Il performance management aziendale deve cambiare mindset, approccio culturale. “Consiglieresti ad altri il tuo capo come una persona con cui lavorare?”: l’80% delle oltre 600 persone intervistate nella ricerca “Is performance appraisal still performing?” della LIUC Business School ha risposto di no. La ricerca, avviata nel 2017, che verrà presentata il prossimo 11 febbraio e che Digital4 racconta in anteprima, è frutto di un’indagine realizzata dal Centro sul Cambiamento, la Leadership e il People Management della LIUC Business School, con la collaborazione di IESEG – School of Management, CFMT – Centro di Formazione del Management del Terziario e AIADS – Associazione Italiana di Analisi Dinamica dei Sistemi. Obiettivo principale è misurare il Net Management Promoter Score (basato su studi dell’Università di Harvard, poi elaborati da Julian Birkinshaw della London Business School) dei capi italiani e individuare quali loro comportamenti permettono ai collaboratori di lavorare al meglio.
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Lo studio LIUC sul Performance Management: metodologia e risultati
Le informazioni sono state raccolte attraverso un questionario online che – in forma anonima – prende in considerazione inquadramento, età, esperienza lavorativa e settore di afferenza per poi indagare in maniera puntuale le modalità di interazione tra il capo e i collaboratori. Da qui, la domanda che rappresenta il cuore della ricerca (“Quanto è probabile che lei raccomandi il suo capo a dei colleghi/amici come qualcuno con cui lavorare?”) con una votazione da 1 a 10 e un focus sui comportamenti che portano a consigliare il proprio capo e su quelli che portano a non consigliarlo.
«Tra i primi – spiega Vittorio D’Amato, Direttore del Centro della LIUC – il più votato è la capacità di lasciare ai collaboratori un ampio grado di libertà nel modo in cui si conseguono i risultati (lo ha segnalato il 54,76% degli intervistati). Subito dopo, la disponibilità ad ascoltarli per un confronto e ad accogliere le loro opinioni. Emerge dunque un trend che è tipico dei cosiddetti millennial, più orientati rispetto alle generazioni precedenti a una gestione autonoma del lavoro, in cui a contare sono i risultati e non le modalità operative. Dati che ci parlano dunque di Smart Working, di flessibilità nei tempi e nei luoghi di lavoro e anche di conciliazione tra vita e professione. Senza perdere, però, in produttività ma al contrario agevolando il raggiungimento di nuovi successi, anche grazie all’aiuto della tecnologia».
Le performance analizzate
Le categorie di dipendenti che vengono giudicate sono principalmente tre: gli impiegati (89%), i quadri (83%) e i dirigenti (80%). Quasi sempre sono valutate dal capo (98%). In alcuni casi (60%), l’HR partecipa alla valutazione. I colleghi sono coinvolti nella valutazione meno frequentemente (25%). Vengono valutati sia il livello di raggiungimento degli obiettivi sia i livelli di sviluppo delle competenze (69%). Per quanto riguarda le aree degli obiettivi: l’83% riguarda le performance aziendali, il 73% l’efficacia ed efficienza interna, e il 70% lo sviluppo delle competenze. Quasi tutti gli intervistati hanno dichiarato che gli obiettivi individuali sono definiti dal capo (92%). Gli obiettivi individuali sono fissati una volta all’anno (70%) e la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di ricevere un feedback ufficiale riguardante la propria prestazione lavorativa una volta all’anno, durante un incontro formalizzato con il proprio capo; durante questo incontro si discutono i risultati ottenuti e il possibile sviluppo della carriera (88%). Nella maggior parte dei casi è stabilito un incontro formale anche a metà dell’anno (71%). Questo momento è usato per ricevere un feedback sul proprio lavoro e per avere la possibilità di cambiare gli obiettivi precedentemente concordati. Questo incontro avviene principalmente ogni trimestre (46%) o semestre (38%).
I cambiamenti necessari
Il modello del Performance Appraisal è ormai obsoleto, è necessario ripensare i processi di valutazione dei dipendenti. Ciò che deve variare profondamente è la cultura aziendale, a partire dalle tempistiche con cui si condividono i feedback: «Non è più possibile fissare obiettivi a gennaio e capire dopo un anno com’è andata – prosegue il professore -. Il lavoro varia costantemente e le risposte devono essere immediate, per svecchiare il Performance Management. Le grandi aziende l’hanno capito e hanno già iniziato a cambiare approccio. Accenture e Bosch, per esempio, hanno abolito il Performance Appraisal e si stanno orientando verso sistemi di feedback quotidiani».
Un altro caso citato nella ricerca è quello di Eolo: la società di telecomunicazioni misura quotidianamente le performance dei collaboratori attraverso un’app telefonica. Il lavoratore deve ogni giorno, a fine giornata, rispondere a una serie domande. Le risposte sono condivise con il manager a cui riporta e con l’ufficio HR, e qualsiasi problematica viene risolta in tempo reale.
Dalla ricerca è emerso che i manager non sono pronti a incrementare le loro soft skill di capacità di ascolto e gli altri aspetti che riguardano l’approccio con i collaboratori: «È necessario un cambiamento culturale epocale, facilitato dalle tecnologie, certo, ma più umano, più diretto, ponendo particolare attenzione al rapporto obbligato tra generazioni diverse», conclude D’Amato.
I passi del nuovo approccio
Tutti gli elementi citati stanno spingendo le Direzioni HR a ripensare i propri sistemi di Performance Management, lungo tre dimensioni: «La Direzione HR deve assumere il ruolo di facilitatore e non di gestore e controllore di un processo che sempre più dovrà essere gestito in maniera distribuita dalle diverse linee di business: ecco qual è il successo di un processo di Performance Management efficace. I manager, dal canto loro, dovranno mutare il modo in cui gestiscono le persone, adottando un approccio per obiettivi e la cultura del feedback continuo – spiega Emanuele Madini, Associate Partner di P4I – Partners4Innovation – il feedback dovrà essere continuo e frequente, e non vincolato a scadenze predefinite. Dovranno cambiare anche le modalità e l’approccio con cui i manager saranno chiamati a introdurre una cultura maggiormente orientata allo sviluppo continuo della performance, alla delega e all’autonoma delle persone in funzione di una maggiore responsabilizzazione sui risultati».