Dopo la fine del blocco dei licenziamenti per le imprese che affrontano la sfida delle ripresa il governo italiano ha predisposto nuove regole, contratti di lavoro, incentivi e ammortizzatori sociali – una sorta di “cassetta degli attrezzi” in vigore dal 1 luglio con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge n. 99.
Il decreto ha definito il termine del cosiddetto “divieto di licenziamento”, anche se – è bene far chiarezza – da marzo 2020 erano vietati i cosiddetti “licenziamenti economici”, cioè quelli collettivi o per giustificato motivo oggettivo, ma non quelli disciplinari individuali. Le scadenze sono tre diverse: dal 1 luglio è riaperta la facoltà di licenziare per le aziende che hanno diritto alla Cassa integrazione ordinaria, in sostanza quelle del settore industriale; dal 1 novembre per tutte le aziende che hanno utilizzato il Fondo di integrazione salariale o la Cassa in deroga e per i settori tessile, abbigliamento e pelletteria; dal 1 gennaio 2022 per tutte le imprese che utilizzeranno ammortizzatori sociali con esonero contributivo.
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Fine del blocco dei licenziamenti. Obiettivo: nuova occupazione
Il blocco dei licenziamenti è stata una misura utililizzata per mettere al riparo i lavoratori nel momento dello shock collettivo della pandemia, ma alla lunga non sarebbe utile a salvaguardare l’occupazione. Anzi, renderebbe più complessa la mobilità in percorsi di ri-occupazione, in un momento di ripartenza in cui molte aziende sono alla ricerca di personale e sono necessari percorsi di riqualificazione e di transizione di carriera, non solo di sussidi.
È vero che in Italia il licenziamento resta un “momento drammatico”, perché molte persone rimaste nella stessa posizione di lavoro per tutta la vita hanno difficoltà a rimettersi in gioco, ma proprio per questo è necessario rendere più dinamico il mercato del lavoro, affidarsi agli operatori specializzati che possono accompagnare imprese e lavoratori nel percorso di ri-occupazione e conoscere a fondo gli strumenti normativi a disposizione per affrontare eventuali difficoltà e imboccare la strada della ripresa.
Ecco dunque una panoramica degli strumenti a disposizione.
La “cassetta degli attrezzi”: piccolo vademecum
Contratto di espansione. Una misura importante prevista dal Decreto Sostegno Bis è il contratto di espansione, che ha l’obiettivo di riqualificare la forza lavoro, inserendo nuove risorse e nel contempo accompagnando alla pensione con incentivi economici il personale prossimo alla soglia di età che ne rilascia esplicito consenso. Un apposito accordo sindacale deve individuare il numero delle persone da assumere, quello dei dipendenti interessati da percorsi formativi, l’eventuale riduzione complessiva media dell’orario di lavoro e il numero dei lavoratori che accettano l’accompagnamento alla pensione. Questa misura, ora applicabile anche alle PMI (è stata abbassata la soglia di utilizzabilità alle imprese di 100 dipendenti), pur se complessa nell’applicazione, potrebbe essere molto utilizzata con risultati importanti per il ricambio generazionale e l’accesso dei giovani al lavoro.
Contratto di rioccupazione. Con l’obiettivo dichiarato di investire sulla ripresa occupazionale nel momento dello sblocco dei licenziamenti, è stato introdotto poi il contratto di rioccupazione. Attivo fino al 31 ottobre 2021 è un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato applicabile a lavoratori disoccupati da datori di lavoro che non abbiano effettuato licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti, tenuti a garantire un progetto formativo, potendo disporre di un esonero contributivo. Una misura interessante, i cui vincoli stringenti e il limitato periodo di utilizzo potrebbero però limitarne l’applicazione.
Gli ammortizzatori sociali. Terminata la causale Covid, dal 1 luglio 2021 le imprese possono beneficiare della cassa integrazione ordinaria, godendo fino al 31 dicembre 2021 dell’esonero del contributo addizionale, a patto di non attivare procedure di licenziamento collettivo o individuale per la durata del trattamento di integrazione salariale. È stato prorogato fino a fine anno l’integrazione salariale della Cassa integrazione straordinaria per cessazione attività di aziende con particolare rilevanza strategica. E poi c’è il “contratto di solidarietà”, una nuova misura che prevede fino il 31 dicembre 2021 un’integrazione salariale per coprire fino al 70% delle ore di lavoro non svolte, in presenza di accordi collettivi aziendali di riduzione dell’attività lavorativa per datori di lavoro che hanno subito un calo del fatturato del 50% nel primo semestre.
Strumenti per la ripresa: ci sono, ma occorre meno complessità
Una serie di strumenti interessanti, spesso complessi da utilizzare, da analizzare con cura per applicarli nel migliore dei modi. Il cui limite, forse, è un approccio orientato più alla tutela in una fase di emergenza, che al sostegno della rioccupazione in un momento in cui diversi settori mostrano euforia e assunzioni in crescita. Per questo, attendiamo una revisione complessiva della normativa che metta ordine su un insieme stratificato, introducendo norme certe, chiare e semplici per sostenere la ripartenza, agevolando la flessibilità e le politiche attive.