Al lavoro pubblico servono competenze organizzative, manageriali e tecnologiche per gestire i cambiamenti, pianificare, programmare, lavorare per progetti, cogliere le opportunità d’innovazione offerte dal digitale. È tempo quindi di lavorare sulle competenze manageriali e sulle abilità relazionali ancora inespresse, sensibilizzando anche i lavoratori che mostrano poca consapevolezza: il 43,6% dei dipendenti pubblici ritiene di avere “molte più competenze” di quelle che servono nel lavoro quotidiano, per il 34,5% le competenze possedute sono adeguate a ciò che fa, e meno del 20% pensa che, per far bene il proprio lavoro quotidiano, avrebbe bisogno di più formazione e aggiornamento.
Sono questi alcuni dei risultati emersi dall’indagine sulle competenze nel lavoro pubblico condotta da FPA, società del gruppo Digital360, e presentata a FORUM PA 2018, che ha coinvolto un panel di circa 1.350 persone, formato per l’81,5%% da dipendenti pubblici.
«L’indagine sulle competenze del lavoro pubblico rivela che siamo sulla strada sbagliata per cambiare la PA», ha commentato Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA. «Con una formazione scarsa, per lo più su materie o specialistiche o giuridiche, il settore pubblico può al massimo fare un po’ meno errori nei compiti che già svolge e migliorare l’efficienza di procedure spesso inutili o assurdamente complicate. La formazione, invece, dovrebbe trasferire ai lavoratori le competenze in grado di accelerare l’evoluzione della PA per consentirle di aprirsi ai cittadini, alle imprese, al contesto internazionale».
L’indagine mostra che i dipendenti pubblici che nell’ultimo anno hanno ricevuto formazione (6 su 10) sono stati aggiornati prevalentemente su temi giuridico-normativi (32,2%), informatica e telematica (12%), materie tecnico-specialistiche (11,8%), quasi nulla sulle lingue straniere (4%), i temi manageriali (5,3%), la comunicazione (8,4%), l’organizzazione (9,4%). Di strada quindi ce n’è ancora tanta da fare.
Indice degli argomenti
«Se la PA resta ripiegata sui suoi stessi processi andiamo nel futuro con una PA del passato»
Quasi il 50% degli intervistati fa lo stesso lavoro da oltre 10 anni e, rispetto alle mansioni da svolgere nel quotidiano sente prevalentemente, a sentire l’esigenza di aggiornarsi su conoscenze specialistiche relative al proprio settore professionale è il 29,4%, su quelle normative il 27,2% e su quelle tecnologiche il 20,5%. Solo il 12,8% reclama competenze relazionali e l’8,6% competenze manageriali. In sintesi, chi lavora nel pubblico non sente alcun bisogno di acquisire competenze manageriali o abilità relazionali, comunicative e gestionali, semplicemente perché non le usa.
Per Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA, «non siamo di fronte a personale iper-qualificato, ma a lavori semplici, svolti per anni, senza alcun meccanismo di job rotation, in cui le uniche variazioni su cui c’è da aggiornarsi riguardano norme, procedure e aspetti tecnici. Se la PA resta ripiegata sui suoi stessi processi, piuttosto che formare i propri dipendenti ai nuovi compiti che le spettano, andiamo nel futuro con una PA del passato».
Secondo cittadini e imprese coinvolti da FPA gli squilibri da colmare prioritariamente nella Pubblica Amministrazione sono proprio le competenze organizzative (30,6%) e manageriali (23,4%), ovvero quelle per cui i dipendenti non credono di avere bisogno di aggiornamento e quelle su cui minore è la formazione erogata.
La formazione nella PA? È ancora una forma “manutentiva” di aggiornamento
Nel 2017 hanno fatto formazione 6 dipendenti su 10, per lo più per essere aggiornati su funzionalità specifiche dell’Amministrazione, che sembra molto attenta a generare miglioramenti interni (recupero di efficacia, conoscenza e rispetto delle regole, innovazione degli strumenti) e meno invece a rafforzare, e trasferire a chi lavora nel pubblico, conoscenze e competenze legate all’esigenza di adeguare la PA a mutamenti dei territori, dei cittadini, delle imprese, ma anche del contesto internazionale, oltre che accelerarne i mutamenti strategici ed organizzativi. Gli argomenti sui quali si è concentrata l’attività formativa dell’ultimo anno sono stati quelli giuridico-normativi (32,2%), informatica e telematica (12%), materie tecnico-specialistiche (11,8%). Il 91,5% dei dipendenti intervistati aggiunge alla formazione offerta dalla propria organizzazione percorsi di autoformazione, quali la lettura di articoli e riviste specializzate (29,1%), la partecipazione a workshop, seminari o convegni (24,2%) e il 22,9% si occupa del proprio aggiornamento attraverso webinar o corsi on line.
Le attività istituzionali generalmente si svolgono in aula (35,9%), oppure è prevista la partecipazione a seminari, convegni e workshop (25,7%), a cui si accostano i corsi on line (22,1%). In termini di ore, nell’ultimo anno il 37,3% ne ha seguite più di 24, il 16% tra le 17 e le 24, il 22,2% tra le 9 e le 16, il 19% tra le 5 e le 8.
A individuare gli interventi formativi sono le amministrazioni sulla base delle indicazioni formulate dai responsabili di settore (21,9%) o dalle richieste segnalate dai dipendenti (18,9%), in molti casi sono definite sulla base delle risorse finanziarie aggiuntive assegnate (16,7%) e nel 15,9% dei casi derivano da un’analisi dei bisogni dell’organizzazione.