Prepararsi al futuro con le competenze giuste. La pandemia ha colto tutti di sorpresa e ha costretto le organizzazioni ad accelerare processi di digitalizzazione già in atto, ma a rilento, come l’adozione di infrastrutture e lo sviluppo di competenze digitali per assicurare la continuità del business. Oggi le aziende sono consapevoli che, guardando al futuro, dovranno puntare alla sostenibilità del lavoro, favorendo l’employability del proprio personale in un mondo che continuerà a cambiare per modelli di business, processi e prodotti.
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Employability con formazione e sviluppo orizzontale
Le previsioni concordano sulla necessità di sviluppare nuove competenze nei prossimi anni. Il Sistema Excelsior di Unioncamere ritiene che tra il 2020 e il 2024 le imprese italiane dovranno sostituire oltre 2,5 milioni di occupati e, ai nuovi, sarà richiesto un insieme di competenze digitali, sia di tipo hard (competenze tecniche legate all’utilizzo o alla comprensione dell’impatto di una data tecnologia rispetto al proprio ruolo), sia soft (competenze trasversali, che riguardano relazioni e comportamenti nei contesti lavorativi in chiave digitale). Un lavoratore su due è consapevole che dovrà aggiornare le proprie competenze nei prossimi due anni (fonte Osservatori Digital Innovation – Politecnico di Milano), ma il 15% non ha idea in che direzione, mentre il 30% pensa che non sarà necessario e l’8% prevede un cambio radicale di ruolo. Una grande sfida per le aziende è dunque quella di accompagnare in modo sostenibile l’evoluzione della propria forza lavoro, assicurandone l’employability nel tempo. Per “employability” si intende infatti porre le condizioni e fornire gli strumenti per garantire la competitività e l’“occupabilità” delle risorse nel tempo, nonostante il cambio di modalità e tipologie di lavoro in corso, per una sempre maggiore automatizzazione, robotizzazione e digitalizzazione dei processi di lavoro. Compito della divisione HR è proprio favorire una cultura della formazione continua, alimentando l’aggiornamento continuo delle competenze (upskilling), nonché il reskilling dei lavoratori dove necessario. Per adempiere a questo compito, si pone la sfida di comprendere che direzione prenderanno le competenze in futuro. A questo scopo, secondo le rilevazioni dell’Osservatorio del Politecnico di Milano “Futuro del lavoro ed employability: il ruolo della Direzione HR” (2021), le Direzioni HR stanno comprendendo l’utilità di piani di sviluppo orizzontali per acquisire anche competenze non legate al ruolo (44%). L’obiettivo è quello di far emergere più capacità e talenti nelle persone, anche non legati al ruolo attuale, ma che potranno rilevarsi utili in futuro, anche in chiave di flessibilità e interconnessione tra colleghi, divisioni e gruppi di lavoro. Infatti, i modelli organizzativi stanno evolvendo verso strutture più flessibili, organizzate in team multidisciplinari, in cui la definizione di ruoli e responsabilità è più fluida di un tempo e soggetta al cambiamento delle necessità organizzative e alle attitudini delle persone. In pratica, ogni persona potrà svolgere ruoli diversi all’interno dell’organizzazione, sia in progetti speciali temporanei, sia stabilmente nel tempo, cambiando funzione e lavoro. In tutto questo, entra in gioco anche la capacità delle divisioni HR di proporre percorsi di sviluppo e progetti che incrocino le aspettative, le preferenze e le inclinazioni dei singoli lavoratori, che hanno sempre più chiare le proprie priorità e aspettative. L’attenzione delle aziende alla loro unicità sta diventando una garanzia per essere attrattivi (“employer branding”) e trattenerli all’interno (“engagement”). Le nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale, si pongono all’incrocio tra prospettiva futura del lavoro e delle skill richieste e personalizzazione e flessibilità dei percorsi formativi e di sviluppo.
Sfruttare i dati per prepararsi al futuro
L’intelligenza artificiale può dare un forte contributo agli HR manager per vincere le sfide dei prossimi anni: prevedere le competenze che serviranno nei prossimi anni e preparare le persone perché continuino a essere risorse preziose per l’impresa (“occupabili”) e per assicurarsi una forza lavoro capace e flessibile in base alle esigenze del momento di carattere personale, aziendale e di mercato. Per prevedere ciò che sarà in termini di competenze, grazie a sistemi avanzati di analisi dei dati pubblici disponibili online, come le piattaforme di ricerca e offerta di lavoro e i network professionali, si potrebbe avere un aggiornamento in tempo reale dell’evoluzione dei profili richiesti dal mercato, in un continuo confronto con la propria forza lavoro e le proprie necessità di business. Quindi, algoritmi dedicati potrebbero suggerire come preparare le risorse con piani di formazione e sviluppo dedicati, in chiave trasversale oltre che funzionale. Al momento, però, le aziende tendono a usare programmi di intelligenza artificiale più in chiave di monitoraggio con la mappatura e la valutazione delle competenze disponibili all’interno (54%), che non in ottica previsionale e predittiva, con un’analisi del fabbisogno aziendale nei prossimi cinque anni (38%). Sarebbe invece molto utile avvalersi della velocità e capacità di calcolo e comparazione dell’intelligenza artificiale per comprendere l’evoluzione e formare già nella direzione futura le proprie persone.
Il digitale per una formazione personalizzata
L’altra sfida è quella di personalizzare piani formativi e di sviluppo, incrociando le esigenze aziendali e di mercato con le specificità, i talenti e le preferenze individuali, in modo da essere più attrattivi sul mercato del lavoro e più ingaggianti e motivanti all’interno. Tuttavia, ad oggi, motori di intelligenza artificiale sono usati soprattutto per monitorare il livello di qualità e gradimento delle iniziative (74%) e per valutare l’introduzione di eventuali nuovi modelli e strumenti formativi (51%). Neanche una su due le aziende che personalizzano il percorso di crescita e sviluppo dei dipendenti (42%) e solo una su tre misura l’impatto sul business (32%). I margini di utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale sono dunque ancora ampi per supportare le sfide che le Direzioni delle Risorse umane devono affrontare. In particolare, le soluzioni formative digitali più diffuse sono le pillole formative (76%), sia per un auto-apprendimento asincrono, sia per rispondere alle necessità del momento, come prepararsi a una riunione o a un nuovo progetto, quindi con un uso molto flessibile. Seguono le community/social aziendali per comunità professionali o su progetti trasversali con chat e forum di stimolo e confronto (55%) e, a decrescere, app dispositivi mobili (37%) e soluzioni con logiche di gamification (22%). La presenza di algoritmi sottostanti, che catturino ed elaborino i comportamenti individuali dalle diverse fonti digitali, per proporre contenuti formativi ad hoc è invece ancora poco diffuso. In particolare, solo il 9% del campione della ricerca utilizza algoritmi di raccomandazione in base agli interessi e agli obiettivi individuali; il 6% in base ai compiti e alle attività che la risorsa dovrà svolgere e solo il 3% in base allo stile di apprendimento del discente.
Tuttavia, oggi sono disponibili sul mercato soluzioni che, con un unico cruscotto di indicatori, tengono insieme anagrafica, formazione e sviluppo della propria forza lavoro, superando la frammentarietà ed eterogeneità di sistemi spesso presenti in azienda. In particolare, Cornerstone Xplor, integrando a vari livelli i diversi sistemi aziendali, fornisce una mappa di sviluppo e carriera personalizzata, allineata sia al business attuale e futuro, sia alle preferenze e aspirazioni dei propri dipendenti. Il potente motore di ricerca sottostante, Cornerstone Skills Graph, incrocia automaticamente l’evoluzione delle competenze nei diversi settori, le collega allo specifico business e suggerisce come colmare i gap formativi per consentire uno sviluppo allineato il più possibile al futuro che verrà.