Oltre diecimila lavoratori e 175 aziende – di qualsiasi dimensione, dalle multinazionali agli studi professionali, per un totale di oltre 500 sedi e filiali in tutto il territorio metropolitano e non solo – hanno aderito ieri alla terza giornata del lavoro agile promossa dal Comune di Milano. Con l’edizione di quest’anno è cresciuto esponenzialmente il coinvolgimento delle aziende: nel 2014 avevano aderito 104 e nel 2015 erano 149. In netta crescita anche la partecipazione diretta dei lavoratori passati dai 5.681 del 2014 agli 8.175 del 2015 fino a superare quest’anno quota 10mila. Ad aver prenotato tramite App una postazione agile in uno dei 68 spazi di coworking milanesi sono stati circa cento milanesi, 25 sono state le postazioni riservate da dipendenti di piccole imprese, 9 da medie e 21 grandi. Tra i liberi professionisti 44 hanno deciso di codividere una postazione, accanto a 2 dipendenti della pubblica amministrazione.
Ma non finisce qui, perchè i primi dati, che arrivano oggi a consuntivo, dicono che l’iniziativa ha avuto anche una forte eco sui canali social: l’hashtag “#LavoroAgile 2016” con oltre 2mila “cinguettii” è stato uno dei primi cinque “trending topic” italiani per tutto il giorno e su Facebook sono state pubblicate decine di post “agili”.
«I primi risultati che arrivano dalla giornata del lavoro agile sono davvero interessanti e sottolineano come lo Smart Working sia un fenomeno che ha raggiunto in Italia livelli di diffusione e attenzione mediatica difficilmente sperabili solo qualche anno fa, probabilmente complice anche il DDL collegato alla legge di stabilità», commenta Emanuele Madini, Associate Partner di Partners4Innovation.
Se da un lato queste inziative aiutano a sensibilizzare i lavoratori sul tema dello Smart Working, dall’altro è ancora troppo marcata l’enfasi quasi esclusiva sul concetto di “lavorare da casa”, che rischia di diventare fuorviante.
«Il riferimento al lavorare da casa stimola interesse e curiosità – sottolinea Madini -, ma rischia di far restare il dibattito a livello superficiale producendo un effetto “moda” destinato a svanire col tempo o peggio a trasformarsi in disillusione. Lo Smart Working è molto di più. Ciò su cui dovrebbe essere messa l’attenzione nel descrivere un’iniziativa di questo tipo non è tanto il numero di giorni che le persone lavorano da casa, ma i veri cambiamenti innescati nei modelli organizzativi e l’impatto sul business agendo sulle diverse leve di policy, tecnologia, spazi fisici e cultura. Partendo da questo presupposto non vi sono limiti alla capacità di immaginare i possibili ambiti di implementazione con la possibilità di spaziare da progetti di ridefinizione dei canali e delle modalità di Customer Interaction sia fisici che virtuali fino alla sfida legata allo Smart Manufacturing, che richiederà di ripensare profondamente i modelli di organizzazione del lavoro anche all’interno delle fabbriche abilitando maggiori condizioni di flessibilità e autonomia per i team di lavoro».