L’esternalizzazione di alcuni processi aziendali in generale è una buona opportunità per le aziende, poiché consente di ottenere una variabilizzazione dei costi e la flessibilità organizzativa, soprattutto se riferiti ad attività non core-business, senza per questo rinunciare alla parte strategica e/o al valore aggiunto. Il tema è scegliere il modello di outsourcing: è qui che iniziano le difficoltà.
In tanti cercano nell’outsourcer la ‘soluzione a un problema’, cercando fornitori con la lanterna di Diogene, sempre alla ricerca del migliore. Probabilmente la gestione interna, ove possibile, è ottimale, ma il punto è se si può ancora permettersela. Chi non vorrebbe avere software, persone, dati e compliance a disposizione nell’ufficio accanto? Questo vale non solo per le paghe, ma anche per tanti altri processi.
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Scegliere il partner più adatto
Mentre la gestione interna di fatto si basa su un unico modello (compro, mi organizzo e gestisco), l’outsourcing presenta una moltitudine di variabili, basate tutte sulle relazioni-interazioni tra soggetti che fanno parte di due diverse organizzazioni.
Ora, il tema è: come scegliere? Non esiste il meglio, esiste solo il più adatto all’organizzazione attuale, quello in cui un Direttore del Personale possa identificare se stesso e la propria organizzazione. Ecco perché una rete di imprese è basata su aziende che svolgono la stessa attività con una collaborazione ‘orizzontale’ e non verticale e amplifica la possibilità di questa identificazione, riducendo i rischi progettuali.
Vincere la sfida della complessità
Un altro aspetto importante che distingue la gestione interna dall’outsourcing in qualsiasi processo è la durata del rapporto: una fornitura, una tantum, nasce secondo una logica di breve periodo, mentre un rapporto continuativo di servizio – basato su una relazione quotidiana – è necessariamente fondato su una visione di lungo periodo; poi ovviamente vanno gestite le clausole contrattuali, con le quali tutelarsi, ma in fondo il rapporto non può che iniziare con la logica di media-lunga durata, verificando costantemente e quotidianamente la coerenza rispetto a ‘scopo e obiettivi’, oggetto del contratto stesso.
«Euhrnet non è altro che l’estensione di questa visione che abbiamo con i nostri clienti, rafforzando il rapporto con loro grazie anche al contratto di rete tra di noi, aziende tanto uguali quanto diverse. Nell’immediato futuro abbiamo intenzione di condividere questa filosofia potenziando la nostra presenza in alcuni territori, magari estendendo alcune partnership ad aziende in grado di offrire servizi a valore aggiunto non necessariamente circoscritti alla parte specialistica e verticale del payroll, che rimane il nostro core business», spiega Ermanno Bini Chiesa, Presidente di Euhrnet. «In questo modo potremo offrire nuove opportunità ai nostri clienti, sempre in ambito HR, fidelizzandoli. La complessità e l’ipercompetitività del mercato di oggi non può che creare opportunità alle aziende che sapranno specializzarsi e interpretare l’eccellenza, declinandola attraverso un modello di servizio flessibile e sostenibile per i clienti, piccoli, medi o grandi che siano. Viceversa credo sia davvero dura».