Un numero sempre crescente di aziende italiane si sta impegnando nello sviluppare al loroo interno un buon livello di benessere organizzativo, intendendo con questo termine la capacità di migliorare il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori. A conferma di ciò giungono i dati dell’indagine condotta da Sapio Research per Workday che lascia ben sperare in un ampio diffondersi di strategie inclusive all’interno delle organizzazioni nel prossimo futuro.
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Manager più sensibili al benessere organizzativo
Secondo la ricerca, che ha coinvolto 306 professionisti delle risorse umane e leader aziendali con influenza su ED&I nelle loro organizzazioni, meno di due quinti degli intervistati (il 37%) ha affermato che nella loro organizzazione la diversità è riconosciuta e apprezzata, mentre il 78% dei manager è attento al benessere organizzativo dichiarando di ritenere equità, diversità e inclusione (ED&I) importanti. Tuttavia tra loro solo il 42% le considera di vitale importanza per l’azienda. Per portare concretamente avanti i propri obiettivi in quest’ambito il 33% delle organizzazioni ha messo in piedi all’interno delle risorse umane un team dedicato alla gestione dell’ED&I e 4 su 5 affermano che la loro organizzazione dispone di un budget per le iniziative ED&I (81% in totale, 44% per progetti sia a lungo che a breve termine e i restanti 23% solo per progetti a breve termine). Il dato promettente è sottolineato dal 43% delle aziende che dichiara di prevedere un aumento gli investimenti in iniziative ED&I nel prossimo anno finanziario guidato da obiettivi aziendali nel 74% delle aziende.
Più spazio al monitoraggio
Sebbene il benessere organizzativo sembri essere nelle mente di molte organizzazioni che si adoperano per trasformarsi in luoghi di lavoro più equi e inclusivi, tuttavia lo studio registra ancora una scarsa attenzione all’attività di monitoraggio e misurazione dell’impatto sul business delle azioni intraprese. Se il 98% delle organizzazioni utilizza la tecnologia, solo il 39% la impiega in modo continuativo. Comunemente vengono svolti sondaggi sul sentiment (43%) che rilevano informazioni sulla percezione dell’appartenenza in azienda, rivela la ricerca, mentre il 41% utilizza strumenti di gestione dei talenti, ma solo il 16% monitora l’engagement dei dipendenti per trattenerli all’interno dell’organizzazione.
Di tutte le informazioni sulle quali riporre attenzione per creare benessere organizzativo diffuso alle interno delle organizzazioni il 47% delle aziende monitora l’età e il 43% la disabilità all’interno della propria forza lavoro anche durante la fase di assunzione, mentre l’appartenenza al genere viene monitorato nel 42% dei casi, l’etnia nel 33% e l’orientamento sessuale nel 26%. Di questi, solo l’età (73%) e il sesso (68%) hanno maggiori probabilità di avere degli obiettivi legati alle prestazioni ma sono in linea con etnia (67%), orientamento sessuale (66%), orientamento religioso (64%), disabilità (62%), realtà socio-economica (62%) e infine, stato civile (61%).
Dai dati all’azione, cosa manca per perseguire il benessere organizzativo concretamente
Da un lato le realtà lavorative (78%) hanno dichiarato di avere abbastanza dati a disposizione per gestire le iniziative ED&I e sono parte dei propri sistemi HR (72%). L’87% afferma, inoltre, che i report sono pronti per essere utilizzati internamente dai manager o professionisti ED&I, con solo il 17% però che ne misura l’impatto sul business delle organizzazioni e ne percepisce il valore. Dal punto di vista strettamente operativo, invece, il 34% ha affermato che la propria organizzazione ha bisogno di leadership e impegno dall’alto per passare alla fase successiva di relazione e inoltre, 3 su 5 (62%) hanno affermato che censire i dati necessari non sia del tutto semplice, solo il 38% ritiene di avere sufficienti mezzi a disposizione per la gestione dei dati di interesse. Da questo dato si evince che il restante 62% non sia ancora pronto e attrezzato.