La spinta dell’innovazione digitale ha trasformato e rafforzato il ruolo della direzione HR all’interno delle organizzazioni. Tutte le aziende hanno bisogno di introdurre nuove modalità di lavoro, a partire dallo smart working, ma è ormai evidente che un approccio che fa leva solo sulla tecnologia non porta altro che malcontento e frustrazione. Il cambiamento organizzativo si può compiere solo se le persone sono davvero al centro dei progetti e delle iniziative. Consapevoli di questo “nuovo umanesimo” sono in primo luogo le aziende tecnologiche come SAP, che ha infatti scelto “Back to human” come claim dell’evento annuale dedicato ai clienti che si è svolto a Cernobbio a marzo.
Con l’occasione abbiamo incontrato Ernesto Marinelli, manager italiano che in Germania ha vissuto la sua intera carriera professionale, fino a raggiungere la posizione attuale di Senior Vice President for Human Resources di SAP. La suite per la direzione Risorse Umane di SAP, erogata esclusivamente in Cloud, è oggi una delle più ampie sul mercato, ed è il frutto dell’acquisizione di SuccessFactor, divenuta una costola di SAP nel 2012.
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Dott. Marinelli, come sta cambiando il ruolo delle direzioni HR dal suo punto di vista?
Le aspettative dei dipendenti sono molto cambiate in pochi anni, e le direzioni HR devono evolvere di conseguenza. La tecnologia utilizzata nella vita privata è ormai molto sofisticata, i servizi sono spesso migliori di quelli proposti dalle aziende, che si devono adeguare. Basta pensare ad Amazon: è questa l’esperienza che le persone si aspettano. Ecco perché SAP parla di Experience Economy e ha acquisito un’azienda specializzata come Qualtrics: l’esperienza sta diventando un vantaggio competitivo, un modo per attirare i talenti
Per adattarsi a questo contesto deve cambiare profondamente anche il ruolo della direzione HR: da responsabili per la gestione dei payroll, delle assunzioni e della formazione – attività che sono oggi scontate – a talent manager. Rendere questi processi più efficienti è importante, ma bisogna andare oltre. È fondamentale spostare il focus dal front al back office: non c’è più bisogno di aiutare il manager tenendogli la mano, perché oggi è più facile utilizzare i servizi.
Le direzioni HR possono così dedicare più attenzione a mettere il talento al centro, a favorire l’innovazione, a trasformare la cultura: serve attrarre i giovani millennial e fidelizzarli, e mantenere aggiornate le competenze dei dipendenti.
Aiutare il business a crescere in modo sostenibile significa oggi accrescere le competenze delle persone e favorire nuovi modelli organizzativi e di leadership. Il modello “command e control” non funziona più. Occorre creare un ambiente di collaborazione e fiducia. Lavorare in silos è limitante, serve “unire i puntini” e diffondere fiducia.
In che modo la tecnologia può aiutare gli HR manager in questo cambiamento di ruolo?
L’esperienza, come dicevo, è la chiave, e la tecnologia serve a rendere efficienti e moderni i processi. Ad esempio, tutti oggi vogliono il cedolino in tasca, sul cellulare, e gli HR manager lo sanno. Vedo nelle aziende una ribellione: se qualcosa non piace alle persone, si rifiutano di farla. Il Machine learning sta cambiando l’esperienza. Pensiamo alla formazione: invece di andare su una learning management platform a cercare il corso migliore, sarà il sistema a suggerirlo, indicando anche il migliore percorso formativo personalizzato. Nel Recruiting, è possibile automatizzare il matching tra CV e posizioni aperte, accorciando i tempi della selezione e introducendo criteri più oggettivi, perché ogni persona ha i suoi pregiudizi: ogni recruiter tende ad assumere sempre lo stesso tipo di persona. Le aziende ci chiedono di poter essere più veloci a identificare gli skill di cui hanno bisogno: andiamo a pescare i talenti sempre negli stessi luoghi.
Nel prossimo futuro grazie all’acquisizione di Qualtrics SAP sarà in grado di portare l’intelligenza emotiva, i sentimenti nel processo. È un salto quantico. Migliorare l’esperienza significa rendere più trasparenti le attività, far capire non solo cosa fare e come, ma anche perché.
Le PMI sono indietro rispetto alle grandi aziende?
Le PMI non sono indietro, questa è ormai una favola. Il numero di small campany sta crescendo, c’è una democratizzazione dell’imprenditoria: oggi con 5mila euro si può creare una azienda e grazie al cloud utilizzare gli strumenti più innovativi per accedere a nuovi mercati in modo più facile. Questo vale anche in Italia, che ha una capacità creativa unica.