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L’Intelligenza Artificiale ridefinisce i confini del lavoro nel settore pubblico. Gli impatti e le professioni più a rischio



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L’impiego dell’AI nella PA ha un’influenza significativa sul modo di operare di oltre 1,8 milioni di dipendenti del Paese. Di questi l’80% ne trarrebbe vantaggio, mentre chi svolge svolge attività di routine (12%) potrebbe essere sostituito dagli algoritmi. Serve puntare sulla formazione e fare uno sforzo in termini di flessibilità e di profonda riforma strutturale

Pubblicato il 5 set 2024



Intelligenza Artificiale nella PA

L’influenza dell’AI, declinata in tutte le sue sfaccettature, non poteva non toccare anche il settore della Pubblica Amministrazione. A confermarlo è proprio un recente studio dal titolo “L’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul pubblico impiego“, condotto da FPA, società del gruppo Digital360, e presentato durante l’edizione 2024 di Forum PA, che mostra quanto l’IA stia effettivamente trasformando il lavoro di milioni di dipendenti pubblici del nostro Paese. Si tratta di un processo che continuerà anche nel prossimo futuro.

Secondo l’indagine, infatti, il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani è altamente esposto all’influenza di strumenti e soluzioni basati su Intelligenza Artificiale nelle sue mansioni (l’impatto diventa moderato per il 28% del personale e minimo o nullo sul restante 15%). Si tratta di dati che dimostrano una forte interazione tra le attività svolte da queste figure professionali e quelle che gli algoritmi possono effettivamente eseguire.

Intelligenza Artificiale nella PA, chi sono i lavoratori più esposti?

Per stimare l’impatto dell’Intelligenza Artificiale, FPA ha adattato alle categorie professionali dei dipendenti pubblici italiani il metodo AIOE (Artificial Intelligenze Occupational Exposure) di Edward Felten sull’esposizione occupazionale all’IA. Ne emerge che il 57% dei circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici è altamente esposto all’IA, pari a circa 1,8 milioni di lavoratori, mentre il 28% è moderatamente impattato e il solo 15% subisce un’influenza minima o nulla. Tra le professioni più esposte ci sono assistenti e operatori esperti amministrativi, personale direttivo e non dirigente con funzioni amministrative, tecnici, ricercatori e tecnologi, dirigenti scolastici e docenti, avvocati e magistrati, architetti e ingegneri, dirigenti sanitari e professionisti sanitari. In generale, i dipendenti pubblici che ricoprono ruoli di leadership sono tra quelli che potrebbero beneficiare dell’integrazione dell’IA nello svolgimento delle attività professionali, a patto che si disponga di un’adeguata formazione e di un contesto organizzativo abilitante.

Tuttavia, c’è un 12% a rischio sostituzione: ben 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate e più routinarie, caratterizzate appunto da compiti ripetitivi e prevedibili, potrebbero essere facilmente sostituiti dall’Intelligenza Artificiale. Un ulteriore 8% si trova in una zona grigie, con potenziali sinergie e rischi di sostituzione non pienamente prevedibili, soprattutto in settori delicati come quello sanitario e in ambito diplomatico.

Uno sguardo più approfondito ai singoli comparti rivela che gli ambiti in prima linea sono le funzioni centrali e locali della PA, esposte rispettivamente nel 96,2% e nel 93,5% dei casi, seguite dall’istruzione e ricerca (72,6%). La maggiore sinergia tra lavoro e Intelligenza Artificiale si rileva principalmente per l’ambito “istruzione e ricerca”, dove il personale ad alta complementarità con l’IA è ben il 91,9%. Il rischio sostituzione è particolarmente rilevante nelle strutture centrali della PA, dove tocca il 47,4% (92.859 unità), ma anche nelle funzioni locali (23,8%, 109.801 unità).

Fonte: FPA Data Insight – L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego

Trasformare l’Intelligenza Artificiale da sfida a opportunità: quali passi deve compiere la PA

Di fronte a questo scenario, è evidente che nasce la necessità di riconsiderare i ruoli e riqualificare il personale.

«Di fronte a un simile impatto, la Pubblica Amministrazione è chiamata ad una riforma strutturale – ha aggiunto Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA -. Serve una revisione dei processi di formazione, orientata allo sviluppo di competenze come creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale e soft skill».

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Carlo Mochi Sismondi

Presidente di FPA

Carlo Mochi Sismondi

Spetta, dunque, alla PA fare uno sforzo per rivedere le organizzazioni e abbandonare l’anacronistica logica gerarchica e burocratica favorendo invece una cultura in grado di introdurre gli elementi di innovazione indispensabili per gestire il cambiamento.

Come ha spiegato Andrea Rangone, Presidente di Digital360: «L’adozione dell’IA è un processo inarrestabile e una sfida tecnologica che riguarda tutti. La capacità di governo dei processi di innovazione sarà fondamentale nella gestione di questo paradigma che, se sostenuto da competenze adeguate, può essere un elemento di discontinuità per tutte le amministrazioni».

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Andrea Rangone

Presidente di Digital360

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Le tre ondate di trasformazione della PA

Sempre l’indagine di FPA ha evidenziato come l’avvento dell’Intelligenza Artificiale rappresenti la terza grande ondata di trasformazione per il settore pubblico negli ultimi 15 anni. La prima, innescata dalla spending review del 2007, ha portato a una diminuzione dei dipendenti pubblici e a un calo di investimenti in formazione. La seconda, quella legata alla pandemia da Covid-19, ha accelerato i processi di innovazione e digitalizzazione per garantire la continuità e l’accessibilità dei servizi pubblici, promuovendo un’inedita flessibilità lavorativa. E, infine, c’è l’AI che rappresenta oggi uno shock esterno a cui la PA è chiamata a rispondere.

«L’Intelligenza Artificiale sta tracciando i confini di un nuovo modo di concepire il lavoro pubblico – ha ribadito l’Amministratore Delegato di FPA, Gianni Dominici -. L’impatto nella PA sarà forte sia in termini qualitativi che numerici ed è destinato via via ad intensificarsi con i progressi delle soluzioni IA».

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