Come diverse realtà del nostro Paese, anche ATM ha abbracciato uno stile di leadership e organizzazione che mette al primo posto il benessere delle persone. Come? Attraverso l’adozione di pratiche positive.
Esiste infatti una correlazione molto forte tra buone pratiche di lavoro positive ed effetti sui lavoratori in termini di soddisfazione ed equilibrio, si innesta un circolo virtuoso con effetti amplificati sull’ingaggio e la fiducia. La nuova prospettiva include e rispetta le dimensioni individuali e di gruppo con una specifica attenzione all’esempio e alla coerenza da parte dei leader dell’organizzazione. Attraverso questa competenza si possono creare e implementare pratiche e strumenti per generare positività verso tutto il sistema di collaboratori, clienti, fornitori, investitori, stakeholders. Sono pratiche che generano chimica positiva, sviluppano più capitale sociale e coltivano l’essere umano. Non è un caso che le positive practices siano la sesta competenza del Chief Happiness Officer, dopo strategic thinking, organization epigenetics, evolutionary cultural change, energy management, positive leadership.
Per questa competenza applicata all’organizzazione oggi ho il piacere di raccontare l’esperienza di ATM, attraverso l’intervista che ho fatto a due sue manager dell’area HR: Emanuela Salati, Direttore formazione, selezione e welfare, e Simona Zandonà, Responsabile welfare.
Indice degli argomenti
Emanuela: Le neuroscienze sono un patrimonio di nuovi stimoli a supporto dello sviluppo di pratiche organizzative positive? Come accendete la chimica positiva in ATM?
Le neuroscienze stanno portando importanti contributi per migliorare il nostro agire consapevole e supportare la nostra capacità di generare relazioni empatiche. Ad esempio ci hanno confermato anche dal punto di vista neuroscientifico e spiegato il perchè la cooperazione e l’inclusione siano cosi importanti per generare un clima di fiducia di un gruppo e quindi aumentarne le prestazioni. È stato infatti dimostrato che la nostra reazione cerebrale all’esclusione è pari a quella di un dolore fisico. I danni dell’esclusione sono inoltre registrati anche nel cervello di chi esclude poiché tale attività richiede un grande dispendio di energia. L’investimento quindi dei capi nel generare coinvolgimento ed inclusione, nel dare fiducia, anche con piccoli accorgimenti è quindi molto vantaggioso anche economicamente. La capacità di essere maggiormente consapevoli di questi meccanismi non può che portare oltre alla crescita del soggetto anche alla costruzione di relazioni organizzative più adulte e senz’altro più efficaci ed efficienti. Una recente ricerca dell’Universitá Cattolica di Milano ha messo in luce come di fronte ad un task da svolgere il gruppo con un mandato di azione cooperativa ha sistematicamente superato quello con mandato competitivo. Cooperare migliora la performance e attiva le aree delle emozioni positive e della gratificazione. Quando cooperiamo o ci prendiamo cura delle persone siamo premiati con sensazioni di sicurezza, appartenenza e di appagamento. È l’effetto di serotonina e ossitocina che ci aiutano a rinforzare i legami sociali e a instaurare rapporti di fiducia in modo da aiutarci reciprocamente. Al contrario quando siamo sotto stress per un lungo periodo diventiamo vittima del cortisolo, l’ormone dello stress, che può portare nel lungo periodo a danni fisici e soprattutto a uno stato di allerta che sequestra energie alle funzioni esecutive togliendoci lucidità. Il cortisolo peraltro inibisce l’ossitocina, rendendoci meno empatici, più egoisti, preoccupati più dei nostri interessi che dell’azienda. Sulla scorta di questi apprendimenti abbiamo sviluppato e coinvolto le nostre persone, soprattutto i responsabili, in percorsi formativi sulla fiducia, in corsi sul neurochange che fanno toccare con mano attraverso esperimenti l’efficacia della cooperazione. Abbiamo anche organizzato palestre di formazione sulla gestione del feedback e stimolato percorsi di mentorship interni. Tutto con l’obiettivo di allenare le nostre persone a sapersi “sintonizzare” empaticamente e percepire i vantaggi fisici, emotivi e di performance di un clima positivo.
Simona: le nuove frontiere del welfare mettono veramente le persone al centro consapevoli dell’impatto sul benessere organizzativo. Quali pratiche positive per coltivare l’essere umano?
La missione del Welfare ATM è quella di supportare il benessere dei dipendenti partendo dalla qualità dell’esperienza lavorativa. Tale scelta richiede un miglioramento continuo dei processi organizzativi e un investimento in un management consapevole in grado di agire una ‘positive leadership’. Lavorare per il benessere organizzativo per ATM significa investire in progetti e azioni concrete. Il sistema per il benessere si compone di quattro pilastri (Work-life balance, Wellbeing, Age management e D&I). Il modello di intervento si basa sull’intercettare fenomeni e bisogni emergenti trasformando la complessità in opportunità di crescita delle persone e dell’organizzazione e della comunità in cui ATM opera.
Emanuela: la sperimentazione per lo sviluppo organizzativo è sempre in azione: nuove pratiche per valutare la performance che valorizzino la partecipazione con ‘più noi’ e ‘ meno io’?
La valutazione delle performance è un processo complesso e delicato. È necessaria un’ottima capacità di eterocentratura e autostima personale per farla e spesso diventa un mero processo burocratico.
Abbiamo deciso di metterci alla prova sperimentandoci su questo livello di maturità personale e professionale attraverso gli strumenti neurometrici. L’esperimento, effettuato da più realtà organizzative diverse, ha consentito di monitorare un gruppo di manager durante il colloquio di feedback tramite la tecnica dell’hyperscanning, che consente di registrare simultaneamente l’attività cerebrale di due soggetti coinvolti in un’interazione verbale e non verbale.
Tra gli output emersi eccone alcuni relazionalmente interessanti:
- lo stile di leadership più efficace è quello partecipativo poiché genera un’elevata sintonizzazione tra i due interlocutori (una vera e propria capacità da allenare consapevolmente);
- l’assenza di rating ha un impatto sul collaboratore: più consapevolezza e coinvolgimento, meno difesa;
- l’Utilizzo del «noi» attiva il coinvolgimento degli interlocutori molto di più del “tu”.
Ne sono derivate alcune proposte applicative tra cui l’opportunità di eliminare il rating e quello di incentivare uno stile di gestione del colloquio partecipativo orientato sul futuro, creando un senso comune e uno scopo oltre a coresponsabilizzare entrambi gli attori del processo. Infine la cultura del “chiedere feedback” è risultata molto più utile e accettata di quella del “dare feedback”, perché così non vengono sollecitate le difese istintive del nostro cervello di fronte a un processo valutativo che potrebbe minacciare la nostra identità e autostima.
Simona: avete colto con coraggio la sfida dell’age management introducendo una specifica attenzione a un bisogno primario accelerato dalla pandemia ‘salute e sicurezza’: quali pratiche positive?
Nel 2014 abbiamo avuto un’intuizione, allora pioneristica: integrare nell’esperienza lavorativa l’importanza di una vita sana, longeva che metta in grado, azienda e persona, di investire sulla propria workability/employability. Parallelamente, si è investito in una organizzazione TEAL che sia in grado di valorizzare l’età e l’esperienza lavorativa, come plus per l’azienda e per il suo brand. Gli ambiti sviluppati sono 3: gestione e organizzazione; salute, sicurezza e benessere; motivazione e competenze.
La tre azioni fondamentali nel definire i Piani di Azione in ATM sono state: la creazione di un Age Team interfunzionale (HR e manager di linea), e coinvolgere i medici del lavoro e realizzare un Cruscotto Direzionale che analizza i dati HR in cicli di vita. A seguire, sono derivati molti progetti di prevenzione per la salute, di formazione per l’aggiornamento delle competenze e di engagement per gli over 55, come il progetto Maestri di mestiere o il Bilancio di carriera che ha consentito ad un gruppo di manager e impiegati di rinnovare la progettualità investendo di nuovo sul futuro.
Intanto, riprendiamo il viaggio per la settima tappa, ci ritroviamo a inizio giugno con la competenza “Positive organizational management: Aggiorna i processi”, testimoni di questa esperienza: Stefania Bollati e Davide Boccardo di Daviness