L’Information Technology è un mondo affascinante, sfidante, in continua e rapida evoluzione. Un mondo in cui Internet e gli incessanti avanzamenti tecnologici, hanno moltiplicato giorno dopo giorno, la velocità con cui si muove quel contesto.
Queste accelerazioni provocano continui cambi di scenari, alimentando incertezze in un campo in cui la complessità già regnava indisturbata.
Tempo e complessità sono intrinsecamente legati, il primo ha effetti sulla seconda e viceversa.
Di norma, qualsiasi cosa richieda tempo per essere capita, la si avverte come spigolosa, difficile. Quella percezione scaturisce proprio dinnanzi a situazioni in si è sprovvisti dell’opportuno bagaglio cognitivo (conoscenza) per poterle affrontare.
Ma, per chi ha responsabilità decisionali e di guida in quel mondo, comprendere totalmente questo costante flusso di informazioni e di innovazione è sempre necessario? E ancora, per poter traguardare risultanti importanti in quel contesto, è necessario saperne sviscerarne tutta la complessità sottostante? Non è normalmente necessario e probabilmente neppure umanamente possibile.
Il rapporto fra knowledge worker e leader
Viviamo un’epoca in cui le persone che svolgono il lavoro, possiedono una conoscenza del dominio applicativo e di business in cui operano, eccezionalmente dettagliata, notevolmente più estesa degli stessi leader che li guidano. Questi team di persone, che il professor Peter Drucker definiva knowledge worker, con gli opportuni mezzi e il giusto grado di autonomia e fiducia, sono gli unici in grado di approcciare con successo alla complessità succitata.
Ai leader è richiesto quindi un cambio di mentalità importante nel rapportarsi con i collaboratori: meno esperti, accentratori e direttivi, a favore di uno stile di leadership in cui comunicazione, assertività, negoziazione e gestione del conflitto, diventano capacità irrinunciabili nella gestione di quel capitale umano.
La sindrome dello studente
Ma non basta. E’ necessario dotarsi di strumenti efficaci per governare la variabile tempo. Eliyahu M. Goldratt, ideatore della Teoria dei Vincoli, cita a tal proposito la “sindrome dello studente”. “Accade che le persone inizino ad applicare pienamente se stesse a un compito, solo all’ultimo momento possibile prima della scadenza.” Sembra infatti che l’essere umano, solo di fronte a scadenze temporali molto vicine, sia in grado di evitare distrazioni, smettendo di procrastinare, a favore di una maggiore concentrazione sulle attività da svolgere. Basti solo pensare a quanti studenti universitari, pur avendo intere settimane a disposizione per preparare un esame, si ritrovano a studiare seriamente solo negli ultimi giorni utili, notti comprese.
Ovviamente questo non dovrebbe indurre a pensare che solo scadenze molto sfidanti possano generare sempre ottimi risultanti. In quei casi si attiverebbe un tipo di stress negativo che, di fronte a date irrealistiche, porterebbe solo frustrazione, stanchezza e abbassamento dei livelli di qualità e delle performance lavorative.
Da qui nasce la teoria del time-boxing di Piers Steel. Steel attraverso i suoi studi, consiglia di circoscrivere temporalmente tutte quelle attività per le quali sono attesi risultanti importanti. Da qui, per esempio, la necessità di assegnare tempi ragionevoli e piuttosto brevi per le riunioni, in cui oltre a fissare un’agenda precisa e circostanziata degli argomenti, sarà necessario indicare chiaramente gli obiettivi da traguardare.
Capacità comunicative ed esperienza del facilitatore completano la ricetta per la buona riuscita di quell’evento. Egli, infatti, dovrà coinvolgere i partecipanti, sollecitando anche i più taciturni a fornire il loro contributo, guidando le diverse fasi di svolgimento e, nei tempi previsti, concretizzarne la conclusione verso i risultati attesi.
Addio al multitasking: si spreca il 20% di risorse
La gestione del proprio tempo è ovviamente legata a doppio filo alla selezione delle attività da svolgere. Tanto più si è in grado dedicare del tempo ad attività di primaria importanza, evitando qualsiasi spreco, tanto più il valore raccolto sarà massimo. E’ necessario evitare, innanzitutto, lo svolgimento di attività contemporanee, dimenticando il vecchio mito del multi-tasking.
Studi dei primi anni 1990 (Clark e Wheelwright, Weinberg e Gerald M.) dimostrano infatti che il passaggio frequente da un’attività (o progetto) ad un’altra (context switching), è causa di uno spreco vicino al 20% di risorse, che impattano negativamente sulle performance.
N. progetti simultanei | % tempo disponibile per progetto | Spreco da context switching |
1 | 100% | 0% |
2 | 40% | 20% |
3 | 20% | 40% |
4 | 10% | 60% |
5 | 5% | 75% |
Saranno infatti impegnate risorse preziosissime, semplicemente per passare da un contesto all’altro, nel tentativo di ricordare il precedente punto di arrivo e il suo stato di avanzamento, non producendo, di fatto, alcun valore. Ma, ancora, non basta.
La selezione delle attività da svolgere è fondamentale. Pareto viene in aiuto grazie al suo principio 80/20: “L’80% dei risultati è raggiungibile grazie al 20% delle attività”.
Elenco di attività
Quanto è importante essere in grado di attribuire la giusta priorità alle tante attività che affollano l’agenda di un manager e che sembrano tutte gridare all’urgenza? Un buon inizio, è partire con il creare la lista delle attività da svolgere, per passare poi all’assegnazione delle priorità.
Uno strumento utilissimo allo scopo è la matrice Urgente/Importante che trovate di seguito. Prima di procedere, però, è d’obbligo una precisazione in merito ai termini urgente e importante, spesso usati erroneamente come sinonimi. Un’attività urgente ha una data di scadenza: più vicino il termine e più urgente questa è. L’attività importante è legata ad un proprio obiettivo primario e implica, il più delle volte, un coinvolgimento diretto.
Ogni attività dovrebbe essere posta sulla matrice e valutata secondo queste indicazioni:
- Urgente e Importante. Attività critiche che mirano ai propri obiettivi, su cui è necessario lavorare subito. E’ bene essere proattivi e risolutivi.
- Urgente e non importante. Attività spesso generate da altri e non direttamente legate ai propri obiettivi personali primari. Si può delegare ad un assistente competente, presidiando e controllandone lo svolgimento.
- Importante e non urgente. Attività da completare prima che diventino urgenti. Assicurarsi di allocare tempo sufficiente nel prossimo futuro.
- Non importante e non urgente. Attività non urgenti e non direttamente collegate ai propri obiettivi primari. Si può delegare e verificarne l’andamento con una priorità medio-bassa.
Chiarita la sequenza di attività, non rimane che cominciare a lavorarci attivamente.
Esiste un’ultima e potente tecnica, in grado di amplificare efficienza e efficacia del tempo speso in quelle attività. Si può partire con l’identificare, all’interno della giornata lavorativa, un periodo di tempo di due o tre ore (Go-Zone) in cui svolgere le attività senza interruzioni, dedicando loro sequenzialmente tempo e concentrazione, evitando sprechi derivanti dal multi-tasking e mancata focalizzazione.
Le restanti ore della giornata (Slow-Zone) è possibile dedicarle alle altre, molte, attività a media e bassa priorità. Non è necessario curarsi delle troppe distrazioni e del multi-tasking, in quanto in questa zona tutto è permesso.
*Agile Practice Leader & Coach – Inspearit Italy
http://www.inspearit.it/it/news/blog/