L’Intelligenza Artificiale rappresenta realmente una minaccia per il futuro del lavoro? È vero che con la diffusione dirompente delle tecnologie basate su AI molte professioni sono esposte al rischio di non esistere più? Sono domande che sempre più persone e aziende si pongono, mentre si assiste a un’evoluzione senza precedenti delle dinamiche lavorative. La conclusione, almeno per ora, è semplice: non c’è una risposta giusta o sbagliata.
E vediamo il perché.
È ormai chiaro che ci troviamo in un contesto in cui l’Artificial Intelligence – predittiva, generativa, descrittiva, prescrittiva che sia – non è più solo una tecnologia sperimentale, ma una realtà concreta che sta già ridefinendo le strategie delle organizzazioni a livello globale.
Secondo il report di BCG “From Potential to Profit: Closing the AI Impact Gap”, – basato su un sondaggio condotto su oltre 1800 dirigenti e C-level operanti in 19 mercati e 12 settori – il 75% delle aziende nel mondo e il 69% in Italia la considerano una delle tre principali priorità strategiche del 2025. Di conseguenza, anche gli investimenti in questa tecnologia stanno crescendo rapidamente: si prevede un aumento del 60% tra il 2024 e il 2027. Nel nostro Paese, l’83% delle organizzazioni coinvolte nello studio prevede di destinare fino a 25 milioni di dollari all’AI, mentre una piccola percentuale si spinge oltre, con investimenti superiori ai 100 milioni.
Le aziende più avanzate nell’adozione dell’AI seguono tre strategie principali:
- Implementazione operativa: l’integrazione dell’AI nei processi aziendali quotidiani consente di migliorare la produttività dal 10% al 20%;
- Ristrutturazione delle funzioni chiave: le imprese riorganizzano processi e ruoli critici per ottenere un incremento di efficienza del 30%-50%;
- Innovazione di prodotti e servizi: l’AI viene sfruttata per creare nuove offerte, differenziandosi sul mercato.
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L’AI e l’impatto sulla forza lavoro
Ma veniamo al dunque, cercando di fare chiarezza attraverso i dati forniti dall’analisi di BCG. L’AI non sostituirà necessariamente i lavoratori, ma ridefinirà il loro ruolo. Il 64% dei dirigenti a livello globale (62% in Italia) prevede di mantenere stabile la forza lavoro, con l’Intelligenza Artificiale a supporto delle attività umane. Solo il 3% delle aziende italiane prevede una riduzione del personale a seguito dell’automazione.
Anche perché, nonostante il grande entusiasmo, il 59% dei dirigenti italiani ammette che l’AI è sicuramente promettente, ma non ha ancora generato valore tangibile.
Un ostacolo chiave è il monitoraggio dei risultati: il 37% delle aziende del Paese non tiene traccia di alcun KPI per valutare il ritorno sugli investimenti in AI. Inoltre, mentre nei mercati più avanzati (come Emirati Arabi Uniti, India e Giappone) l’80% degli investimenti si concentra su ristrutturazione e innovazione, in Italia il 44% delle organizzazioni si limita ancora alla semplice implementazione operativa.
Quali ostacoli rallentano il processo di adoption dell’AI in azienda
Un altro errore comune è la dispersione delle risorse su troppi progetti pilota, riducendo l’efficacia complessiva. Le aziende leader, invece, si concentrano su un numero ridotto di iniziative (in media 3,5 contro le 6,1 di altre aziende) e ottengono un ROI 2 volte maggiore.
C’è poi l’intoppo legato alla formazione: in Italia, l’83% delle realtà fatica a trovare talenti specializzati e a potenziare le competenze esistenti. Attualmente, solo il 20% ha più del 25% della forza lavoro formata sull’AI.
Per superare queste barriere, le organizzazioni più avanzate seguono il principio 10-20-70: investono il 10% delle risorse sugli algoritmi, il 20% sui dati e la tecnologia e il 70% sulle persone e sulla trasformazione culturale.
Quali sono invece i rischi?
- Privacy e sicurezza dei dati: il 62% delle aziende italiane e il 66% di quelle globali considera questo un problema prioritario.
- Mancanza di trasparenza: il 49% dei dirigenti del Paese teme di perdere il controllo sulle decisioni prese dagli algoritmi.
- Conformità normativa: il 41% delle imprese vede nelle regolamentazioni un ostacolo all’implementazione dell’AI.
La cybersicurezza è un tema particolarmente critico, con il 76% del cluster italiano che riconosce la necessità di rafforzare le misure di sicurezza per proteggere i propri sistemi di Intelligenza Artificiale. Anche la sostenibilità ambientale è una questione ancora poco affrontata: il 76% delle aziende non considera l’efficienza energetica un criterio prioritario nella selezione delle soluzioni AI.
Ai in azienda, le best practice per una “giusta” convivenza uomo/macchina
Per sfruttare appieno le potenzialità dell’AI, le aziende devono adottare un approccio strategico e ben strutturato. Questo significa:
- Gestire i rischi in modo proattivo, con particolare attenzione alla sicurezza dei dati e alla conformità normativa.
- Ripensare l’organizzazione interna, integrando l’AI nei flussi di lavoro senza perdere di vista il ruolo centrale delle persone;
- Focalizzarsi su obiettivi chiari, evitando di disperdere le risorse in troppe iniziative parallele;
- Monitorare i risultati, utilizzando indicatori di performance per valutare l’efficacia delle iniziative AI;
- Investire sulla formazione, per colmare il divario di competenze e permettere ai dipendenti di sfruttare al meglio le nuove tecnologie.