Scrivere un annuncio di lavoro capace di attrarre il candidato giusto soddisfacendo le principali metriche del recruiting (tempo medio di assunzione, tasso di accettazione dell’offerta, diversità dei candidati, e le altre) non è certo cosa facile. Soprattutto in un momento davvero particolare in cui il Talent Shortage rischia di mettere in pericolo il futuro delle imprese. Non è un caso che Gartner abbia individuato nel recruiting uno dei grandi trend HR da tenere sotto controllo.
È così che oggi, in un mercato del lavoro sempre più concorrenziale, il job posting, ovvero l’attività di pubblicazione delle offerte di lavoro sulle diverse piattaforme digitali, si evolve rientrando a buon diritto nell’arte della comunicazione e il job post diventa job advertisement (o job ads), ponendo l’enfasi sull’aspetto “pubblicitario” dell’annuncio.
Per guidarci dunque in questa nuova sfida abbiamo chiesto a Indeed, la piattaforma di recruiting presente a livello mondiale in 60 Paesi e disponibile in 28 lingue, utilizzata ogni mese per cercare lavoro da oltre 300 milioni di utenti, di chiarirci alcuni dubbi e darci qualche consiglio pratico. A rispondere alle nostre domande Gianluca Bonacchi, Senior talent strategy advisor dell’azienda.
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Quali sono gli elementi chiave da includere in un annuncio di lavoro perché sia efficace oggi?
«Prima di tutto bisogna partire da qual è l’obiettivo dell’annuncio di lavoro, che ritengo debba essere quello di farsi trovare. Perché per quanto ci si possa impegnare a scriverlo nel migliore dei modi, se non viene intercettato da chi cerca posizioni per quel ruolo, il suo risultato sarà comunque deludente. Il trucco è dunque quello di porsi nei panni del candidato ideale e chiedersi che cosa potrebbe cercare, e come. In quest’ottica scegliere il giusto job title diventa fondamentale, ma non finisce qua.
Una volta fatto questo, l’annuncio deve essere funzionale a due aspetti: il primo è far capire alla persona se ha i requisiti necessari per fare quel lavoro, se è la persona giusta; il secondo dare gli elementi per far comprendere se quel lavoro e quell’azienda sono giusti per lui o per lei.
Altre cose che incidono sul tasso di conversione del job post sono la retribuzione e i benefit offerti dall’organizzazione. E poi c’è la dimensione aziendale che oggi è più importante rispetto al passato. Da qui la necessità di riuscire a raccontare un po’ dell’organizzazione e farlo in modo tale da renderla interessante al target. Purtroppo, però, ancora oggi troppo spesso le aziende finiscono con usare il trafiletto standard, che racconta ben poco. Oggi i candidati vogliono conoscere tutte le sfaccettature, e capire se i valori dell’azienda sono allineati ai propri, per esempio anche come si approccia ai temi della Diversità e Inclusione, allo Smart Working, e altro ancora».
Come scegliere il tono giusto da usare in un job post? Parlare in prima o terza persona?
«Scegliere il tono giusto dipende molto da che cosa si vuole trasmettere. Tuttavia in generale la cosa migliore è parlare in un modo quanto più umano e diretto possibile con la persona. E quindi in prima persona. Creare un legame sin da subito può fare la differenza. Tuttavia, è chiaro che alcune aziende un po’ più tradizionali prediligano un tono più formale e distaccato, ed è giusto che facciano così per non creare aspettative alle quali non sono allineate».
Che accortezze avere per essere inclusivi e superare la disparità di genere quando si scrive un annuncio di lavoro?
«Partiamo intanto dal presupposto che la tecnologia riesce a leggere qualunque sia il modo in cui scriviamo. Quindi a prescindere dal fatto che si usi il maschile, il femminile o il plurale – addetto o addetta, esperto o esperta o anche esperti −, il candidato troverà comunque il nostro annuncio.
Ciò detto, io credo che oggi il linguaggio abbia bisogno di essere quanto più inclusivo possibile. Non sta certamente a me decidere se utilizzare l’asterisco o quale sia la modalità più consona, per questo bisognerà capire come evolverà il linguaggio. Sicuramente però bisogna cercare di fare il massimo in tal senso: nel caso specifico può voler dire usare formule come “addetto e addetta”, “candidato e candidata”. Nel titolo è chiaro che andrà usato il singolare, a meno che non si stiano assumendo molte persone, viceversa il plurale rischierebbe di annullare quel senso di urgenza necessario per richiamare più candidati nel breve periodo. Però, all’interno del corpo dell’annuncio di lavoro, è possibile invece giocare un po’ sul plurale parlando magari dei “candidati ideali” trascendendo così dal genere. Questo è secondo me un primo trucchetto utilizzabile, però per essere inclusivi c’è anche tanto altro da fare.
Essere inclusivi non è semplicemente andare a scegliere se scrivere al maschile o al femminile. Per esempio il tema della trasparenza salariale è strettamente legato all’inclusività, come ci sono parole che sono considerate più associate al genere maschile (quelle per esempio riguardanti la forza) e altre più al genere femminile (quelle per esempio riguardante gli aspetti emotivi come l’empatia). Usarle senza attenzione può comportare un’autoesclusione inconscia del genere non coinvolto.
Altra cosa è l’utilizzo di lunghi elenchi puntati per descrivere le caratteristiche richieste. Le ricerche dimostrano infatti che le donne tendono ad autoescludersi di più quando c’è una lunga lista di requisiti perché vogliono rispecchiarne una percentuale più alta di quelli rispetto agli uomini. In questo caso la posizione può essere per esempio descritta raccontandola per far sì che la persona possa immaginarsi in quel ruolo e capire se potrebbe essere in lizza».
Quali informazioni dovrebbero essere presenti nel paragrafo introduttivo del job post per essere più attrattivo?
«In realtà non esiste una risposta giusta. Il mio suggerimento, poiché l’intento delle prime righe è quello di convincere le persone a continuare a leggere, è partire dal fare matching tra chi sono e cosa cercano i nostri candidati ideali e quello che abbiamo da offrire, soprattutto se questa offerta si distingue da ciò che comunemente viene proposto per quello specifico ruolo. Per esempio: se la retribuzione è sopra la media è il caso di porlo subito in evidenza, così come se si offre un contratto a tempo indeterminato quando in genere viene richiesta la partita IVA. Certamente differenziarsi dai competitor, e dichiararlo subito, consente di attirare un maggior numero di candidati.
Tuttavia non è sempre detto che ci sia qualcosa di particolarmente distinguente da mettere sul piatto e spesso oggi il paragrafo iniziale è dedicato alla descrizione dell’azienda perché ci si è resi conto di quanto questa sia importante. Ma ripeto, tale descrizione deve essere incentrata attorno alle persone e non generica poiché non coinvolgerebbe alcun potenziale candidato».
Quanto incide sul successo di un job post indicare lo stipendio? E perché è utile inserirlo non solo ai candidati ma anche all’azienda?
«Oggi la direttiva dell’Unione europea sulla trasparenza retributiva va sicuramente nella direzione giusta, tuttavia ritengo che non bisogna cambiare solo perché c’è una legge che ci obbliga a farlo. Bisogna cambiare per vari motivi: uno, perché vogliamo fare davvero la differenza e sappiamo che la trasparenza salariale contribuisce ad abbassare il gender pay gap; due, perché inserire il range salariale ha un grande impatto sui risultati di un annuncio di lavoro. In Italia, stando a quanto rilevato da Indeed, un annuncio che riporta il range salariale riceve fino al 60% di candidature in più. Questo è un impatto enorme se lo mettiamo in relazione alla fase di Talent Shortage che stiamo vivendo. Però non è solo questo. Vuol dire anche portare in azienda persone che hanno le aspettative in linea con essa, già da prima di inviare la candidatura, e quindi potenzialmente ridurre il turnover. Eppure in Italia siamo molto indietro riguardo a ciò. Circa un anno fa abbiamo guardato su Indeed la percentuale di annunci di lavoro che avevano uno stipendio associato e in Italia eravamo al 10%, quindi ben poco».
Quanto incide offrire la possibilità di praticare Remote Working sul tasso di risposta di un annuncio?
«Dare un dato preciso su quanto il lavoro da remoto influenzi il tasso di riposta a un annuncio di lavoro non è semplice visto che si va ad ampliare enormemente il bacino di potenziali candidati. Ad ogni modo possiamo dire ovviamente che negli ultimi tre anni c’è stato un aumento di interesse da parte dei candidati e delle candidate verso questo tipo di opportunità. Ci sono persone che addirittura cercano lavoro partendo da parole chiave quali “ibrido” o “remoto”, tanto che se si offrono queste opportunità è importantissimo inserirlo nell’annuncio e renderlo visibile fin da subito (vedi sopra).
Oggi il tema flessibilità è importantissimo e si declina anche in modo molto diverso a seconda del tipo di ruolo e del tipo di azienda. “Ibrido”, “remoto”, “full Smart Working”, non sono le sole possibilità per offrire forme di flessibilità. Si pensi per esempio a chi lavora in produzione o nel retail dove viene comunque richiesta una flessibilità maggiore rispetto a prima che può riguardare per esempio gli orari di lavoro, il numero di giorni festivi, la possibilità di prendere ferie, la turnazione. Anche in questo caso, le aziende che riescono ad avere dei modelli organizzativi un po’ più innovativi che in qualche modo le differenziano rispetto a tutte le altre presenti sul mercato riescono oggi ad essere molto più attrattive rispetto alle altre».
Quali sono gli errori comuni da evitare nella stesura di un annuncio di lavoro?
«Al netto degli infiniti errori di battitura, ciò che riscontriamo spesso da parte delle aziende più strutturate che usano piattaforme per la pubblicazione degli annunci di lavoro è quello di inserire la località sbagliata selezionandola dal menu a tendina.
Da un punto di vista più strategico invece, riallacciandoci un po’ a quanto dicevamo all’inizio, l’errore che si trova ripetuto più spesso è una descrizione dell’azienda standard, ma anche quello di utilizzare un linguaggio interno specialmente per descrivere le posizioni meno tradizionali, il che rende l’annuncio meno rintracciabile».
La Generative AI (ChatGPT & C.) può essere utile nella creazione di un job post? E in che termini?
«ChatGPT può essere utile nella stesura di un job post per quanto riguarda l’aspetto del copy. Torniamo al fatto che oggi chi lavora nelle Risorse Umane in Italia deve ricoprire una vasta quantità di ruoli e quindi non è detto che la persona che poi si occupa di redigere l’annuncio sia particolarmente dotata nella scrittura e dunque capace per esempio di trasformare un elenco di requisiti richiesti in un racconto della posizione, quindi ChatGPT può essere molto utile in questi termini».
Quali canali di pubblicazione e promozione del job post possono essere utilizzati per raggiungere un’ampia audience di candidati?
«Qua non posso che parlare di quello che oggi abbiamo da offrire noi di Indeed, la piattaforma per cercare lavoro nel mondo che solo nel mese di giugno ha registrato oltre 14 milioni di visite. Tuttavia la cassa di risonanza non basta, se l’annuncio di lavoro non viene scritto per bene. Sono due aspetti che non possono vivere da soli: se ho un annuncio fatto benissimo, ma lo tengo nel mio cassetto non lo troverà nessuno, viceversa se pubblico su Indeed un annuncio di una riga di poco interesse non posso certo aspettarmi che succedano miracoli. Inoltre oggi le persone non vanno su Indeed solo per cercare lavoro, ma anche per informarsi sull’azienda. Sulla piattaforma, infatti, ogni organizzazione ha una sua pagina aziendale che raccoglie potenzialmente le recensioni dei dipendenti attuali e passati e anche il racconto dell’azienda stessa».