In Methodos è iniziata l’era della sperimentazione anche in campo organizzativo e nella gestione HR. Non solo perché niente sarà più come prima, con scenari post Covid diversi per tutti rispetto ai valori e significati e con un’accelerazione digitale che offre opportunità e modalità di lavoro del tutto inedite, ma anche perché bisogna fare i conti con ben quattro generazioni al lavoro. Questo significa, soprattutto per i più giovani, un approccio, una mentalità e delle priorità diverse che impattano i modi e i tempi del lavoro.
«Quando si dice di essere “inclusivi”, si intende proprio sperimentare nuove idee organizzative che tengano conto delle diverse voci aziendali. Sarebbe inutile provare nuove vie se fossero tali solo nella testa di un capo o di alcuni capi, ora è tempo di sperimentare e testare soluzioni insieme con le persone, raccogliendo feedback, aggiustando il tiro e procedendo in modo condiviso e inclusivo. Altrimenti le persone non aderiscono al progetto: non se ne sentono parte e non si sentono rappresentate. Ricordiamoci che è cambiato il valore stesso che si dà al lavoro, non solo nei più giovani, ma anche nei senior dopo l’esperienza traumatica del Covid», spiega Alessio Vaccarezza, Amministratore Delegato Methodos, società di consulenza specializzata in Change Management che, con le più recenti Digital Attitude e Accompany, fa parte di Methodos Group, appena entrato nella compagine di Digital360.
Lo stile consulenziale della società milanese, che conta una sessantina di collaboratori, è quello di proporre soluzioni e metodologie che verifica in prima persona sul campo. «Non proponiamo modelli teorici, ma cerchiamo di testare noi per primi le soluzioni che proponiamo in modo da parlare di ciò che conosciamo ed essere credibili», commenta il manager. La sperimentazione più recente di Methodos sono i 4 giorni lavorativi, frutto di un processo di ascolto continuo, con occasioni diverse di espressione, feedback e dialogo continuo con la popolazione aziendale. «Ormai è evidente che l’annuale survey sul clima aziendale e il feedback annuale con il proprio capo non sono più sufficienti per i tempi rapidi del cambiamento e vanno integrati con altri strumenti di ascolto più in tempo reale. Nel caso specifico della settimana corta, questa è emersa come esigenza proprio nelle attività di ascolto e di co-costruzione e ha trovato tutti d’accordo nel provare, anche se richiede un’attenta analisi e un approccio nuovo ai risultati per produrre di più in meno tempo, ma in modo sostenibile», precisa il manager. E allora come si fa?
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Methodos, dati e tecnologie per produrre di più con meno
L’innovazione al lavoro può essere di carattere incrementale, ma anche disruptive. Sicuramente ci sono margini di miglioramento individuali per essere più produttivi lavorando “solo” quattro giorni alla settimana e assicurando, al contempo, obiettivi di crescita. Lavorare un giorno in meno non deve infatti implicare il “recupero” di quelle otto ore, aumentando stress e rischio di burn-out.
La vera sfida è quella di trovare nuovi modi di lavorare che creino più valore a parità e, anzi, in meno ore: «Da un punto di vista aziendale non è possibile fare solo leva su una migliore auto-organizzazione e auto-gestione dei collaboratori per conciliare meno lavoro e più business. Stiamo infatti parlando di 50 giornate in meno a persona che, nella nostra organizzazione di 60 persone, corrispondono a 3.000 giornate ed è facile fare il conto di quale possibile perdita possa essere per il business», precisa Vaccarezza. La sfida è allora quella di trovare nuove modalità che, con il supporto di tecnologie e con l’analisi dei dati, da un lato automatizzino alcune attività per liberare risorse a valore aggiunto e, dall’altro, rendano scalabili processi e decisioni grazie agli insight che possono emergere dai data analytics. Infatti, decisioni strategiche “data-driven” possono portare risultati superiori rispetto al semplice conteggio delle ore lavorate. La società del Gruppo, Digital Attitude, di recente ha creato una divisione dedicata proprio all’analisi dei dati, sia per creare valore per i clienti, sia per l’organizzazione stessa, sempre nella logica di testare all’interno prima di portare sul mercato. «Ora l’integrazione con il Gruppo Digital360 favorirà forti sinergie tecnologiche, di data science e di business, accelerando la creazione di valore a partire dai dati», precisa Vaccarezza.
Un coach digitale per le “spinte gentili”
Per quanto riguarda il supporto delle nuove tecnologie per automatizzare in modo Smart attività HR, Methodos utilizza già un sistema automatico, un coach digitale con logiche di machine learning che, installato sul pc, misura la qualità di utilizzo dei software e delle piattaforme collaborative e dà spinte gentili (“nudge”) per farne un uso più efficiente ed efficace. Sviluppato sempre dalla società del Gruppo Digital Attitude, ora il sistema si è arricchito di nuove funzionalità anche su sollecitazione dei clienti durante la pandemia, con ricadute per esempio sul Wellbeing dei collaboratori. Di fatto, è diventata una piattaforma di coaching planning dal titolo “HI”, acronimo di “Habit inspiring”, finalizzata appunto a suggerire nuovi comportamenti attraverso spinte gentili durante un processo di cambiamento, da come gestire lo Smart Working a nuovi modelli di leadership fino a come favorire il benessere in azienda. «Questo è un esempio di come le nuove tecnologie possano supportare alcune attività HR, liberando tempo e risorse senza perdere il contatto con i colleghi da motivare e guidare», commenta Vaccarezza.
In Methodos tecnologie sì, ma anche team building
Nel 2017 il management di Methodos lancia la sfida di una spedizione sul Monte Bianco in cinque anni. L’impresa all’epoca suona come qualcosa di impensabile e impossibile, invece via via diventa un progetto che coinvolge tutti, sia i soggetti sportivi dell’azienda, sia i colleghi che decidono di contribuire con la progettazione e organizzazione degli allenamenti in montagna. «Il progetto viene interrotto per due anni a causa del Covid, ma appena possibile le uscite riprendono e si ricrea subito un forte spirito di gruppo. Così, quando un manipolo di colleghi raggiunge la vetta a metà luglio, a Courmayeur c’è il resto della squadra ad aspettarli e a festeggiare insieme quella che è stata la vittoria di tutti», racconta Vaccarezza. Sono state almeno tre le ricadute positive di questo progetto di team building di lungo periodo con numerose tappe intermedie: il superamento dei limiti e delle paure individuali, anche di quelle non direttamente legate alla montagna e al ghiaccio, grazie a un aumento di sicurezza in se stessi; allenamento al focus e alla collaborazione su un obiettivo comune, estendibile anche ai progetti aziendali e, non da ultimo, l’impatto sul benessere delle persone.
«Non mi sarei immaginato che questa impresa potesse avere simili effetti anche sullo stile di vita delle persone, tra chi ha cambiato abitudini, cambiando la dieta e iniziando o riprendendo ad allenarsi regolarmente e a sentirsi meglio, e chi ha preso decisioni personali, superando tabu grazie al coraggio sviluppato nell’affrontare le difficoltà della montagna. Insomma è stata una esperienza di grande arricchimento per tutti sia come persone, sia come team», conclude il manager. Ora il Gruppo affronta la nuova sfida, ricca di opportunità, di far parte del Gruppo Digital360, in un perimetro d’azione che significherà apertura alla pubblica amministrazione e ai mercati esteri, oltre la vetta appena raggiunta.