Multitasking nemico della produttività, con l’aggravante della connessione H24. È infatti dimostrato che spostarsi da un compito lavorativo a un social o al controllo della posta elettronica richieda tempo per ritrovare la concentrazione quando si torna all’attività che si stava facendo in precedenza. Servono dai cinque ai venti minuti.
Che comportamenti assumere allora per portare a termine la “to do list” della giornata senza fare notte in ufficio? Carson Tate, fondatrice di Working Simply, società di consulenza specializzata in organizzazione e produttività, ha appena pubblicato un libro sull’argomento con numerosi consigli utili, “Work Simply: Embracing the Power of Your Personal Productivity Style”.
Intanto l’elenco delle cose da fare va programmato bene, con azioni precise e fattibili nel corso della giornata, non con gli obiettivi generali da raggiungere nel tempo.
Questo è un trucco per non sovraccaricare la mente di impegni a medio termine, quindi non risolvibili nel breve, e non generare ansia ma vedere con chiarezza ciò che c’è da fare.
Un altro consiglio, che servirà soprattutto alle donne, è quello di organizzare le attività in silos, in pratica dedicarsi a una cosa per volta e anche a una tipologia di azioni per volta, come per esempio le telefonate una dopo l’altra, o la gestione delle mail in blocco. Questo per non continuare a distrarre la mente, passando da una operazione all’altra.
Sembra infatti che solo il 2% delle persone sia in grado di utilizzare il multitasking in modo efficace, mentre il 98% riduce la propria produttività senza nemmeno accorgersene. Così, il continuo passaggio dal web al lavoro, tipico dell’ambiente digitale, è un sovraccarico difficile da gestire per la nostra mente che allunga tempi di esecuzione.
Ci sono degli accorgimenti, offerti dalla tecnologia stessa, per non trovarsi in balia della connessione non stop, come togliere la suoneria alle mail e ai messaggi, utilizzare filtri automatici per suddividere la posta in arrivo e limitare l’accesso ai social e alla rete se questa non è necessaria per la ricerca di informazioni.
Dai dati raccolti da Barracuda Networks, specializzato nelle soluzioni di sicurezza e storage Cloud-connected, risulta che il 64% degli impiegati visiti siti non legati alla propria attività durante l’orario di lavoro: il 39% fino a un’ora, il 29% 2 ore, il 21% 5 ore e il 3% 10 ore o più. In media, i lavoratori perderebbero 2,32 ore alla settimana in Internet con un costo aziendale di 2.949,65 dollari annui.
Tra l’altro, se usata male, la tecnologia è fin dal mattino nemica del tempo e della resa giornaliera. Secondo la Tate, infatti, non bisognerebbe neppure leggere le e-mail, perché vorrebbe dire basarsi sull’agenda di qualcun altro in modalità reattiva.
Da una ricerca McKinsey risulta infatti che l’attività di smistamento della posta catalizzi quasi un terzo (28%) delle ore trascorse al lavoro. Ma migliorare la produttività al lavoro non dipende solo dall’uso che si fa della tecnologia, ma anche da come si gestiscono le relazioni con i colleghi.
La Tate suggerisce di individuare lo stile produttivo dell’interlocutore per comunicare meglio favorendo la collaborazione. Quelli orientati all’obiettivo rispondono alla domanda “che cosa?”; i pianificatori si concentrano sui dettagli, sul “come”. I visionari si chiedono perché, mentre gli organizzatori tendono a focalizzarsi sulle persone coinvolte. C’è una risposta per ogni collega in base al suo modo di “funzionare”, ricorda la Tate.
Infine, suggersce di lavorare in modalità vacation, come se stessimo partendo per le vacanze, dovessimo quindi concludere per forza i nostri lavori, scrivania riordinata e lavoro pronto per il rientro. Meglio uscire un po’ prima, con meno tempo si fa di più.