Come i lavoratori percepiscono l’Intelligenza Artificiale quando si tratta del loro lavoro? A questa domanda ha cercato di rispondere LinkedIn con la ricerca condotta da Censuswide che ha coinvolto quasi 30mila persone di età superiore ai 18 anni provenienti da 17 paesi. Sono emerse alcune differenze a livello generazionale, di genere e di nazionalità. Scopriamo quali.
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L’Intelligenza Artificiale e l’impatto sul mondo del lavoro
In generale, su scala globale, i dati dimostrano che l’AI avrà ricadute importanti sulla vita professionale degli intervistati: per il 60% del campione porterà all’introduzione di nuove modalità di lavoro e cambiamenti significativi già nel nel corso del prossimo anno. Inoltre, 2 intervistati su 5 (39%) si dichiarano sopraffatti da questa trasformazione, ma 9 su 10 sono curiosi ed entusiasti di poter utilizzare questa tecnologia sul lavoro.
Le differenze geografiche
La convinzione che l’AI possa costituire un valido supporto sul lavoro non è sempre condivisa, la pensa così:
- il 69% degli intervistati in USA;
- l’86% in Brasile;
- l’85% in Arabia Saudita;
- il 90% in India;
- In Europa la percentuale scende drasticamente, ma spagnoli e italiani sono tra i più entusiasti (rispettivamente si parla del 59% e del 62%).
Le differenze di genere e le differenze generazionali
A livello globale, il 73% degli uomini vede l’AI come un alleato sul lavoro. La percentuale scende al 65% per quanto riguarda le donne.
La GenZ, forse più consapevole delle possibili applicazioni dell’AI rispetto alle altre generazioni, teme di più di rimanere indietro nell’apprendimento delle skill necessarie per utilizzarla al meglio, la pensa così il 29% degli intervistati. Per quanto riguarda i Millenial, la GenY e i Baby Boomer la percentuale scende rispettivamente al 22%, 16% e 15%.
Che cosa pensano gli italiani
Nel nostro Paese, come abbiamo visto, il 62% degli intervistati si dichiara entusiasta delle possibilità che potrebbero scaturire dall’adozione dell’AI in ambito lavorativo. Le aree in cui i nostri connazionali vedono più opportunità di progresso sono: l’accesso più veloce al sapere e all’informazione (29%), l’aumento della produttività (28%), la velocizzazione dei lavori di sintesi (23%).
Ma non mancano comunque i timori: se il 33% degli intervistati dichiara di ricorrere già all’AI sul lavoro, un altro 33% si sente sopraffatto dal cambiamento che questa tecnologia potrebbe portare e il 30% ha paura di non riuscire a stare al passo con l’innovazione.
Un altro dato negativo riguarda la barriera linguistica: il 19% degli italiani intervistati si sente in difficoltà perché la maggior parte degli strumenti a disposizione offre migliori prestazioni se utilizzata in lingua inglese.
Per quanto riguarda le differenze generazionali, il trend segue quello globale. La GenZ manifesta maggiori timori: il 44% dichiara di sentirsi sopraffatto. Per quanto riguarda invece i Baby Boomer e la GenY la percentuale scende rispettivamente al 31% e al 32%.
«A poca distanza dalle trasformazioni radicali dovute alla pandemia, i professionisti si devono ancora una volta adattare alla nuova ondata di cambiamenti innescata dalla diffusione su larga scala dell’AI generativa – commenta Marcello Albergoni, Country Manager di LinkedIn Italia -. I leader delle imprese dovranno trovare la giusta rotta e guidare le persone, per far sì che apprendano come utilizzare al meglio l’AI, sfruttandone il potenziale. In Italia, i giovanissimi sono i più preoccupati, e non ha torto: solo il 31% degli intervistati ha dichiarato di aver ricevuto dal proprio datore di lavoro un insieme di linee guida sull’utilizzo dell’AI e di aver avuto accesso a un percorso formativo in merito. Eppure, è proprio alle esigenze e bisogni dei giovani talenti che le aziende devono guardare, mettendoli in condizione di coltivare le skill necessarie nel mondo del lavoro e di ampliare le strategie digitali delle organizzazioni. I dati che abbiamo raccolto evidenziano inoltre il valore incomparabile che le soft skill mantengono in uno scenario in cui gli esseri umani stanno imparando a collaborare sinergicamente con l’AI: ed è proprio questa collaborazione che sta plasmando il futuro del lavoro».
Le competenze soft che aiutano a trovare nell’AI un alleato
L’indagine di LinkedIn ha anche analizzato quali soft skill gli italiani ritengono più strategiche per affrontare il cambiamento dell’Intelligenza Artificiale sul lavoro:
1. Problem solving (58%)
2. Capacità di gestione del tempo di lavoro (54%)
3. Capacità di adattamento e resilienza (53%)
4. Capacità di comunicare (51%)
5. Pensiero strategico (50%)
6. Creatività (49%)
7. Capacità di gestire le persone (48%)
8. Capacità di lavorare in team e di collaborare (47%)
9. Decision making (47%)
10. Leadership (45%)