RICERCHE E STUDI

Programmi di wellbeing aziendale: ROI superiore al 150% se si toccano tutte le aree del benessere



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Riduzione dei giorni di malattia, diminuzione dei costi sanitari e di recruiting e minori tassi di turnover, ma anche livelli di fidelizzazione più elevati, aumento della produttività e della soddisfazione. Investire in questo ambito a 360 gradi potenzia l’engagement e ha ricadute concrete sul business, a patto che il coinvolgimento parta dall’alto

Pubblicato il 30 mag 2024



programmi wellbeing aziendale

Quanto stanno bene davvero oggi le persone sul lavoro? Ma soprattutto, quanto è importante investire in programmi di wellbeing aziendale? La risposta è tanto e a confermarlo sono i risultati emersi dallo studio di Wellhub, “Il ROI del Benessere 2024”, secondo cui il 95% delle aziende che nel 2024 ha misurato il ROI dei progetti in questo ambito ha registrato un ritorno positivo (rispetto al 90% dell’anno precedente).

La ricerca ha coinvolto, tramite un sondaggio online, oltre 2mila HR Manager e C-level di diversi Paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Brasile, Argentina, Cile, Spagna, Italia, Germania e Messico, e provenienti dai circa 20 settori, dall’aerospaziale alla moda, fino all’industria mineraria.

I benefici di investire in programmi di wellbeing aziendale

In generale, le Direzioni HR attribuiscono questo trend positivo a diversi fattori, tra cui la riduzione dei giorni di malattia (89%), la diminuzione dei costi sanitari (91%) e di recruiting delle nuove risorse e minori tassi di turnover (98%), ma anche livelli di fidelizzazione più elevati (87%), un aumento della produttività (99%) e una migliore soddisfazione dei dipendenti.

Non basta, tuttavia, investire in iniziative di wellbeing aziendale fini a sé stesse. Al contrario, come suggerisce lo studio, per massimizzare i ritorni sugli investimenti, i programmi devono essere onnicomprensivi: è necessario, cioè, che tengano conto della natura multidimensionale del concetto di benessere.

Le organizzazioni che hanno adottato un approccio a 360 gradi al wellbeing, considerandolo parte integrante delle strategie di business, hanno registrato ritorni significativi, con il 24% che ha ottenuto ROI anche superiori al 150%. Al contrario, le realtà che invece offrono due o meno tipi di proposte, focalizzate magari esclusivamente su salute mentale o forma fisica, hanno riportato tassi di rendimento compresi tra lo 0% e il 50%.

Il coinvolgimento deve partire dall’alto

C’è, però, un altro aspetto da non trascurare: la partecipazione dei vertici aziendali è fondamentale. Esiste, non a caso, un chiaro legame tra il tasso di partecipazione ed engagement complessivo dei dipendenti e il coinvolgimento della classe dirigenziale. Quando quest’ultimo scende sotto il 30%, il tasso medio di partecipazione della popolazione aziendale si attesta attorno al 44%, percentuale che arriva all’80% quando nei programmi e nelle iniziative di wellbeing c’è un significativo aumento del coinvolgimento degli executive.

Chi sono i leader più coinvolti?

Detto questo, complessivamente, il 77% dei leader HR afferma che almeno la metà dei team di C-level utilizza attivamente il programma di wellbeing dell’azienda. Tuttavia, i livelli di entusiasmo variano notevolmente tra i settori. I dirigenti del settore finanziario ed economico sono in testa alla classifica, con un buon 78% che partecipa attivamente; in controtendenza con gli stereotipi, i giganti dell’edilizia non si distanziano di molto, con una partecipazione al 67%, seguiti dai titani della tecnologia con il 65%. L’industria dell’intrattenimento è in fondo alla classifica, con appena il 55% dei dirigenti che si dedica alle attività di wellbeing, mentre il settore sanitario si colloca appena sopra con il 59%.

E i dipendenti sono pienamente consapevoli dei benefici dei programmi di wellbeing aziendale?

A questo punto, però viene da chiedersi: se i programmi di wellbeing aziendale portano benefici concreti sia alla salute dei dipendenti sia al business nel suo insieme, perché non tutte le iniziative raggiungono il tasso di partecipazione del 100%?

A questo proposito, più di un terzo (36%) dei professionisti HR afferma che il problema principale riguarda il fatto che i dipendenti non siano consapevoli dell’impatto che il benessere può avere sulle loro vite. Ma c’è di più: molto spesso a mancare è una figura responsabile del programma (aspetto menzionato dal 21% degli intervistati); non solo: capita che i programmi siano poco personalizzabili, in altre parole ci sono poche opzioni tra le quali scegliere di aderire e scarsità di alternative implica una scarsa inclusività. Non esiste un unico percorso che porti al benessere, quindi un approccio universale non funzionerà in modo efficace. Infine, il 16% dei leader HR sente che il maggior ostacolo sia la mancanza di risorse per promuovere il programma. Quando i team non dispongono di budget per le comunicazioni, è difficile suscitare interesse o istruire i dipendenti sul motivo per cui trarranno beneficio dal programma.

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