Il benessere lavorativo sta diventando un elemento chiave per le aziende e un fattore decisivo nella scelta di un nuovo impiego per molti italiani.
Complice la pandemia che ha portato questo tema all’attenzione generale, oggi il benessere è riconosciuto come cruciale per l’esperienza quotidiana delle persone in azienda. Sempre più spesso accade che quando i dipendenti non percepiscono in modo positivo l’ambiente in cui lavorano mettano in discussione la loro permanenza, fino a maturare la decisione di lasciare l’azienda.
È un tema così attuale e critico che ogni organizzazione dovrebbe mettersi in discussione, capire cosa sta facendo per preservare il benessere lavorativo e comprendere come prevenire situazioni di questo tipo.
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Che cosa si intende per benessere lavorativo
Il benessere lavorativo abbraccia molti più aspetti di quello che comunemente si possa pensare, si riferisce allo stato di soddisfazione e salute psicofisica che un individuo sperimenta nel contesto in cui opera e tocca i tre ambiti fisico, psicologico e relazionale.
Così come ha sottolineato, in occasione dell’ultimo Convegno dell’Osservatorio HR Innovation Pratice, il suo Responsabile scientifico Mariano Corso: «Il mondo del lavoro negli ultimi anni è stato interessato da una vera e propria rivoluzione e la ricerca del “vivere bene” è una risposta alle incertezze emergenti: se in passato il lavoro era il centro delle aspirazioni e dei progetti di autorealizzazione per crescere anche di ruolo e status sociale, ora la fragilità del futuro sembra spingere le persone soprattutto a stare bene qui ed ora. Nel lavoro si cerca un benessere economico e mentale, in cui la flessibilità nei tempi e luoghi è fondamentale».
E uno dei cambiamenti principali riguarda ciò che le persone considerano fonte di benessere: non solo uno stipendio adeguato e benefici economici, ma anche un’esperienza lavorativa che rispecchi le loro aspettative e stili di vita, contribuendo così al loro benessere. I dipendenti vogliono essere ascoltati, interagire con l’azienda e vedere che l’organizzazione investe tempo ed energie per migliorare la loro “vita a lavoro”. Questo vale particolarmente per le nuove generazioni, che rappresenteranno presto una parte significativa della forza lavoro.
Perché è importante occuparsi del benessere lavorativo
Guardando l’altro lato della medaglia, questo tema è cruciale non solo per la soddisfazione personale del lavoratore, ma anche per la produttività e il successo complessivo dell’organizzazione. Un buon livello di benessere lavorativo può favorire:
- aumento della produttività: dipendenti soddisfatti e motivati tendono a essere più produttivi. Un buon livello di benessere può migliorare l’efficacia e l’efficienza nel lavoro quotidiano;
- riduzione dello stress e del burnout: in un ambiente lavorativo salutare non ci sono le condizioni che possono portare a problemi di salute fisica e mentale.
- miglioramento del morale, della motivazione e dell’engagement: quando i dipendenti si sentono apprezzati e sostenuti ne risente positivamente anche l’ambiente di lavoro che diventa più positivo e collaborativo. Inoltre, secondo la ricerca dell’Osservatorio del Polimi, la percentuale di persone pienamente ingaggiate al lavoro, che mediamente si assesta al 19%, nelle organizzazioni che si occupano del benessere dei loro dipendenti sale al 54%. Rientrano in questa categoria le aziende che comunicano adeguatamente le iniziative implementate, le disegnano in linea con i bisogni delle persone e ne consentono una fruizione semplice e chiara. In queste condizioni, la percentuale di felici al lavoro, sale dal 5% al 23%;
- riduzione dell’assenteismo: un buon livello di benessere lavorativo comporta anche una minore incidenza di assenze per malattia, in quanto dipendenti tendono a essere più sani, sia fisicamente sia mentalmente;
- retention: le organizzazioni che investono su questa dimensione riescono a trattenere il personale più a lungo, riducendo i costi associati al turnover e alla formazione di nuovi assunti;
- attraction: un ambiente lavorativo che promuove il benessere è attraente per i potenziali dipendenti;
- immagine aziendale: le organizzazioni che si prendono cura delle persone in azienda godono di una migliore reputazione sul mercato, il che può tradursi in vantaggi competitivi.
Come rendere efficaci le iniziative di wellbeing in azienda
Secondo le ricerche condotte da Jointly e dall’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano – i cui risultati, raccolti in un white paper, saranno presentati il 26 novembre durante il webinar “Corporate Wellbeing: perché la risposta è in un approccio sistemico (integrato)” -, per ottimizzare gli esiti di queste iniziative non serve investire di più, ma farlo meglio. Le analisi dimostrano che lo si fa ancora poco rispetto alle iniziative legate al benessere e all’ingaggio (benessere fisico, psicologico e relazionale, sviluppo professionale e bilanciamento vita-lavoro), preferendo i benefit di welfare tradizionale.
In pratica, è essenziale superare un approccio al benessere puramente “individuale” e adottare una prospettiva “corporate”, con iniziative coerenti che riguardino l’esperienza delle persone a tutto tondo, sia all’interno sia all’esterno dell’organizzazione.
Per farlo bisogna stabilire una strategia unica e integrata per i progetti di supporto al benessere, evitando dispersione di energie e comunicazioni contraddittorie ai dipendenti, con l’obiettivo di dare alle persone una visione chiara di tutte le iniziative già implementate dall’organizzazione. Inoltre, deve esserci un monitoraggio continuo: solo così è possibile rispondere ai reali bisogni dei dipendenti e avere un impatto positivo sull’organizzazione.
In questo quadro gioca un ruolo primario la Direzione HR, che, da un lato, deve affrontare il tema del benessere in maniera sinergica per fornire una visione organizzativa unitaria, dall’altro, deve sviluppare competenze analitiche per definire obiettivi e monitorare costantemente l’efficacia delle iniziative proposte.