Due terzi dei dipendenti italiani ritiene che, nei prossimi cinque o dieci anni, automazione, robotica e intelligenza artificiale influenzeranno positivamente il loro lavoro. L’80% considera positivamente l’impatto che la tecnologia potrà avere sul mondo del lavoro, in generale.
A darne evidenza l’ultima edizione del Randstad Workmonitor, l’indagine trimestrale dedicata al mondo del lavoro condotta in 34 Paesi, che coinvolge in Italia oltre 1600 lavoratori dipendenti fra i 18 ed i 65 anni.
Lo studio ha rivelato come sia diffuso un atteggiamento favorevole dei lavoratori italiani nei confronti dell’intelligenza artificiale, vissuta come per migliorare il modo di lavorare e uno stimolo per acquisire nuove competenze. È emerso anche che l’offerta e la padronanza di competenze digitali non è ancora sufficiente a gestire un cambiamento sociale, culturale e tecnologico profondo. Infatti, gli italiani sono i primi nel mondo del lavoro a vivere come un obbligo la necessità di sviluppare nuove competenze e tenersi aggiornati per tenere il passo con i progressi digitali (80%), a tal punto che l’87% sente la necessità di acquisire continuamente nuove digital skills per mantenersi competitivi sul mercato. La carenza di attenzione sulle competenze digitali è avvertita dagli italiani sia nelle imprese, dove solo il 41% offre corsi di formazione sull’argomento ai propri dipendenti, e nelle istituzioni scolastiche e universitarie, che solo secondo il 50% dei dipendenti forniscono agli studenti le conoscenze necessarie per prepararli ai lavori del futuro. A queste mancanze i dipendenti sopperiscono investendo autonomamente nella propria formazione digitale (56%).
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L’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro
Otto italiani su dieci ritengono che l’impatto della tecnologia sul mondo del lavoro crescerà e l’80% vive le nuove tecnologie come un’opportunità (l’80%, +6% sulla media globale e 10% sulla media europea). In Europa soltanto Grecia (82%) e Portogallo (83%) sono più ottimisti. Il 65% dei lavoratori, invece, è convinto che automazione, robotica e intelligenza artificiale avranno un impatto positivo sul loro lavoro (+25% rispetto al 2014), sei punti in più rispetto alla media globale e ben dodici rispetto alla media dei paesi europei, fra cui soltanto la Polonia (68%) ha un atteggiamento più favorevole.
Il problema delle competenze
L’atteggiamento cambia se si guarda alle competenze necessarie per gestire i cambiamenti portati dall’intelligenza artificiale. Soltanto il 47% degli italiani ritiene che servirà un mix di abilità diverse da quelle già in loro possesso, contro il 58% della media globale. In Europa soltanto Austria (45%), Lussemburgo (45%), Olanda (45%), Grecia (43%), Ungheria (43%) e Svezia (40%) si mostrano più fiduciosi delle proprie competenze. Ma gli italiani sono anche i primi fra le popolazioni analizzate a sentirsi sotto pressione per restare aggiornati sugli sviluppi delle tecnologie digitali: l’80%, ben 33 punti in più della media globale e 38 più della media europea. L’87% dei dipendenti, inoltre, vuole acquisire più competenze per garantire la propria occupabilità in futuro (+7% rispetto alla media globale e +9% sulla media europea), dodicesimi nella classifica globale e quinti in Europa dietro a Polonia (88%), Spagna (88%), Portogallo (89%) e Romania (89%).