavoro.

L’aumento della domanda per competenze specifiche, specialmente nei settori tecnologici e ingegneristici, ha portato alla necessità di definire questa discrepanza. Negli Stati Uniti e in Europa, il termine è diventato popolare negli anni 2000, quando le imprese hanno cominciato a sperimentare difficoltà nel reclutare personale qualificato in settori chiave come l’IT, l’ingegneria e la sanità, ma anche Sales&Marketing e Manifatturiero.

Il fenomeno del Talent Shortage in numeri

Secondo una ricerca realizzata dal World Economic Forum, 3 aziende su 4 non riescono a trovare i profili ricercati, una percentuale in netta crescita negli ultimi anni se si pensa che si tratta di un +120% rispetto a 10 anni fa, quando le aziende facevano fatica a reperire il 34% dei lavoratori. Un fenomeno che non accenna ad arrestarsi e le cui conseguenze saranno ancora più gravi negli anni a venire.

Un trend che si conferma anche in Italia, come rivelano gli ultimi dati dell’Osservatorio HR del Politecnico di Milano. Basti pensare che un’impresa su due dovrebbe aumentare l’organico per crescere nel 2024, ma quasi 9 organizzazioni su 10 non riescono ad assumere perché non trovano persone con le competenze tecniche. In particolare il 57% fatica a individuare candidati con skill tecniche adeguate e il 38% riscontra una certa difficoltà anche con le competenze soft.

Si tratta, comunque, di una situazione che va oltre il concetto di skill mismatch: oggi, in pratica, nel 45% dei casi sono i candidati stessi (in particolare la GenZ) che decidono di rifiutare un’offerta di lavoro e, come se non bastasse, un buon 17%, una volta assunto, cambia lavoro dopo pochi mesi dall’assunzione.

Quali sono le cause del Talent Shortage?

Sono diversi i fattori che concorrono al fenomeno del Talent Shortage, come i cambiamenti demografici, le politiche pubbliche, i salari, le nuove priorità dei lavoratori, ma tra tutti pesa sopratutto la mancanza di competenze – hard e soft – che possano soddisfare la domanda delle aziende. Si parla, infatti, anche di Skill Shortage quando a un candidato mancano le competenze tecniche e personali adatte a ricoprire una nuova posizione lavorativa.

Come sottolinea McKinsey nel suo studio “The skillful corporation“, allo stato attuale il 43% delle aziende ha carenze di competenze nella propria forza lavoro (la cosa che colpisce è che questa percentuale è destinata a raggiungere l’87% nei prossimi 5 anni). Non stupisce quindi il fatto che per il 53% delle organizzazioni l’azione più utile e urgente da intraprendere per colmare lo skill gap sia quella di mettere in atto iniziative di reskilling dei dipendenti, e solo dopo pensare ad assumere nuove risorse.

Talent Shortage, trend di passaggio o realtà con cui convivere?

Ci troviamo di fronte a uno scenario controverso e per certi versi paradossale: da un lato il 70% delle organizzazioni ha previsto un aumento del personale entro i prossimi sei mesi a patto che si riescano a trovare i profili specializzati (lo si legge nel report “Upwork’s Future Workforce), dall’altro le stime pubblicate dalla rivista economica The Fintech Times prevedono che entro il 2030 oltre 85 milioni di posti di lavoro rimarranno scoperti a causa del Talent Shortage.

Eventa, una delle company di Gartner, ha realizzato un sondaggio che ha coinvolto circa duecento CHRO ai quali è stato chiesto quale percezione avessero del Talent Shortage e soprattutto se fossero in grado di stimarne una durata: di questi, il 33% pensa che la carenza di talenti “rimarrà così per il prossimo futuro”, il 26% ritiene che durerà dai 6 ai 12 mesi, mentre il 24% (i più scettici o forse i più realisti) crede che sarà una realtà con cui per più di un anno si dovrà fare i conti.

Quali sono le soft skill più ricercate e difficili da trovare

Ci sono alcuni settori, come l’IT, in cui la crescita dei profili richiesti è costante ed è trainata dalle richieste del mercato, tuttavia si fa fatica a rintracciare profili che abbiano non solo le hard skill giuste ma anche e soprattutto le soft skill, tra cui l’intelligenza emotiva, il pensiero critico e l’empatia.

Per capire meglio di cosa si parla, ecco le cinque competenze soft che le aziende ricercano oggi con insistenza ipotizzate da Zeta Service, realtà che si occupa della ricerca e selezione di talenti.

Adaptability

Essere flessibili, sapersi adattare a contesti lavorativi molto diversi. Essere aperti alle novità, a nuovi incarichi ed essere disponibili a collaborare con persone con punti di vista anche diversi dal proprio è una capacità molto ricercata nelle aziende.

Critical Thinking

Riuscire ad analizzare in modo oggettivo esperienze e informazioni è sempre stata una competenza che in ambito lavorativo rappresenta un vero valore aggiunto. Se a questa si sommano le capacità di problem solving, la risorsa potrà fare la differenza all’interno dei team.

Knowledge Management

L’abilità nell’acquisire, organizzare e riadattare dati e informazioni provenienti da fonti diverse è sempre più rilevante per le aziende soprattutto in un contesto mutevole come quello post-pandemia in cui si stanno ridefinendo molti modelli di lavoro.

Smart Teamworker

Con l’avvento dei nuovi modelli di lavoro ibridi è importante, infatti, che i team riescano a mantenere una collaborazione attiva anche da remoto.

Time Management

Definizione delle priorità, planning, organizzazione interna: tutte queste azioni hanno in comune una corretta gestione del tempo. In molti ambienti di lavoro si passa da un’urgenza all’altra perdendo di vista il quadro generale: riuscire a definire in anticipo gli obiettivi focalizzando il lavoro verso attività definite e in grado di portare risultati aiuterà la risorsa ad ottimizzare il lavoro.

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