Competenze digitali

Come preparare i giovani e le donne ai lavori dell’era digitale: esperienze a confronto

Far fronte alla carenza di personale formato in discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), specie di sesso femminile? Dallo smart working all’introduzione di nuovi ruoli come il CVO (Chief Visionary Officer) al Maternity-as-a-Master e alla programmazione software nelle scuole elementari, ecco cosa si può fare. Se ne è parlato in un evento organizzato da CA Technologies Italia

Pubblicato il 27 Mar 2017

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Michele Lamartina, Country Manager CA Tecnologies Italy

Oggi, almeno il 90% dei professionisti che operano nell’economia digitale necessita di competenze tecnologiche specifiche in area STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica). Sulla base dei dati resi pubblici dalla EU Digital Skills & Jobs Coalition dell’Unione Europea, nel 2020 mancheranno 756mila risorse con skill digitali e la UE ha creato un programma ad hoc (EaSI, Employment and Social Innovation), finanziato con uno stanziamento di 815 milioni di euro nel periodo 2014/2020 per cercare di rimediare alla cronica mancanza di competenze tecnico-scientifiche nel mercato del lavoro del Vecchio Continente.

«Noi di CA Technologies crediamo di poter fare la differenza in quest’ambito – spiega il Country Manager di CA Technologies Italy, Michele Lamartina –. Entro il 2025, secondo una recente ricerca UE, ci saranno 7

Carlo Antonio Pescetti, Consigliere Delegato di Fondazione Sodalitas

milioni di posti di lavoro da coprire con risorse STEM, mentre in Italia solo l’1,4% dei giovani entro i 29 anni si laurea in queste discipline, percentuale che scende all’1,1% nelle donne. Meno del 30% delle donne lavora nell’ICT e solo il 19% in qualità di manager». Il digital gender gap, quindi, è più che mai una realtà in Italia. L’imperativo è attrarre più giovani e, soprattutto più donne, nel settore ICT e, più in generale, nel digitale. Le evidenze del report WomenActive in the ICT sector, stilato dalla Comunità Europea, mostrano che se il numero di donne nel settore ICT fosse pari a quello degli uomini, si genererebbe un incremento del PIL UE pari a 9 miliardi di euro l’anno. Lamartina cita l’iniziativa Digital Skills and Jobs Coalition, presentata lo scorso dicembre dalla Commissione Europea per rispondere al bisogno cronico di competenze digitali in Europa. Il programma promuove (e finanzia) la collaborazione tra Stati membri, aziende, parti sociali, ONG e operatori dell’istruzione sullo sviluppo di progetti utili a favorire percorsi scolastici e di carriera orientati alle discipline STEM. E CA Technologies, da parte sua, investe: «Abbiamo avviato un programma pan-europeo che si chiama Create Tomorrow per orientare gli studenti delle scuole secondarie verso gli studi universitari tecnico-scientifici e finora abbiamo coinvolto circa 6mila studenti, un terzo dei quali di sesso femminile».

La fotografia dello Stivale

“Donne e d

Virginia Ghisani, Partner di Key2people Executive Search

igital transformation: binomio vincente” è il titolo di una ricerca commissionata da CA Technologies Italy a NetConsulting Cube e Fondazione Sodalitas per mappare le competenze STEM nel nostro Paese e promuovere presso i giovani (e le donne in particolare) l’importanza della formazione tecnico-scientifica. L’indagine, condotta su un campione di 50 responsabili HR e 56 CIO di aziende italiane e 225 studenti di licei e istituti professionali, ha messo in luce come all’interno delle aziende la quota di addetti con ruoli tecnico-scientifici sia pari al 30% delle risorse complessive e, di queste, solo una piccola parte (il 13%) sia rappresentata da donne. Queste ultime si distinguono rispetto agli uomini per una miglior attitudine al problem solving, l’apertura al cambiamento, la disponibilità al lavoro in team, la creatività e l’orientamento al cliente, sottolineano i risultati della ricerca.

La minore presenza di donne nelle discipline tecnico-scientifiche e nelle professioni digitali è imputabile principalmente alla difficoltà di conciliare vita privata e lavoro, ai percorsi di carriera più “accidentati” rispetto agli uomini e alla scarsa disponibilità di soluzioni lavorative che favoriscano il work-life balance, come lo smart working e il part-time. E in azienda i tempi sono ormai maturi per implementare politiche utili a colmare il gap nei ruoli specifici: il 53% del campione sostiene di aver avviato policy di sviluppo delle pari opportunità di carriera e il 33% conta di introdurre a breve soluzioni lavorative flessibili per rispondere alle esigenze delle donne lavoratrici.

«Per scardinare gli stereotipi di genere, che vogliono relegare le donne che operano nell’ICT a ruoli più tradizionali, come il marketing o le PR, serve una maggior collaborazione tra scuola, aziende e mondo no-profit – sottolinea Carlo Antonio Pescetti, Consigliere Delegato di Fondazione Sodalitas –. Il mentoring si rivela una strategia efficace e in Italia occorre incrementare il numero di iniziative che promuovono l’affiancamento di manager senior agli studenti dei licei e dell’università, per far comprendere il fascino del digitale. Anche la cosiddetta gamificazione funziona, e funziona bene con i ragazzi delle scuole. I progetti che abbiamo attivato sul territorio stanno dando ottimi risultati».

«Dal World Economic Forum di Davos è emerso che nell’ultimo decennio il gender gap si è ridotto solo del 2% – spiega Virginia Ghisani, Partner di Key2People Executive Search -. Nel Vecchio Continente, secondo i dati Eurostat, 1 manager su 3 è donna, in Italia addirittura 1 su 5». I dati ISTAT mostrano che sono 15mila i giovani italiani fuggiti all’estero per trovare un’opportunità di lavoro negli ultimi tre anni, triplicati rispetto al triennio precedente. La manager conferma, grazie alla sua conoscenza diretta del mercato del lavoro, il «gap enorme tra il numero di posti di lavoro disponibili che richiedono competenze digitali e i professionisti in grado di occuparli. Il 65% dei bambini iscritti alle elementari farà mestieri che oggi ancora non esistono e lavorerà sempre più all’interno di team con competenze eterogenee, che io amo definire colorati. Cosa significa questo? Significa che il digitale favorisce da un lato la specializzazione e dall’altro la multidisciplinarietà. Ecco perché l’acronimo STEM diventerà presto STEAM, dove la A sta per arte. C’è bisogno di un apporto di competenze diverse, di nuova creatività, e occorre ragionare fuori dagli schemi, favorire il pensiero laterale. Ecco perché io invito i manager che seleziono a uscire dalla cosiddetta comfort zone, dal loro orticello di conoscenze e competenze per integrare nel proprio lavoro anche le passioni e gli hobby, la musica, l’arte…».

Il coding alle elementari? Si può fare…

Enrico Nardelli, Professore Ordinario di Informatica presso l’Università Tor Vergata di Roma, sottolinea l’importanza di investire sulla formazione delle nuove generazioni per riuscire, in

Fausta Pavesio, Indipendent Director di Talent Garden Milano

futuro, a colmare il digital gap e il digital gender gap in particolare. L’iniziativa “Programma il futuro” gestita dal CINI (Coordinamento Italiano Network Internazionale) ha l’obiettivo di introdurre nelle scuole l’insegnamento dell’informatica sin dalle elementari. «Si tratta di un programma che abbiamo mutuato da code.org, che nel mondo ha già coinvolto oltre 200 milioni di bambini. In Italia, da settembre a oggi sono già 1 milione e 300mila gli studenti che hanno sperimentato la programmazione informatica a scuola, con un ciclo medio di 8 ore di insegnamento ad alunno».

«Noi abbiamo attivato una nostra iniziativa, gestita direttamente da CA Technologies Italy in collaborazione con alcuni partner tecnologici, per ospitare i ragazzi del liceo scientifico coinvolti nella cosiddetta alternanza scuola-lavoro», ha sottolineato con orgoglio Daniela Avignolo, HR Manager di CA Technologies Italy, a ri

Paola Marinone, Co-Founder & CEO di BUZZMYVIDEOS

prova del fatto che occorre iniziare dalla scuola secondaria, anzi anche prima, a ridurre il digital gap. Fausta Pavesio, Indipendent Director di Talent Garden Milano, sottolinea come il digitale faccia risaltare, metta in evidenza «l’importanza delle soft skill, al di là dei numeri. Alcune aziende americane hanno già introdotto una nuova figura, quella del CVO, quel Chief Visionary Officer che affianca il CEO e che, sempre più spesso, si sostituisce al Chief Strategy Officer nel delineare i percorsi aziendali facendo leva su una nuova visione più creativa, che tiene sì conto del mercato, ma che premia anche il sesto senso, l’intuizione e quel pizzico di follia che in passato ha premiato aziende come Apple o Facebook».

Anche la maternità, un tempo considerata il maggior deterrente all’assunzione di personale femminile giovane in azienda, vive oggi un Rinascimento. «Io ho partorito mio figlio tre mesi fa e dopo due settimane ero già in ufficio – conclude Paola Marinone, Co-Founder & CEO di BUZZMYVIDEOS, un passato da top manager di Google –. Certo, devo ottimizzare i miei impegni per tenere conto delle poppate ma questo mi ha insegnato a schedulare meeting brevi, nei quali si va subito al sodo. Addirittura esistono percorsi di formazione specifici, i cosiddetti MaaM, Maternity-as-a-Master, in cui uomini e donne possono sfruttare il periodo di assenza dal lavoro legato alla maternità per capire come le competenze genitoriali possono aiutare a migliorare le pratiche di leadership, sviluppare nuove capacità relazionali e una miglior propensione all’ascolto».

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