Nel corso di poco più di 30 anni si è assistito a un’evoluzione del processo di selezione del personale e degli strumenti utili ai recruiters nel condurre efficacemente la ricerca di potenziali candidati.
Negli anni ‘80 il boom tecnologico investe anche il settore del recruiting, fornendo ai selezionatori i primi micro-computer a supporto del loro lavoro. Negli anni ‘90 con la nascita del web – che rende il processo di selezione del personale molto più articolato – compaiono le “Job boards”, una delle tante possibilità offerte da un nuovo approccio definito e-recruitment, che si sostanzia prevalentemente nella possibilità di pubblicare annunci di lavoro su bacheche virtuali.
Dagli anni Duemila a oggi la tecnologia è diventata lo strumento che le aziende sfruttano per avere un vantaggio competitivo: la trasformazione digitale ha aperto spazi di collaborazione e di incontro differenti dal passato, mettendo in crisi i modelli tradizionali. Fra gli aspetti che vengono impattati da questa digital transformation, i processi di recruiting sono quelli più evidentemente coinvolti dal ripensamento delle attività HR, permettendo al selezionatore di passare da una lettura passiva e statica a un comportamento attivo, interattivo e dinamico con i candidati.
Oggi si ricorre sempre di più al social recruiting: un approccio che rispetto alle metodologie tradizionali risulta essere più dinamico e rapido nell’attrarre e reclutare ogni tipologia di candidati.
Quando si parla di social recruitment bisogna distinguerlo dal già citato e-recruitment, nato negli anni ‘90 negli Stati Uniti di pari passo con la diffusione del web. Quest’ultimo si avvale di strumenti come le Job Boards, le Job Alerts – ovvero l’invio di e-mail che segnalano agli utenti opportunità lavorative – e i siti web aziendali. Il Social recruiting invece è un fenomeno nato in concomitanza con la nascita del web 2.0 nell’era della condivisione digitale e consiste nella ricerca dei candidati attraverso molteplici social media.
Qual è allora il valore aggiunto apportato dall’utilizzo di strumenti digital nella selezione del personale?
Sicuramente la possibilità di entrare in contatto con un numero significativo di candidati – sempre più “nativi digitali” – e di estendere e ottimizzare le dinamiche di interazione, che riescono a diventare così più veloci e personalizzate.
Allo stesso tempo il selezionatore può raccogliere un maggior numero di informazioni sul candidato e può trovare profili mirati, anche tra coloro che non sono alla ricerca di nuove opportunità professionali, i cosiddetti “candidati passivi”.
Rispetto agli strumenti tradizionali e all’e-recruitment, il social recruiting diminuisce i costi di selezione, in quanto molte fasi del processo vengono automatizzate e informatizzate. Ad esempio la pubblicazione di un annuncio di lavoro su un portale come LinkedIn, ha costi inferiori rispetto a quelli richiesti da altre piattaforme online o giornali cartacei, mentre tramite Facebook si azzerano completamente tali costi.
Vengono inoltre ridotti i tempi della selezione: mentre nel processo di selezione offline si stima la necessità di circa quattro settimane di lavoro per coprire una posizione, nella ricerca online sono sufficienti due settimane; con i social media invece si riuscirebbe ad ottenere un risparmio del tempo fino al 75%, e il periodo necessario per la ricerca si ridurrebbe a circa una settimana.
Naturalmente il social recruiting è un approccio da integrare con il processo di selezione offline, in quanto il suo successo dipende pur sempre in buona parte dalle abilità dei recruiters.