Per far evolvere le organizzazioni in “org+”, in cui la cura delle persone sia centrale, bisogna pensare a una strategia in grado di produrre risultati misurabili e positivi sulla bottom line. È questa una delle otto competenze CHO ed è quello che ha portato avanti Aboca, l’healthcare company italiana che si occupa di cura della salute attraverso prodotti 100% naturali.
Il modello alla base di questo tipo di organizzazioni si fonda su quattro pilastri: cultura (quanto lo scopo dell’organizzazione è orientato a finalità collettive e al bene comune?), leadership (quanto imprenditore e manager hanno una leadership positiva, con esempio coerente si prendono cura delle persone, dei bisogni di sicurezza, connessione, realizzazione?), organizzazione (quanto sono presenti pratiche e strumenti per generare business e benessere ecosistemico attenti a collaboratori, clienti, fornitori?), strategia (quanto si è orientati a far fiorire e allenare la felicità come meta competenza del lavoro e della vita?).
Per questa chiusura di ciclo ho avuto l’onore di raccogliere la testimonianza di Massimo Mercati e Antonio Guarrera, rispettivamente Amministratore Delegato ed HR Manager di Aboca.
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Aboca, un esempio di intuizione imprenditoriale rivoluzionaria, legata fin dalle radici a una nobile causa che ha saputo far fiorire profitto e bene comune. Quali ingredienti fondanti nella strategia per unire con successo queste due dimensioni?
Massimo Mercati: In realtà più che un segreto o una formula particolare la cura delle due dimensioni del profitto e del bene comune sono da sempre saldate, sono un elemento costitutivo della nostra azienda, fin dalla sua fondazione.
Il nostro obiettivo è ricercare in natura soluzioni per la salute e la cura dell’uomo nel rispetto dell’organismo e dell’ambiente, pertanto questo approccio fa parte del nostro DNA da sempre. La vision coincide con il significato dell’impresa e infatti risponde alle domande: “What we stand for”, “Why we exist”, “che cosa ci stiamo a fare”, “perché esistiamo”. Le risposte a questi quesiti, nel caso di Aboca, rimandano a un preciso nucleo ideologico e valoriale, a un’identità chiara che portiamo avanti con coerenza, per non tradire noi stessi e la fiducia di tutti gli stakeholders.
È necessario riscoprire la funzione sociale dell’impresa, aspetto in cui tra l’altro l’Italia ha da sempre una visione avanzata. Basti pensare a pensatori del Settecento come Antonio Genovesi, che a Napoli fu il primo titolare di una cattedra in Economia in Italia, a Giacinto Dragonetti, o a pensatori contemporanei come Stefano Zamagni che promuovono le tesi dell’Economia Civile. Mi piace ricordare anche Stefano Bartolini e il suo concetto di “Economia della felicità”. Ci facciamo portavoce di queste scuole di pensiero anche attraverso le pubblicazioni di Aboca Edizioni, dando un contributo al dibattito e alla diffusione di questi concetti. E non scordiamo che Aboca dal 2018 è una Società Benefit (l’Italia è stato il primo Paese in Europa ad adottare il modello delle Benefit Corporations), un istituto giuridico che consente alle imprese di bilanciare profitto e bene comune, inscrivendo nello statuto degli specifici obiettivi socio-ambientali, impegni verso la comunità e il territorio. A coronamento di questo abbiamo richiesto e ottenuto anche la certificazione B Corp, un’attestazione internazionale che certifica che un’azienda opera secondo i più alti standard di performance sociale e ambientale.
Una direzione HR attivata in Aboca nel 2008 a sostegno di un progetto di impresa che coniugava crescita economica, equità sociale, rispetto dell’ambiente fin dal 1978. Quali priorità per l’evoluzione sostenibile dell’organizzazione e delle persone?
Antonio Guarrera: Aboca è cresciuta molto nel tempo, in particolare negli ultimi 10 anni. Affinché un’organizzazione come la nostra possa proseguire con coerenza il proprio percorso è necessario porre particolare attenzione alla formazione continua delle persone e alla condivisione dei valori. Spesso si parla di azienda come “famiglia”, o come “comunità”. Per far sì che questo sia reale è necessario lavorare su percorsi personalizzati per la crescita delle persone, per fare in modo che ognuno viva l’appartenenza al gruppo di lavoro in sintonia con gli obiettivi dell’azienda.
Dal punto di vista organizzativo, già prima della pandemia avevamo adottato lo Smart Working, che ora per i nostri uffici è diventata la forma di lavoro preponderante. Abbiamo puntato molto sulle infrastrutture digitali per rendere possibili a distanza operazioni che un tempo erano svolte solo in presenza. Per quanto riguarda la fase agricola e quella di produzione industriale, quest’anno abbiamo sviluppato nuovi meccanismi di turnazione e stringenti protocolli di sicurezza, per far sì che il lavoro fosse garantito e potesse proseguire senza rischi.
Ma per un’evoluzione sostenibile, al di là dell’esperienza specifica di questo anno, è necessario sviluppare buone pratiche che favoriscano un ambiente di lavoro sano. Le iniziative in tal senso sono molteplici, dal car pooling alla mensa a km zero, dalla cura degli ambienti di lavoro ai benefit per i dipendenti.
Quale leadership manageriale è presente in Aboca per contribuire al progetto d’impresa? Nuove prospettive per il new normal?
Massimo: Il manager non è un capo che impartisce ordini con un logica top-down, ma un leader che funge da nodo centrale di un network. Dal nostro studio della natura traiamo molte lezioni importanti, una di queste è che la “rete” è il modello organizzativo più diffuso ed efficiente in natura, consente la trasmissione di valori e significato ed è anche la struttura più “resiliente”, capace di adattarsi in modo dinamico anche di fronte a eventi traumatici.
La pandemia ha confermato che il lavoro del futuro sarà sempre più digitale, e senz’altro molti spostamenti o riunioni potranno essere svolte in modo più rapido e più agile, con un contenimento sia a livello di costi che di impatto sull’azienda e sul tempo di ciascuno di noi. Penso soprattutto ai nostri rapporti con le filiali e i collaboratori all’estero, che si sono in un certo senso “avvicinati” grazie alle tecnologie. È stato un passaggio epocale fatto in poche settimane; l’azienda è stata molto brava in questo, ora dovremo però essere bravi a recuperare anche una vicinanza fisica, una dinamica interpersonale che non sia solo digitale. Lavoriamo quindi per favorire la nascita di una “via intermedia”, che tenga conto della lezione che abbiamo imparato e dei benefici che abbiamo tratto, ma che consenta alle persone di vivere una vita non esclusivamente elettronica.
Persone al centro di questo sistema vivente: positive e felici? Quali processi e pratiche per monitorare lo stato d’animo e l’ingaggio dei collaboratori?
Antonio: Di positività e felicità parliamo con tutti i nuovi dipendenti al momento dell’ingresso dell’azienda, è uno dei primi temi che affrontiamo, perché vogliamo che il “sorriso” sia il nostro dress-code. Non è una bizzarria un po’ freak, ma la convinzione scientifica che lavorare in un ambiente sano dal punto di vista delle relazioni sia assolutamente fondamentale.
Sono molti i progetti attivi, alcuni sono strumenti già utilizzati, altri sono tappe di un percorso di crescita. Stiamo lavorando molto sullo sviluppo delle competenze e su processi che aiutino individualmente ogni componente dell’organizzazione a migliorarsi, in un percorso che non vuole essere di giudizio ma in primis di valorizzazione dei campi e delle conoscenze e abilità in cui il singolo eccelle (i propri punti di forza), anche attraverso la condivisione di obiettivi chiari e misurabili.
La nostra è un’azienda che si occupa di salute, pertanto il benessere che portiamo fuori dobbiamo viverlo per prima cosa all’interno. E lo facciamo attraverso azioni semplici, ad esempio con servizi che consentano l’incontro e la condivisione, anche in un periodo in cui per molti il lavoro a distanza è la normalità. Penso alla ginnastica quotidiana o alla pausa caffè che abbiamo proposto durante il primo lockdown tramite Microsoft Teams. Così come mi vengono in mente i numerosi benefit che fanno crescere la qualità della vita, dalla mensa al CRAAL. Sono tutti elementi molto concreti, che aiutano ciascuno a vivere al meglio il lavoro.