L’esperienza della pandemia ha modificato profondamente il mondo del lavoro, e indietro non si torna. Secondo l’ultima edizione del Work Trend Index firmato Microsoft, i primi cinque motivi per cui ben il 18% di dipendenti (su un campione di 31.000 in 31 Paesi, tra i quali l’Italia) ha lasciato il lavoro nel 2021 sono stati: benessere personale o salute mentale (24%), equilibrio tra lavoro e vita privata (24%), rischio di contrarre il Covid-19 (21%), mancanza di fiducia nell’alta dirigenza/leadership (21%) e mancanza di orari o luoghi di lavoro flessibili (21%). Adesso i più importanti aspetti da cercare in un lavoro, oltre la retribuzione, sono: cultura positiva (46%), benefici per la salute mentale/benessere (42%), senso di scopo/significato (40%), orari di lavoro flessibili (38%) e più delle due settimane standard di ferie pagate ogni anno (36%).
Ma se i lavoratori sono cambiati, se le loro priorità sono mutate, allora è logico ritenere che anche i modi per misurare la produttività e il benessere in azienda debbano essere diversi. È partendo da questa considerazione che in Microsoft, Dawn Klinghoffer, Eesponsabile People Analytics, ed Elizabeth McCune, Direttore dei sistemi di ascolto dei dipendenti e della misurazione della cultura, hanno portato avanti un percorso che mette al centro il benessere aziendale e che ha portato a individuare una nuove metrica per misurarlo, come hanno raccontato recentemente in un articolo su Harvard Business Review.
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Employee thriving: il nuovo parametro Microsoft per misurare il benessere in azienda
Questa passaggio è stato innescato dall’osservazione del gap tra i risultati del sondaggio aziendale annuale sull’engagement e il coinvolgimento effettivo dei singoli dipendenti. Per avere un’idea più precisa del reale livello di benessere in azienda e progettare misure per migliorarlo, Microsoft si è orientata dunque verso un benchmark più affidabile. «In un momento che ha spinto molti a riflettere sul ruolo del lavoro e della carriera nelle loro vite, ci è sembrato fondamentale ricalibrare i nostri sistemi di ascolto per misurare i progressi verso quell’obiettivo finale: avere un senso di scopo comune», hanno affermato Klinghoffer e McCune. In pratica, quello che ha compito Microsoft è il grande balzo dall’Employee Engagement all’Employee Thriving, dove con il termine “thriving” (traducibile con “prospero”) in Microsoft si intende essere motivato e incoraggiato a svolgere un lavoro significativo. «Questa è la nuova aspirazione fondamentale che abbiamo per i nostri dipendenti, una sfida che ci spinge ogni giorno a operare in modo che ogni dipendente possa sentire di star perseguendo quel senso di scopo. Il nostro obiettivo per prosperare non comprende solo il recupero dall’impatto della pandemia o il raggiungimento dei punteggi di sentiment dei dipendenti pre-Covid. Si tratta di andare oltre e fare ancora meglio», dicono le esperte HR.
Cosa serve per aumentare la “prosperità” e raggiungere il benessere aziendale
Quando all’inizio di quest’anno sono stati pubblicati i risultati del nuovo sondaggio aziendale, Microsoft ha avuto la possibilità per la prima volta di valutare il suo livello di “prosperità”, calato sul singolo individuo, ma anche calcolando le medie a livello aziendale in base alle risposte su una scala di cinque punti da “fortemente in disaccordo”, equivalente a 0, a “fortemente d’accordo” equivalente a 100, tenendo così conto di tutte le opinioni positive, negative e neutre. 77 è il livello medio di Employee Thriving in tutta l’azienda, un valore certamente importante, ma sul quale Microsoft sa di potere ancora lavorare.
Guardando oltre il singolo caso, attraverso l’analisi di questi nuovi dati, è possibile infatti tracciare delle linee guida valide per tutte le organizzazioni impegnate nel raggiungimento del proprio benessere.
La cultura aziendale incide sull’Employee Thriving
Gli esperti hanno rilevato come differenti culture aziendali possano influire in un senso o nell’altro sulla capacità di prosperare dei dipendenti. Dipendenti thriving hanno descritto il loro ambiente di lavoro collaborativo, caratterizzato dal gioco di squadra tra colleghi, con una cultura inclusiva, autonomia, flessibilità e supporto al benessere. I dipendenti che non stavano prosperando hanno parlato invece di silo, burocrazia e mancanza di collaborazione, esprimendo la sensazione di essere un ingranaggio di una macchina, che è sostanzialmente l’opposto del sentirsi “motivato e incoraggiato a svolgere un lavoro significativo”.
Il ruolo dei manager per sviluppare prosperità
Per raggiungere il benessere aziendale il ruolo dei manager si sta rivelando sempre più cruciale, soprattutto quando si tratta di aiutare il team a superare i momenti di incertezza. Microsoft lo sa ed ha investito molto tempo su queste figure tanto che la voce del sondaggio “Il mio manager mi tratta con dignità e rispetto” ha ottenuto un punteggio di 93, il che significa che quasi tutti i dipendenti hanno selezionato sono “fortemente d’accordo”. Punteggi elevati sono stati riscontrati anche in termini di fiducia nell’efficacia dei manager (87) e nel supporto dei manager alle carriere (85), rafforzando così la convinzione che stiano aiutando i loro team ad avere successo nell’azienda.
Troppa collaborazione mette a rischio l’equilibrio tra lavoro e vita privata
«Mentre la prosperità fa riferimento al motivare e incoraggiare a svolgere nel modo migliore un lavoro significativo che è in linea con il ruolo ricoperto in azienda, l’equilibrio tra lavoro e vita privata riflette anche la vita personale dei dipendenti», spiegano Klinghoffer e McCune. «Ci sono momenti in cui la prosperità e l’equilibrio tra lavoro e vita privata possono muoversi in direzioni diverse». Ad esempio, si può essere insoddisfatti del proprio ruolo per mancanza di autonomia decisionale o altro, ma avere un ottimo equilibrio tra lavoro e vita privata dal punto di vista delle ore e del carico di lavoro; viceversa si può essere talmente oberati da sconfinare nel proprio tempo privato, magari per un periodo di tempo limitato, con l’obiettivo di portare avanti un importante progetto sentendosi soddisfatti del duro lavoro.
Analizzando i risultati del sondaggio è emerso altresì che dipendenti che hanno affermato di essere prosperi e con un maggiore equilibrio tra lavoro e vita privata hanno registrato cinque ore in meno nella loro settimana lavorativa, cinque ore di collaborazione in meno, tre ore di focus in più e 17 dipendenti in meno con cui hanno interagito nella loro rete interna. Tali numeri rafforzano gli esiti di studi precedenti che hanno mostrato come una maggiore collaborazione possa avere un impatto negativo sulla percezione dell’equilibrio tra lavoro e vita privata da parte dei dipendenti. Ciò non significa che la collaborazione sia intrinsecamente negativa: per molti dipendenti i momenti di lavoro di squadra e di ricerca di un obiettivo comune possono alimentare la prosperità. Tuttavia, sottolineano Klinghoffer e McCune, è importante essere consapevoli di quanto un’intensa collaborazione possa influire sull’equilibrio tra lavoro e vita privata, e sia i leader che i dipendenti dovrebbero evitare che l’intensità raggiunga le 24 ore su 24, 7 giorni su 7.