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Parità di genere in Italia: una sfida strategica per il presente e il futuro del lavoro



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Le aziende hanno a disposizione strumenti efficaci, come la certificazione, per colmare i divari e valorizzare i talenti. Ma c’è ancora molto da fare: servono visione, responsabilità e un cambiamento profondo

Pubblicato il 7 apr 2025

Elisa Lupo

Consulente del lavoro



Parità di genere nel lavoro

Il mondo del lavoro è in rapida evoluzione, ma uno degli ostacoli principali alla sua piena modernizzazione è la persistente disuguaglianza di genere. Il mio intervento all’evento “Parità di genere nel lavoro: a che punto siamo? Gli strumenti a disposizione delle aziende per ridurre il gender gap”, che ho organizzato in collaborazione con la Rome Future Week, mi ha dato l’occasione di sottolineare come, nel nostro Paese, le donne impegnate in un lavoro fuori casa siano ancora troppo poche. Il 2024 si è chiuso con un tasso di partecipazione femminile al lavoro del 53% contro una media europea del 69% (fonte: Istat Cnel).

Questo vuol dire che le aziende sono chiamate a mettere in atto strategie che permettano di migliorare la conciliazione vita-lavoro e che sopperiscano alla mancanza di servizi utili alle famiglie. Si deve riuscire a scardinare l’assetto sociale che si basa sul lavoro gratuito delle donne in famiglia per sopperire alla mancanza di servizi. In un momento di penuria di forza lavoro come quello a cui stiamo assistendo non possiamo permetterci di lasciare inespressi tutti questi talenti femminili.

Tra gli strumenti oggi a disposizione delle imprese, uno dei più significativi è sicuramente la certificazione della parità di genere. Come ho ribadito nel corso dell’incontro, se è vero che le aziende in prima battuta hanno dei benefici economici, la possibilità di accedere a uno sgravio contributivo e di avere dei punteggi di merito in sede di partecipazione a bandi o gare, molto spesso il beneficio reale che ne deriva diventa chiaro in un secondo momento, quando si mettono a fuoco meglio i processi e migliorano le performance. In pratica, la certificazione in molti casi introduce un cambio di prospettiva e apre nuovi scenari.

Parità di genere nel lavoro: I cambiamenti demografici ci impongono nuove priorità

La riflessione sulla parità di genere non può prescindere da un’analisi più ampia delle dinamiche demografiche e culturali che stanno trasformando il lavoro a livello globale. Sia l’Europa che gli Stati Uniti stanno assistendo ad una mutazione della composizione della popolazione che diventa via via sempre più eterogenea.

Si stima che nel 2045 la popolazione bianca residente negli Usa scenderà sotto il 50%, uno scenario in cui quella americana sarà una società senza minoranze. L’Europa invecchia e si riduce di numero: sarà necessaria una presenza sempre maggiore del lavoro femminile e di lavoratori che arrivano da altre parti del mondo. Questo cambiamento nella composizione influenzerà il mercato del lavoro cambiando le spinte al suo interno.

Diversità e performance economica: le evidenze sono chiare

Che la parità e la diversità siano anche un vantaggio economico è ormai supportato da dati solidi. Ho ricordato che The Harvard Business Review ha pubblicato uno studio che dimostra come, su un campione molto ampio di aziende ad alta capitalizzazione, quelle con donne nel Cda abbiano un ROE e una crescita dell’utile netto superiore alle aziende senza donne nel board.

Non dimentichiamo che l’Italia è terza in Europa per presenza di donne nel Cda grazie alla legge Golfo-Mosca del 2011 che ha stabilito l’obbligo per le società quotate e a partecipazione pubblica di riservare un terzo dei posti nel board alle donne.

Anche McKinsey, con il suo report Diversity Matters Even More, mette in evidenza che aziende con leadership inclusiva hanno rendimenti migliori sul mercato. Non dimentichiamo inoltre che ambienti poco inclusivi generano maggiore turnover e di conseguenza aumentano i costi aziendali collegati alla ricerca e alla formazione delle risorse.

Gender pay gap: dove e quando si apre il divario

Un’altra questione cruciale riguarda il gender gap retributivo. Nel nostro paese c’è ancora una forte differenza salariale tra uomini e donne a parità di mansioni. Le aziende si concentrano sul momento dell’inserimento in azienda cercando di ridurre al minimo le differenze, ma è nel lungo periodo che bisogna lavorare, quando agli uomini vengono offerte molte più opportunità di carriera e arricchimento di mansioni.

Vanno fatti dei check periodici e messe a punto delle politiche di reinserimento dopo i congedi di maternità. Il rientro dalla maternità è di solito il momento in cui inizia a farsi forte la differenza di genere sulla retribuzione. Le aziende che mettono in campo progetti di supporto alla genitorialità sono quelle in cui si assiste meno all’allargarsi del gap salariale.

Come misurare l’efficacia delle politiche inclusive

Una delle domande più frequenti che ricevo è: “Come misurare concretamente l’impatto dell’inclusione?”. La verità è che oggi manca ancora una metrica forte per valutare il ROI della diversità, ma abbiamo alcuni indicatori su cui possiamo già lavorare.

Si dovrebbero mettere in relazione i KPI tipici della funzione HR e più collegati all’inclusività – come il tasso di retention e attraction, la riduzione dell’assenteismo o l’efficacia della formazione – con dei risultati economici aziendali di medio e lungo periodo per dimostrare che c’è una forte correlazione positiva e che ambienti più inclusivi hanno delle performance aziendali migliori.

Da dove iniziare: tre azioni concrete per le aziende per la parità di genere nel lavoro

Chiudo sempre i miei interventi con tre consigli pratici rivolti alle imprese che vogliono davvero ridurre il gender gap. Il primo consiglio è misurare con lucidità le curve retributive dei propri dipendenti: la consapevolezza è assolutamente necessaria. Il secondo è quello di dare un “peso” alle posizioni aziendali, in modo da aver chiaro il valore della mansione indipendentemente da chi la ricopre. Il terzo è di avviare delle review retributive periodiche, dando valore alle skill possedute da ogni dipendente.

Consapevolezza e coraggio per costruire un nuovo modello di lavoro

Il tema della parità di genere in Italia è, oggi più che mai, una questione economica e strategica, non solo sociale. Abbiamo strumenti concreti per agire e dati che dimostrano l’impatto positivo dell’inclusione. Le aziende che scelgono di affrontare seriamente questa sfida stanno costruendo un vantaggio competitivo duraturo.

Come ho ricordato anche alla Rome Future Week, serve lucidità nell’analisi e coraggio nel cambiamento. Ma il percorso è tracciato. E non possiamo più permetterci di rimandarlo.

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