La comunicazione è sempre di più un vero e proprio bisogno per ricostruire la relazione con le persone in azienda. Citando Simon Sinek, “nel mondo del business, la comunicazione è la linfa vitale dell’organizzazione. È ciò che tiene uniti i team e permette di raggiungere gli obiettivi comuni”. In virtù di questa considerazione è ancora plausibile che esista ancora qualche funzione aziendale che possa permettersi di prescindere oggi dalla comunicazione? Pensiamo di no e proprio per questo motivo abbiamo pensato a una rubrica, che abbiamo chiamato “(in)connessione: dialoghi digitali sulla comunicazione“, per immergersi nel mondo della comunicazione, dell’innovazione digitale e della tecnologia grazie alla voce e all’esperienza di alcune LinkedIn Top Voices, instaurando un dialogo, una fucina di idee, intuizioni e connessioni umane e digitali.
Indice degli argomenti
Voce a Giulio Xhaët
Per questo appuntamento abbiamo intervistato Giulio Xhaët, consulente, partner e Head of Communication del Gruppo Newton, formatore, scrittore, docente e musicista nonché LinkedIn Top Voice Italy.
Who's Who
Giulio Xhaët
Consulente, partner e Head of communication del Gruppo Newton, formatore, scrittore, docente, musicista e LinkedIn Top Voice Italy
Su quali argomenti ti concentri come LinkedIn Top Voice e perché hai scelto proprio quelli?
«Ultimamente uno dei temi a cui mi sto dedicando molto è lo sviluppo del purpose, argomento che tratto anche nel mio ultimo libro “Da grande”, perché credo che le nuove generazioni (ma non solo loro) siano un po’ confuse e disorientate in questo momento storico. Per questo servirebbe qualcuno che dia una direzione molto concreta, basata su studio ed esperienza. Io ho la fortuna di essere in una posizione privilegiata: lavoro sia con grandi aziende e agenzie, sia con ragazzi giovani, start-up e freelancer sui social – ha commentato Giulio Xhaët -. Questo mi permette di avere piena visibilità su quello che sta accadendo nel mondo del lavoro e di poter fornire informazioni e consigli utili. In passato mi sono focalizzato sul digital marketing, ma ora mi concentro soprattutto su come trovare il proprio purpose, disegnare il percorso personale di lavoro e di vita, trovare un mentore, uscire dalla zona di confort e trovare partner in crime che possano aiutare a realizzare i propri sogni e obiettivi».
Se avessi la possibilità di diventare un supereroe per un giorno, quale super potere sceglieresti e come lo utilizzeresti nel mondo del lavoro?
«Uno dei super poteri che vorrei avere in questo periodo sarebbe la capacità di dilatare il tempo per avere la possibilità di fare le cose con calma. Tuttavia, va detto che nel mondo del lavoro spesso si applica la cosiddetta legge di Parkinson, secondo cui se abbiamo un giorno per svolgere un compito, ci impiegheremo un giorno, e se ne abbiamo una settimana, ci impiegheremo una settimana. Negli ultimi tempi, però, il tempo è diventato una risorsa sempre più scarsa e spesso mal utilizzata. Se devo invece pensare all’utilità, soprattutto per aiutare gli altri, vorrei avere l’abilità di fare la domanda giusta per sostenere al meglio le persone, soprattutto quelle che si rivolgono a me per un mentoring».
Oggi la comunicazione non è più solo un tema legato al team di comunicazione (o ai verticali di contenuto), ma è un vero e proprio bisogno per ricostruire la relazione con le persone.
Quali sono, secondo te, le priorità sulle quali i decision makers o una corretta governance della comunicazione dovrebbero ragionare?
«Nelle aziende, coloro che si occupano di gestire le persone e di comunicare, devono imparare a cogliere i segnali. Come? Attraverso l’ascolto attivo! Si tratta di un bellissimo concetto introdotto dallo psicologo americano Adam Grent, che ci invita ad avere un “carisma inverso”. Attualmente i leader e le persone in posizioni di rilievo tendono a dettare gli ordini, a comunicare in modo assertivo ciò che gli altri devono fare. Tuttavia, sarebbe molto più interessante se il leader dicesse: “Ditemi, spiegatemi, vi ascolto e vi faccio le giuste domande”. In questo modo, creerebbe un “carisma inverso” – afferma Giulio Xhaët -. Tali domande avrebbero la capacità di far sentire le persone ascoltate e quindi di incrementare la loro fiducia nei confronti del leader. Si instaurerebbe un rapporto di fiducia in base alle domande che il leader fa e al modo in cui ascolta le persone, non più in base a ciò che dice loro».
In Digital Attitude abbiamo condotto una ricerca sui dati di utilizzo delle e-mail utilizzando un campione di circa 300.000 persone provenienti da diverse aziende italiane. Dai dati emersi, risulta che ogni giorno il 28% delle e-mail viene totalmente ignorato. Inoltre, maggiore è il numero dei destinatari di una comunicazione, maggiore è la percentuale di mail ignorate (si arriva quasi all’80%).
Dal tuo punto di osservazione, riscontri questa tendenza? L’efficacia dei “canali tradizionali” della comunicazione d’impresa sta diminuendo?
«Assolutamente sì, il tempo a disposizione è sempre più limitato rispetto al periodo precedente al Covid. Prima eravamo in grado di svolgere una o due attività, ma adesso ci troviamo a dover affrontare la possibilità di effettuare 50 chiamate al giorno, il che significa avere meno tempo per dedicarci alla visione o all’ascolto delle comunicazioni che ci arrivano. Le aziende devono ancora capire che devono evitare lo spamming e devono mandarci solo contenuti veramente interessanti.
Questo concetto viene espresso da anni anche nel campo della pubblicità e della comunicazione. Dovremmo passare da un approccio “push” a un approccio “pull”, creando una comunicazione che sia divulgativa e interessante».
Giulio Xhaët ha poi aggiunto: «Vorrei fare un esempio: sin da quando sono entrato in Newton, la prima cosa che ho proposto è stata di sfruttare LinkedIn, Instagram e Facebook per diventare una “creator company”, ovvero una società che divulgasse informazioni di interesse per il suo target. In questo modo, sarebbe stato il pubblico stesso a dire: “Aspetta, ho bisogno di sapere qualcosa” e quindi a visitare la nostra pagina. Quando lanciamo un prodotto che ci piace, lo comunichiamo in modo promozionale, ma avremmo comunque l’autorevolezza di chi ha sempre fornito contenuti interessanti».
In che modo la personalizzazione dei contenuti sta diventando sempre più importante? Qual è il tuo punto di vista, anche alla luce delle ultime innovazioni tecnologiche come ChatGPT e l’intelligenza artificiale?
«La differenza per chi lavora nella comunicazione non sta tanto nella personalizzazione dei contenuti, ma nel valore aggiunto che si ottiene elaborando elementi di comunicazione complessi, variegati, con una voce caratteristica e una prospettiva inaspettata. Questi elementi sono difficilmente replicabili e possono diventare una fonte di creazione di contenuti molto forte. Il valore aggiunto consiste nel saper elaborare il contenuto in modo alternativo rispetto a ChatGPT. Inoltre, un’altra competenza importante è quella di saper porre le giuste domande, creando prompt interessanti, e di utilizzare il l’intelligenza artificiale in modo efficace».
La governance della comunicazione aiuta le organizzazioni a comunicare in modo più efficace, riducendo il rumore e concentrandosi sull’importanza, le priorità e l’interesse. In sostanza, si cerca di comunicare meno per comunicare meglio!
Quali esperienze hai in merito a questo tema? Come pensi che le aziende stiano affrontando questa sfida?
«A livello di comunicazione interna, dovrebbe essere diversa. Spesso però, questa viene sottovalutata, mentre la comunicazione esterna è pubblica e necessaria per vendere e creare un’immagine aziendale positiva. La comunicazione interna, se gestita correttamente, è fondamentale per creare una cultura aziendale orientata allo sviluppo delle persone. Tuttavia, ho notato che alcune comunicazioni interne sono molto semplici e sono gestite da persone che non hanno le competenze necessarie. Spesso, nelle aziende, le persone considerate meno talentuose vengono assegnate alla comunicazione interna. Secondo me, è necessario lavorare su questo aspetto, poiché ci sono opportunità importanti. Negli ultimi tempi, ho notato che la comunicazione interna viene gestita in modo insufficiente, non sfruttando tutto il suo potenziale. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che la comunicazione interna è parte integrante per la retention dei talenti delle nuove generazioni».
Last but not least… conosci già piattaforme digitali che innovano in questo settore?
«Al di là di ChatGPT, che rappresenta un vero e proprio gamechanger, oggi le piattaforme utili anche nel campo della comunicazione interna sono i social media. In termini di connessione con individui e di ricerca di creator company interessanti, è possibile scoprire nuove idee, video realizzati in modo innovativo o contenuti fruiti in maniera originale. Il segreto, quindi, è cercare persone estremamente talentuose che stanno apportando innovazione in vari settori, anche oltre il nostro settore di riferimento», ha concluso Giulio Xhaët.
Le nuove piattaforme aiutano infatti a colmare la distanza esistente tra le informazioni, i contenuti, le attività e i valori presenti all’interno delle organizzazioni con l’esperienza che di questi ne fanno, nel quotidiano, le persone.
Un utile esempio è hi platform, un software SaaS e white-label: è l’informazione e la comunicazione ad arrivare alle persone e non viceversa. Con hi platform valorizzi la relazione con ogni persona o gruppo di persone attraverso messaggi contestuali e personalizzati che non solo catturano l’attenzione, ma incoraggiano anche all’azione e alle attività (approccio conosciuto come nudge-tech).