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Employer Branding: cos’è e perché è importante per le aziende



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Una strategia ben congegnata definisce l’identità dell’organizzazione come luogo di lavoro interessante e accattivante per i potenziali candidati, dipendenti e, a cascata, per i clienti. Tra i benefici l’ingaggio dei migliori profili in circolazione, arrivando prima dei competitor, e la riduzione del tasso di turnover fino al 28%

Aggiornato il 30 ott 2023



Temperatura Conservativa Creativa Hai bisogno di supporto? logo che cos'è l'employer branding L'employer branding si riferisce alle strategie e alle attività attraverso cui un'organizzazione si posiziona come datore di lavoro attraente e desiderabile. È l'insieme delle azioni messe in atto per promuovere la reputazione dell'azienda come datore di lavoro, al fine di attrarre e trattenere talenti qualificati.

L’Employer Branding è ormai il prerequisito fondamentale di ogni strategia di recruiting che si rispetti: secondo una ricerca Ranstad Usa i potenziali candidati effettuano ricerche sulla reputazione dell’azienda prima di presentarsi per una posizione, e quasi l’80% delle persone non accetterebbe un’offerta da un datore di lavoro con una cattiva reputazione.

Dati che non stupiscono, in un momento storico in cui non siamo più disposti neanche a ordinare una pizza da un ristorante che non abbia recensioni all’altezza delle nostre aspettative; figuriamoci quando si tratta di firmare un contratto, magari per una posizione di alto profilo, con un’azienda che non si presenta al meglio delle sue possibilità.

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Che cos’è l’Employer Branding

L’Employer Branding è quell’insieme di attributi e qualità, spesso intangibili, che definisce l’identità dell’organizzazione come luogo di lavoro, evidenziandone le caratteristiche distintive rispetto ai propri competitor.

Trova fondamento in una precisa strategia di marketing e comunicazione che rende l’azienda interessante e accattivante agli occhi dei potenziali candidati, dei dipendenti attuali e, a cascata, degli stessi clienti.

L’obiettivo ultimo a cui punta è che l’azienda venga riconosciuta dal proprio target come luogo di lavoro ideale (“Best Employment of Choice”).

Employer Branding: il passo verso la Brand Identity

I tasselli che compongono l’Employer Branding sono diversi ma sempre coerenti con la Brand Identity vera e propria: se ad esempio un’azienda si dipinge come realtà dinamica, al passo con i tempi e sempre orientata al futuro, non potrà che fornire ai dipendenti un’esperienza lavorativa che rispecchi questi valori e, capovolgendo la prospettiva, scremare le candidature di potenziali profili a seconda del loro essere in linea o meno con l’immagine dell’azienda.

Questo vuol dire anche prendere atto del fatto che la comunicazione tradizionale non ha la stessa efficacia di quella social, dove la conversazione diventa un potente megafono. I social media di uso consumer sono imprescindibili per le organizzazioni che vogliono comunicare in modo efficace, veloce, spontaneo.

Employer Branding: strategia importante per le aziende

Come anticipato, una buona strategia di Employer Branding ha come destinatari:

  • i candidati ideali che l’azienda mira a ingaggiare;
  • i dipendenti attuali;
  • tutti i clienti e potenziali clienti.

Chi sono i candidati ideali

Possono essere sia i migliori profili che si presentano per una posizione aperta sia, in un’ottica più strategica, i talenti che l’azienda aspira a raggiungere anche se non c’è una necessità immediata e contingente, ovvero i candidati passivi.

In questo secondo caso, che rientra nel cosiddetto processo di Talent Acquisition, l’Employer Branding è ancora più indispensabile per colpire nel segno, perché l’azienda dovrà puntare su un’immagine di sé ancora più consolidata e su promesse ancora più accattivanti.

Il fine ultimo di una strategia di Employer Branding che parla ai candidati ideali è ovviamente quello di ingaggiare tra le proprie fila i migliori profili in circolazione, arrivando a loro prima dei competitor. Questi candidati, se rispondono positivamente all’offerta, saranno legati all’azienda e ai suoi valori da un legame ancora più forte perché riceveranno un’offerta espressamente tagliata su di loro.

I dipendenti attuali: trattenere talenti

Una Employer Branding strategy deve parlare anche a coloro che lavorano già per l’azienda, perché contribuirà a farli sentire parte dell’organizzazione e quindi a fidelizzarli.

Il successo di una buona strategia sul tasso di fidelizzazione è provato: secondo una ricerca di Boston Consulting Group può arrivare a ridurre il tasso di rotazione (turn-over) dei dipendenti fino al 28%, con tutti i risparmi in termini di costi di assunzione di nuove risorse che possiamo immaginare.

Dipendenti come brand ambassador

I dipendenti possono inoltre essere ottimi alleati nella promozione del brand aziendale, sia da un punto di vista commerciale che di Brand Employer. Ciò a patto che si sentano valorizzati dall’azienda per cui lavorano e che ne condividano i valori: tutti punti che una buona Employer Branding strategy non può certo trascurare perché, ricordiamo, ciò che promette è ciò che effettivamente realizza.

Che sia Facebook, Twitter o LinkedIn ogni dipendente può diventare un brand ambassador e farsi portavoce dei valori e dell’operato della propria organizzazione. Affinché questo avvenga è necessario che le aziende instaurino un rapporto di comunicazione costante e coinvolgente con i dipendenti, per farli sentire a tal punto parte integrante del posto per cui lavorano da essere loro stessi promotori della cultura aziendale. È fondamentale inoltre, formare i dipendenti su come utilizzare correttamente i social e su come gestire al meglio la propria reputazione online.

L’importanza di questo meccanismo è evidente in tutte quelle campagne pubblicitarie che affidano alla testimonianza diretta e al volto del ’“dipendente comune” la promozione dell’immagine dell’azienda per cui lavora. Chi meglio di lui/lei potrebbe raccontarti quali sono i principi che animano la filosofia aziendale?

Quali sono le tecniche per migliorare l’Employer Branding

Siamo giunti alla conclusione che è buona cosa per un’azienda investire tempo e risorse nel consolidare il proprio Employer Branding. Ma quali sono le tecniche per ottenere il miglior risultato possibile? LinkedIn è oggi senza dubbio la piattaforma di recruiting che mette a disposizione delle aziende la più ampia offerta di strumenti e opportunità per:

  • fare Talent Acquisition;
  • ingaggiare i propri dipendenti;
  • integrare Employer Branding e Brand Identity.

1. Employer Branding e Talent Acquisition

LinkedIn Recruiter consente un livello molto avanzato di ricerca grazie all’uso di filtri altamente specifici. L’azienda può selezionare attivamente profili interessanti anche se al momento non ha esigenze specifiche legate a una posizione; può quindi contattare i talenti tramite InMail – funzionalità disponibile solo con LinkedIn Recuiter – e avviare una conversazione altamente targettizzata sul destinatario, in modo da rendersi più attrattiva ai suoi occhi.

Se colpito dalla proposta, il candidato passivo vorrà certamente approfondire le sue conoscenze sul profilo dell’azienda. Dove cercherà materiale per farsi un’idea più chiara? Sulla pagina aziendale ovviamente, che dovrà essere ricca di contenuti interessanti e in linea con l’Employer Brand.

2. Employer Branding e Employee Engagement

I contenuti pubblicati sulla pagina aziendale dovranno fare leva anche sul senso di appartenenza dei dipendenti, che si riconosceranno nell’immagine del Brand e saranno più portati a interagire e a condividere i post. Una buona idea potrebbe essere quella di creare una rubrica, “Vita in azienda”, che racconti con interviste ad hoc il ruolo e la specificità di alcune figure aziendali, mostrando i volti e le storie di chi fa l’azienda: i dipendenti.

3. Integrare Employer Branding e Brand Identity

Una buona strategia di Employer Branding ha ricadute anche sulle vendite, perché si integra con la promozione della Brand Identity e contribuisce a rafforzare l’immagine positiva che i clienti hanno di un’azienda.

Come anticipato, il ruolo dei dipendenti è fondamentale in questo processo. Per questo è importante incoraggiare i dipendenti ad aprire un proprio profilo LinkedIn, a scrivere il ruolo che si ha all’interno dell’organizzazione di appartenenza e condividere aggiornamenti aziendali – tecnicamente detti Company update – che, in prima battuta, permettono di arricchire la stessa esperienza professionale e rete relazionale del dipendente e a rafforzare il loro “Personal brand” e, al contempo, contribuiscono alla diffusione dei contenuti del brand ampliandone la potenzialità di essere visti e notati dai collegamenti diretti dei dipendenti stessi.

Coinvolgere i dipendenti su Linkedin

Anche in questo caso le pagine aziendali di LinkedIn fungono da luogo in cui far convergere contenuti e interazioni: da quest’anno le aziende potranno infatti ricondividere i post pubblici dei propri dipendenti.

Un’occasione senz’altro da sfruttare, dato che questi post su LinkedIn generano un engagement fino a 8 volte superiore rispetto allo stesso contenuto pubblicato unicamente sulla pagina aziendale: siamo molto più portati a credere e a fidarci di “persone come me” che di una voce molto spesso anonima e distante come quella di un Brand.

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Employer Branding strategy: cosa abbiamo imparato dalla pandemia

Jason Averbook, Ceo e co-fondatore di Leapgen, società di consulenza e formazione che collabora con le organizzazioni delle risorse umane a livello globale intervenendo al seminario Now of Work ha affrontato il tema dell’employer branding alla luce degli stravolgimenti avvenuti nel mondo del lavoro a seguito della pandemia.

Averbook ha evidenziato l’importanza di concentrarsi sul presente piuttosto che sul futuro, perché le grandi sfide che le aziende devono affrontare nell’acquisizione di talenti e nel riuscire a trattenere le proprie risorse.

Tre le componenti chiave per la trasformazione in ambito HR richiesta dal momento individuate da Averbook:

  • strategia, ovvero delineare una visione per il successo e decidere le metriche che verranno utilizzate per misurare questo stesso successo;
  • implementazione, ovvero allineare la strategia delle risorse umane per l’employer branding e la gestione dei talenti agli obiettivi più grandi e ai valori dell’organizzazione;
  • ROI (Run, Optimize, Innovate), le strategie devono essere sostenute e devono essere innovate per trarne il massimo valore a beneficio dell’organizzazione.

Al centro di ogni strategia è fondamentale che ci sia sempre però la persona: migliorare l’esperienza complessiva dei dipendenti e promuovere un maggiore coinvolgimento è la strada per affrontare le sfide di oggi, sostiene Averbook.

In un approccio umano alla strategia di Employer Branding gli HR manager non possono prescindere da 5 elementi chiave:

  • fisico – la salute, la sicurezza e un ambiente positivo devono essere garantiti soprattutto quando si lavora in uno spazio fisico;
  • emotivo – il modo in cui un dipendente si sente riguardo al lavoro che svolge è significativo, così come la sua risposta alle sfide e alle ricompense del lavoro;
  • sociale – la comunità, la creatività, lo spirito di appartenenza devono essere incoraggiati, sostenuti e rafforzati;
  • spirituale – non si può fare a meno di scopo, convinzione e valori quando si tratta di costruire il coinvolgimento dei dipendenti e migliorare l’esperienza complessiva dei dipendenti;
  • intellettuale – infine, l’accesso alla conoscenza e alle opportunità di crescita deve essere reso disponibile a tutti i dipendenti.

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