Il benessere dei dipendenti per Mondelēz Italia va “maneggiato con cura” e deve essere tutelato in tutte le sue sfaccettature. È un impegno mutuato anche dall’attenzione che la nota azienda attiva nel settore alimentare – con marchi come Philadelphia, Sottilette, ORO Saiwa, Oreo, Toblerone – rivolge ai suoi stakeholder, fedele al purpose: “Empower people to snack right”.
Ne abbiamo parlato con Roberta Candileno, HR People Lead Italia di Mondelēz. In Italia i dipendenti hanno toccato quota 900, e sono distribuiti tra la sede commerciale di Milano, il territorio nazionale e i due stabilimenti di produzione in Piemonte (Fattorie Osella e l’ex stabilimento SAIWA).
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Che cosa è il benessere per Mondelēz Italia?
«I nostri collaboratori sono il cuore pulsante dell’organizzazione. Il concetto di benessere – con le sue molteplici sfumature – tocca ciascuno di loro, coinvolgendo ogni aspetto della loro quotidianità: la salute fisica, psicologica, mentale, e persino emotiva. Per noi il wellbeing è qualcosa che viviamo tutti i giorni e che permea proprio le nostre azioni, le nostre decisioni. E questo si rispecchia nel fatto che a livello globale è stato sviluppato un programma “The right you”, che ha l’obiettivo di lavorare in tutti i Paesi in cui siamo presenti sulle tre dimensioni cardine del benessere: il corpo, la mente, la collettività»
Una linea guida che è seguita con decisione anche in Italia e che si traduce in diverse iniziative. Come, ad esempio, l’evento ‘Benessere: maneggiare con cura’, organizzato lo scorso giugno. «Abbiamo lavorato sulla dimensione del corpo con la partecipazione di MyPersonalTrainer (uno dei partner con cui lavora Philadelphia su iniziative di promozione di stili di vita più bilanciati, ndr.) e sul benessere mentale con Mindwork.
Inoltre, c’è stata la testimonianza di Michele Bravi che ha raccontato la sua esperienza personale sul tema, sottolineando l’importanza dell’ascolto e di quanto la musica gli abbia permesso di connettersi profondamente con sé stesso e con gli altri. Inoltre, è stato curato anche l’aspetto della connessione: oltre ai colleghi e alle colleghe presenti in sala, infatti, tutti gli altri hanno avuto la possibilità di seguire l’evento da remoto, per rispondere anche alla volontà di renderlo un momento di engagement, di connessione e di education per le nostre persone».
Who's Who
Roberta Candileno
HR People Lead Italia di Mondelēz
Come ci si prende cura del benessere in azienda?
«Mondelēz storicamente è da sempre attenta a queste tematiche. All’inizio ha lanciato iniziative di supporto classiche, dotandosi, ad esempio, di una palestra aziendale, promuovendo stili di vita bilanciati, organizzando incontri di consapevolezza alimentare con dietisti e corsi di cucina con chef, anche nei nostri uffici, per avere delle occasioni di team building tra colleghi. In tempi più recenti sono state introdotte anche lezioni di yoga, stretching e risveglio muscolare mattutino. Questo programma è stato portato avanti ed enfatizzato durante la pandemia, perché era un modo per rimanere connessi e dare un senso di continuità con le iniziative a cui i dipendenti erano soliti partecipare durante il normale orario di lavoro.
Da qualche anno abbiamo cominciato a lavorare molto anche sul benessere mentale, offrendo, ad esempio, sessioni formative strutturate di mindfulness. È stato introdotto anche un servizio di assistenza psicologica, l’”employee assistant program” per i nostri 900 dipendenti e le loro famiglie. Si tratta di un’iniziativa nata con l’obiettivo di offrire un supporto, ma che ha anche il ruolo di counseling per aiutare ad affrontare situazioni delicate, come quando si cambia lavoro o ruolo o ci si trova in difficoltà da un punto di vista relazionale con un collega, un collaboratore o un membro del team.
Questo è un investimento che Mondelēz ha deciso di fare perché, come dimostrano anche numerose ricerche, negli ultimi anni il disagio delle persone è cresciuto: come sottolinea lo studio Doxa per Mindwork, il 62% delle persone che lavora ha manifestato almeno un’espressione di disagio rispetto a sintomatologie del burnout.
Si tratta di situazioni, e penso anche alla great resignation, collegate a malessere o a discrepanze sul valore che si attribuisce a sé stessi, al proprio tempo e conseguentemente a quello che si fa, in primis all’interno dell’organizzazione. Trend sociologici, prima ancora che survey organizzative, ci dicono che le persone ricercano degli ambienti di lavoro che siano in grado di riconoscerli come persone, nella loro individualità, e in cui loro, a loro volta, possano riconoscersi nel set valoriale dell’organizzazione.
Dall’indagine DOXA è emerso che per il 75% dei lavoratori il rapporto con il manager ha un effetto sul benessere psicologico in termini di relazione ancora più importante rispetto a quello che si può avere con il proprio analista. Per le organizzazioni è fondamentale oggi non solo rilevare la presenza di queste situazioni, ma anche farsene carico. Ed ecco perché negli ultimi anni abbiamo lavorato molto con alcuni business partner, tra cui Lifeed, per mettere a punto dei programmi di formazione manageriale che noi chiamiamo “leadership a misura di benessere psicologico” e abbiamo individuato una serie di strumenti che li supportino nella gestione potenziale anche dei conflitti all’interno del dell’organizzazione».
Per i Manager per raggiungere il benessere bisogna avere un soddisfacente equilibrio personale: solo quando si sta bene come persona e si è in equilibrio con tutti ruoli sociali si riesce a vivere bene in tutte le dimensioni. E questo ha un effetto amplificatore sugli altri. Ecco perché è importante che le organizzazioni lavorino su queste tematiche, partendo proprio dalla consapevolezza e dal dialogo aperto con tutti i collaboratori, soprattutto questo vale per i people manager che hanno responsabilità nella gestione del team e veicolano la cultura all’interno dell’organizzazione.
Diversity & Inclusion, in che modo diventa una delle dimensioni del benessere?
«Il fatto che le persone vogliano essere riconosciute nella loro individualità ha portato alla ribalta anche il lavorare sulla Diversity, Equity & Inclusion. Mondelēz è da sempre attiva in tal senso. A livello globale c’è un chief officer che definisce le azioni per garantire un trattamento equo per tutti i dipendenti e definisce programmi e obiettivi di emancipazione e di accesso alla carriera al femminile.
A livello locale, poi, c’è un comitato guida che si dà degli obiettivi che condivide con tutti i colleghi e le colleghe, con un commitment pubblico. E parlando di obiettivi, ogni anno ne vengono assegnati alcuni specifici su DE&I a ciascun manager, sui cui si viene misurati e che vengono presi in considerazione nella valutazione delle performance. In Italia, poi, siamo stati i primi a lanciare le “DE&I weeks”, con un palinsesto di iniziative, seminari, incontri live, che consentono di fare cultura su queste tematiche e di partecipare a corsi specifici.
Lavorare in questa direzione richiede comunque costanza, ecco perché abbiamo anche delle newsletter periodiche e abbiamo avviato, anche, il percorso per la certificazione della parità di genere. Anche questo diventa un aspetto e un tassello importante quando si parla di DE&I. Un’attenzione la nostra che porta le persone stesse a sentirsi coinvolte: c’è una partecipazione attiva dei dipendenti, che innesta un circolo virtuoso e che consente di essere prolifici su queste tematiche, perché riconoscono le individualità. E questo per noi un motivo di orgoglio e di soddisfazione, un impegno che ci ripaga e che ci è stato anche riconosciuto: alla fine del 2022 abbiamo vinto l’HR Innovation Award per le iniziative DE&I del Politecnico di Milano.
Work-life balance, come lo gestite in Mondelēz Italia?
«Per noi è importante garantire un corretto bilanciamento tra vita lavorativa e privata. È da sempre una delle dimensioni che permette di far stare bene le persone. Già alla fine degli Anni ’90 è stato introdotto il concetto di “cancellazione della timbratura”, cosa che per i tempi era estremamente di avanguardia. Da allora in poi è prevista una sola timbratura che serve solo per sapere chi è presente nelle nostre sedi per motivi di sicurezza. In pratica abbiamo definitivamente abbandonato il riferimento al tempo fisico che la persona passa in ufficio e abbiamo abbracciato il concetto di raggiungimento del risultato, fondando la nostra cultura sui concetti di responsabilizzazione e fiducia.
Nel 2022 abbiamo, poi, introdotto la settimana corta, aspetto non irrilevante quando si parla di benessere perché si fonda sul concetto di migliore equilibrio tra i tempi di lavoro e tempi di riposo. Dopo la pandemia si è riscontrato che i primi giorni della settimana sono quelli più intensi in cui il dipendente è sottoposto a uno stress, anche a una dilatazione temporale superiore: ecco perché ci è sembrato giusto compensare la maggiore intensità con un migliore equilibrio nei tempi di riposo. Il lavoro si conclude quindi il venerdì tra le 13 e le 15, a seconda dei dipartimenti o delle esigenze specifiche della persona.
Questa decisione ha amplificato ulteriormente il concetto di valutazione delle performance rispetto al risultato legato al tempo speso a lavorare. Questo nuovo modello organizzativo prevede anche un migliore bilanciamento tra lavoro in presenza e lavoro in smart: la nostra flessibilità consente di lavorare in Smart Working due giorni a settimana, e poi ci sono ulteriori due giorni, on top al mese, che ognuno si gestisce come meglio crede.
Non solo, oggi è prevista anche una gestione autonoma delle ferie, previo accordo con il proprio responsabile. Inoltre, abbiamo introdotto altri due elementi: chi sta per andare in maternità il nono mese può lavorare in Smart Working e abbiamo esteso la possibilità di fare Smart Working continuativo durante il periodo estivo, per andare incontro a delle esigenze di flessibilità nei periodi in cui, soprattutto chi ha figli, va incontro a un’organizzazione un po’ più complessa».
Un concetto di flessibilità ampio quello di Mondelēz, che si riscontra anche nelle politiche per la gestione dei permessi: «Li abbiamo sempre riconosciuti o in misura superiore rispetto a quanto previsto dal CCNL di riferimento o su delle patologie che non venivano prese in considerazione, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti psicologici». E non mancano iniziative a supporto del worklife-balance, anche in ottica time saving, come i servizi di tintoria, sartoria, farmacia e di take away serale. Ci sono poi una serie di politiche che sono state confermate da un punto di vista formale anche all’interno del contratto integrativo:
«Nel 2019 abbiamo inserito ufficialmente la prassi dell’”Happy Parental Program”, uno strumento che facilita il rientro dalla maternità, prevedendo ad esempio l’affiancamento di uno stagista per sei mesi, per dare tempo alla persona di riabituarsi al ritmo ed evitare eventuali sovraccarichi di lavoro per gli altri colleghi. Per le persone che lavorano nelle vendite, abbiamo previsto una revisione dei giri avendo come baricentro il domicilio, e chi lavora negli stabilimenti in produzione abbiamo dato la possibilità di essere esclusi dai turni notturni fino al compimento del quinto anno del bambino. Rispetto poi alle genitorialità, abbiamo esteso di ulteriori due settimane il congedo parentale per i papà oltre a quanto previsto dalla legge – per un totale di quattro settimane complessive – e offriamo supporto psicologico ai neogenitori».