Interpretare e costruire il futuro del lavoro, entrando nelle pieghe dell’organizzazione, guardando con occhio critico i diversi fenomeni che caratterizzano il nostro tempo e lasciando spazio al confronto tra i giovani e le persone con esperienza. È questo in sostanza il cuore del progetto culturale di The European House – Ambrosetti (TEHA) Jam – Join the Ageless Mind, e a raccontarci la visione e il percorso che sta portando avanti è Alessandro Braga, che lo guida.
Who's Who
Alessandro Braga
Head of Jam – Join the Ageless Mind
«Il nostro punto di partenza è stata la volontà di creare un dialogo costruttivo tra diverse generazioni di lavoratori, tra giovani e aziende per disegnare insieme il futuro del lavoro. E il nome che contraddistingue il nostro progetto enfatizza proprio questo aspetto, ovvero ricercare (e trovare) un nuovo modo di lavorare e di pensare senza età̀, mischiando e valorizzando le esperienze, le competenze e i punti di vista di tutte le persone che oggi fanno parte del tessuto aziendale. È da qui che bisogna partire per creare una nuova cultura del lavoro che favorisca avanguardia e competitività», ha detto Braga.
Ma questo non basta, perché ci sono altri due tasselli su cui lavorare, a detta dell’Head of Jam: individuare nuove strategie per attrarre e ingaggiare giovani professionisti e rimanere sempre aggiornati sui principali trend del mercato del lavoro.
Indice degli argomenti
Open Jam, un festival per guardare al futuro con gli occhi dei giovani
Ed è così che nel 2022 è stato inaugurato Open Jam, un festival sul futuro del lavoro dedicato agli under 30.
«La forza di questo momento è mettere insieme oltre mille partecipanti (1500 per l’edizione 2024), farli interagire e confrontare sul lavoro e sulle sue mille sfaccettature – ha sottolineato Braga -. Il panel è volutamente variegato: c’è chi lavora, chi non lavora e chi si sta facendo delle domande; alcuni vengono dal mondo aziendale, altri dal mondo studentesco, delle scuole e dell’orientamento. Questa terza edizione, in particolare, ha visto la presenza di otto scuole, provenienti da tutto il territorio nazionale, con alcune classi, con l’obiettivo di non avere un’eccellenza, ma una rappresentanza che rispecchi la realtà e che sia statisticamente rilevante. A Open Jam si trovano classi intere, non si selezionano i migliori studenti, non ci sono solo i giovani talenti delle aziende, ma i lavoratori e i professionisti di diversi ambiti, compresi i Blue Collar. Per guardare con consapevolezza al futuro del lavoro è opportuno non rinchiudersi in una visione elitaria, ma ricercarne una quanto più aderente alla realtà».
La manifestazione è declinata in due giorni con un denso programma di incontri, tra sessioni plenarie e ispirazionali (quest’anno Fabio Zaffagnini ha raccontato, ad esempio, la storia della più grande rock band al mondo composta da mille musicisti, persone “normali” che amano la musica e sognano di suonare insieme), workshop sui principi del mondo del lavoro e incontri tra giovani e aziende. Durante il festival tutti i partecipanti vengono sollecitati con la volontà di far emergere il rapporto tra idea, realtà, immaginazione e coerenza valoriale. «Il lavoro oggi permea ogni ambito, incide sulla felicità e sul benessere, e ruota anche attorno allo svi
luppo e al merito. Abbiamo quindi lavorato su 8 principi che caratterizzano molte carte dei diritti costituzionali, calandoli sulla realtà lavorativa: libertà, solidarietà, realizzazione, uguaglianza, equità, responsabilità, sviluppo e benessere. Per ciascun principio, lavorando in gruppi ampi, sono stati trovati una definizione e un commitment, inteso come un impegno che persone e organizzazioni si prendono per andare nella direzione delineata. Quanto è emerso è stato poi ricapitolato in un vero e proprio manifesto che traccia le direttive per un futuro del lavoro, felice, creato con il supporto attivo di tutti i partecipanti».
Questo anche grazie dal lavoro di preparazione che viene portato avanti nei mesi che precedono il festival e che prevedono, ad esempio, delle sessioni di formazione per i docenti, e dei percorsi di orientamento individuale per i ragazzi. Per quanto riguarda le aziende, poi, la partecipazione rientra in percorsi più ampi che guardano da una parte all’engagement dei lavoratori under 30 e dall’altra all’elaborazione di soluzioni a sfide poste dal top management.
E proprio 20 sfide aziendali – dalla tecnologia all’attraction e retention, dalla leadership ai modi di lavorare, toccando anche la mobilità interna – sono state al centro di un percorso portato avanti da 20 gruppi composti da dieci ragazze e dieci ragazzi delle aziende partner dell’iniziativa (Amadori, Bi-Rex, Cigierre, D’Amico Società di Navigazione, Emilbanca, Esprinet, Lactalis, Leonardo, MPS, Randstad HR Solutions, Sanofi, Siram Veolia e Flixbus): «Abbiamo previsto dei momenti di confronto, di discussione, di dialogo e di test, che hanno portato ciascun gruppo a ipotizzare delle possibili soluzioni e a condividerle con chi è ancora studente e fatica a immaginare le logiche – ha detto Braga -. Si gioca sul creare un effetto di consapevolezza e di maturità sui lavoratori under 30 che, in questo caso, diventano coloro che devono interagire con ragazzi e ragazze più giovani di loro, spiegare, raccontare, farsi capire ed essere concreti. Improvvisamente sono loro i senior e questo li porta a comprendere quanto non sia affatto facile dialogare, far passare dei concetti ed essere attrattivi. Le sessioni poi portano a condividere la propria visione e a parlare di come si immagina il lavoro e cosa si vorrebbe. E così, in modo del tutto naturale, ci si interroga su quanto le organizzazioni siano pronte a rispondere a queste aspettative e quanto siano in grado di attirare, trattenere e motivare i giovani, anche perché non dimentichiamoci che gran parte del potenziale slancio di produttività e competitività delle organizzazioni dipende da questi fattori. In generale, in base anche a quanto è emerso dal sondaggio condotto da TEHA Group per l’Open Jam 2024, oggi è fondamentale creare contesti che favoriscano l’apprendimento continuo, lo scambio di competenze e la partecipazione attiva. Solo così potremo costruire luoghi di lavoro che non solo rispondono alle esigenze attuali ma che siano anche propulsori di crescita e innovazione».
Le sfide 2025
Ad Alessandro Braga abbiamo chiesto su quali macro aspetti Jam lavorerà con le aziende nel 2025: «Sono diverse le sfide che caratterizzeranno il futuro più prossimo del lavoro, in particolare con le popolazioni manageriali con cui storicamente lavoriamo con TEHA ci stiamo concentrando sul trend demografico, sui disequilibri ed equilibri globali e sull’integrazione dell’Intelligenza Artificiale. A nostro avviso, questi fenomeni sono quelli che sembrano incidere di più sul modo di approcciare il lavoro. L’aspetto demografico è cruciale: in Italia la popolazione professionale e lavorativa ha avuto un invecchiamento drastico negli ultimi decenni, e ha portato a cambiare integralmente il modo in cui chi entra nel mercato del lavoro da neoformato si approccia. Inoltre, vent’anni fa, circa, il rapporto tra under 35 e over 55 in azienda era circa 4 a 1, oggi è 1 a 1. Il fatto che i giovani rappresentino una minoranza porta le organizzazioni a essere meno orientate al futuro, e al contempo si dà meno empowerment alla fascia dei neoarrivati».
Intimamente legato al tema demografico c’è quello del ricambio, «da una parte c’è una certa pulsione a spingerlo perché è sinonimo di modernizzazione, dall’altra scarseggiano le persone delle nuove generazioni: insistere sul ricambio generazionale e abbassare l’età media è molto difficile, perché è controtendenza con l’andamento demografico della popolazione e dei lavoratori. Anche in virtù di questo, noi promuoviamo un modello di lavoro cross generazionale, in cui si contaminino le competenze, si utilizzino registri di comunicazione e driver motivazionali e realizzativi diversi, che quindi in generale riesca a valorizzare le differenze. L’obiettivo è scongiurare il rischio di segregazione, sia interna sia sul mercato del lavoro, ovvero che che ci siano interi settori in cui operano le aziende tradizionali, che producono, che fanno volumi, che guidano anche l’innovazione per un tema di massa critica, che diventano poco attrattivi e che le nuove generazioni si spostino in contesti che vedono, lavorativamente parlando, più a loro misura. Basti pensare alla cannibalizzazione tra banche e Fintech. Ecco perché è necessario agire sul mix, avendo molta consapevolezza del valore che ha la diversità e sapendo che c’è un grosso lavoro da fare e che va fatto con impegno, con commitment, diventando uno dei tasselli della People Strategy».
Per quanto riguarda i disequilibri e gli equilibri globali, Braga ha ricordato che «stiamo assistendo al proliferare di conflitti, che c’è una nuova forma di globalizzazione, e in generale che c’è un po’ di confusione sull’idea che si ha del futuro, che poi è alla base dell’investimento sul lavoro che le persone fanno. Lo scenario è intenso e molto squilibrato, tra trend tecnologici e geopolitici è difficile fare previsioni per i prossimi cinque anni, non per i prossimi cinquanta, e questo non fa altro che mettere in difficoltà chi, per forza di cose, sta investendo sul suo sviluppo professionale, che solitamente è a medio e lungo periodo».
Infine, c’è il trend del momento, l’Intelligenza Artificiale, che viaggia molto più veloce rispetto alla transizione digitale e che avrà un impatto su tutti gli ambiti a partire dalla scuola, passando per le università.
«Con l’AI cambiano profondamente le dinamiche, basti pensare ai colloqui di lavoro che prevedono il supporto dell’AI. È un fenomeno di tale portata che occorrerà anche ripensare la leadership e ridefinire il ruolo dei leader in un mondo in cui le macchine possono in parte prendere decisioni in autonomia ed elaborare i dati. Se poi a questo ci aggiungiamo la capacità di sviluppare retoriche convincenti, di esercitare influenza e persuasione, di negoziare, sono tutti spazi che vengono aggrediti, che aggrediscono ruoli di leadership e manageriali. E i ragazzi che crescono in mondo in cui l’AI è già diffusa faticano a capire qual è lo scarto di valore, perché hanno la percezione di poter fare facilmente e in poco tempo quello che prima ai professionisti richiedeva competenze, tempo e attenzione. Tutto questo potrebbe mettere in discussione diversi aspetti che gravitano intorno al lavoro, anche perché si andrà da un contesto fortemente collettivo, caratterizzato da cluster di esperienze simili e stessi registri comunicativi a uno molto più calato sull’esperienza univoca e personale».
Ma è anche vero, secondo Braga, che l’Intelligenza Artificiale è un grande asset, soprattutto quando si pensa al passaggio di conoscenze, di competenze, di knowledge, di orientamento, e anche ai meccanismi di induction, «perché in una certa misura preserva anche la storicità dell’azienda».