Il divario fra la domanda e l’offerta di competenze tecnologiche è sempre più ampio in tutta Europa. E per invertire la tendenza sono necessarie azioni che mettano a segno un duplice obiettivo. Da un lato orientare gli studi dei giovani verso le materie scientifiche, quelle che gli anglosassoni sintetizzano nell’acronimo STEM (Science Technologies Engineering e Maths) e che sono purtroppo poco gradite ai più. Dall’altro quello di coinvolgere nei percorsi di studio scientifici in particolare le ragazze, in modo da indirizzarle verso ambiti lavorativi ad alto tasso di tecnologia, dove sono ancora un’esigua minoranza.
Se ne è parlato di recente in un evento dal titolo “Donne al cuore dell’innovazione digitale” organizzato da CA Technologies, una delle aziende hi-tech più impegnate in questo ambito, in collaborazione con la Fondazione Sodalitas, in occasione dell’8 marzo, invitando a testimoniare alcune delle signore italiane più attive nel mondo dell’innovazione: Gloria Gazzano, CIO di Snam (Laurea in Matematica), Paola Colombo, Head of Technology di Mediamond (Laurea in Ingegneria), Lisa Di Sevo, Venture Capitalist in dpixel e membro di Girls in Tech, Daniela Avignolo, HR Director di CA Technologies (Laurea in Scienze dell’Informazione), Dianora Bardi, Vice Presidente del Centro Studi Impara Digitale.
Il punto di partenza del dibattito è l’evidenza che in tutto il mondo le donne nel settore tecnologico sono ancora poche, pochissime poi quelle che hanno ruoli apicali. Solo due signore, Meg Whitman di HPE e Ginny Rometty di IBM, compaiono nella classifica di Busines Insider delle “20 most powerful people in tech”, a conferma che esiste un divario di genere profondo e uno stereotipo ancora molto radicato.
Sebbene i tassi di occupazione siano bassi in Italia come in Europa, le aziende fanno oggi fatica a trovare persone in grado di portare avanti i progetti di innovazione. E la situazione non è destinata a migliorare. Secondo uno studio della Commissione Europea, ben il 90% delle posizioni lavorative oggi richiedono competenze tecnologiche ed entro il 2020 mancheranno all’appello 825mila risorse competenti.
In Italia, secondo quanto riportato dai Responsabili delle Risorse Umane intervistati da Netconsulting cube, nel 70% delle aziende interpellate la quota di donne che attualmente ricopre ruoli tecnico-scientifici è inferiore al 25% del totale degli addetti impiegati in questi ambiti, una percentuale che scende al 10% nel 68% delle stesse realtà quando vengono considerati i livelli manageriali/dirigenziali. Certo, per le donne trovare il worklife balance è ancora complicato, e lo smart working poco diffuso (leggi qui l’esempio di Barilla)
Se per chi ha già alle spalle un lungo periodo di attività lavorativa risulta complicato adeguarsi, per i giovani è una grande opportunità. E lo è ancor di più per le ragazze, troppo
spesso frenate da stereotipi di genere ancora ben radicati: è ancora forte il pensiero che le materie scientifiche non siano adatta al mondo femminile. Ecco perchè sono numerose le iniziative mirate a incoraggiare questi studi sin dalle scuole primarie. Con risultati molto positivi.
I nativi digitali mostrano infatti che la trasformazione è in atto: un cambiamento epocale, secondo Dianora Bardi, che lavora proprio a contatto con i più giovani. Che va però guidato e alimentato, affinchè i ragazzi diventino cittadini digitali consapevoli, in grado di costruire il futuro del Paese.
Benvengano, dunque, le tante iniziative in atto. Come quella di CA, che collabora con alcune scuole: i professionisti-volontari dell’azienda affiancheranno quest’anno circa 140 studenti di tre istituti superiori milanesi, contribuendo così al progetto alternanza scuola-lavoro.
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