All’inizio dell’anno, la Federal Trade Commission (FTC) degli Stati Uniti, un’autorità indipendente comparabile alla nostra autorità per la concorrenza, ma con più poteri, ha proposto una norma “per vietare completamente ai datori di lavoro di imporre un patto di non concorrenza ai lavoratori”, una decisione rilevante per il mercato del lavoro e che fa discutere anche al di là dei confini americani.
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In cosa consiste il patto di non concorrenza e i suoi risvolti
Si tratta di un contratto in cui un dipendente si impegna a non fare concorrenza al datore di lavoro, una volta terminato il rapporto di lavoro, una pratica che, secondo gli economisti, limita la diffusione della conoscenza, con effetti negativi sull’innovazione e la crescita.
Come ha osservato la FTC, è evidente che il libero flusso di talenti favorisce invece la crescita e l’innovazione:
“… le prove esistenti indicano che i patti di non concorrenza riducono l’innovazione e la concorrenzialità nei mercati dei prodotti e dei servizi. Gli studi dimostrano che vincolare i lavoratori riduce la capacità innovativa, limitando il trasferimento di informazioni e conoscenze tra le imprese. Impedendo ai lavoratori di avviare un’attività in proprio e restringendo il potenziale di talenti disponibili per l’assunzione da parte delle startup, le clausole di non concorrenza riducono anche l’imprenditorialità e la formazione di nuove imprese. Questo, a sua volta, abbassa la qualità dei prodotti e aumenta i prezzi”.
L’azione rapida per vietare i patti di non concorrenza è un passo importante per promuovere la libertà dei dipendenti, l’innovazione e l’economia. Le persone hanno il diritto primario di fare le proprie scelte di carriera. Queste decisioni hanno un impatto sulla loro vita e sulla loro crescita professionale e non dovrebbero essere dettate da avvocati e aziende. Si tratta di dare fiducia ai dipendenti. Nessuno è motivato a dare il meglio di sé sotto la minaccia di un’incognita o quando è bloccato in un posto di lavoro. La mobilità dei talenti ha creato le aziende più innovative del mondo. Vietare i vincoli di non concorrenza è un bene per le imprese, l’innovazione e la crescita economica.
Secondo la FTC, i non concorrenti stanno sostanzialmente rinchiudendo i lavoratori, il che significa che non sono in grado di adeguare i lavori migliori per loro. Se questa regola dovesse entrare in vigore costringerebbe invece i datori di lavoro a competere più vigorosamente sui lavoratori in modo da portare a salari più alti e migliori condizioni di lavoro, iniettando sostanzialmente concorrenza nel mercato del lavoro.
Sempre secondo la FTC si stima che “vietare i contratti di non concorrenza aprirebbe nuove opportunità di lavoro per 30 milioni di americani e aumenterebbe i salari di 300 miliardi di dollari all’anno”.
E questo approccio lo sposiamo anche noi di Veeva. Coerentemente con il nostro impegno di vecchia data per l’abolizione degli accordi di non concorrenza sosteniamo, infatti, la proposta di legge della Federal Trade Commission. Per oltre un decennio Veeva si è impegnata contro l’uso dei contratti di non concorrenza e ha lottato affinché venissero vietati a livello nazionale. L’azienda, infatti, non ha mai chiesto ai dipendenti di sottoscrivere accordi di non concorrenza come condizione per l’assunzione e non ha permesso che un patto di non concorrenza esistente le impedisse di assumere un candidato qualificato.
E in Italia, è altrettanto importante?
Il tema non è così dibattuto, la legge prevede solo requisiti minimi, senza fornire un quadro dettagliato. Tuttavia, nel nostro paese il 16 per cento dei dipendenti del settore privato, ossia circa 2 milioni di lavoratori, è vincolato da una clausola di non concorrenza, ma la maggior parte non rispetta i requisiti minimi previsti dalla legge. Forse è giunto il momento di aprire il dibattito anche in Italia.