«Nelle organizzazioni “agili” le persone motivate e ingaggiate sono quasi il triplo rispetto a quanto avviene nelle organizzazioni tradizionali». Ha esordito così Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, nel presentare i dati della ricerca 2019 (che ha coinvolto 187 Direttori HR), in occasione del convegno “Agile Transformation: così si allenano le organizzazioni per il futuro”. «Motivare e ingaggiare le persone non è più qualcosa da fare per moda: è un fattore critico per il successo e la sopravvivenza stessa delle organizzazioni». Da qui l’importanza di adottare modelli organizzativi “agili”, in grado di adattarsi facilmente e velocemente al cambiamento, con riconfigurazione rapida di strategie, struttura, processi, persone e tecnologie. Le Direzioni HR oggi sono consapevoli di quanto l’essere agili sia un’urgenza: per il 45% è proprio il cambiamento dei modelli organizzativi la principale sfida da affrontare nel 2019, seguito dallo sviluppo di cultura e competenze digitali (43%) e da employer branding e attrazione dei talenti (41%).
Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio, ha ribadito che «dal vortice della trasformazione digitale escono rinforzate quelle organizzazioni che sono in grado di comprendere il cambiamento e agire velocemente per innovarsi. Per essere agile un’organizzazione deve avere la capacità di reagire agli stimoli esterni, creando le condizioni per essere più veloci e mettere a terra i cambiamenti in modo ragionato. La trasformazione verso modelli organizzativi più agili è un passaggio che tutte le realtà dovranno compiere per poter affrontare il futuro: si tratta di un percorso di allenamento che richiede il coinvolgimento di tutta l’organizzazione».
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Quali iniziative rendono le organizzazioni agili?
Per capire quante organizzazioni stanno conducendo una trasformazione ‘agile’, l’Osservatorio ha analizzato l’evoluzione di 5 elementi distintivi dei modelli organizzativi: struttura, processi e practice, cultura e stili di leadership, competenze ed ecosistema. È emerso che la maggior parte delle realtà si trova ancora all’inizio del percorso di trasformazione: appena 1 su 5 sta effettivamente investendo in nuovi modelli organizzativi agili. Le altre seguono un modello “tradizionale”, fondato su specializzazione, supervisione, linearità e stabilità dei confini interni ed esterni. Sia aziende agili che tradizionali danno priorità all’investimento nelle competenze e sono più indietro sulla costruzione di relazioni e collaborazioni con l’ecosistema esterno. Tra i segnali interessanti per il 2019 ci sono diverse iniziative programmate dalle Direzioni HR per la transizione a organizzazioni agili: la definizione di nuove modalità di organizzazione del lavoro e stili di leadership basate su flessibilità e orientamento al risultato, i progetti per diffondere la cultura del feedback continuo, le iniziative per supportare la forza lavoro mobile e internazionale, le attività a sostegno del benessere dei dipendenti e la creazione di percorsi di carriera non gerarchici.
«Si può trovare spunto dallo sport per andare a individuare dei criteri di allenamento – ha ribadito Corso -. Come nello sport ci vuole costanza, pazienza e determinazione. Non bisogna lasciarsi scoraggiare dai momenti difficili. Non si diventa agili rapidamente. Il secondo elemento fondamentale è la coerenza: le diverse iniziative devono essere coerenti tra di loro, pensate e presentate non come spesso accade come estemporanee, ma come parte di un processo consapevole. Un po’ come quando ci si allena: pensare di concentrarsi solo su un muscolo si può tradurre in una disarmonia e un’incapacità di essere veramente agili. Il terzo elemento è la misura. Si tratta di un elemento fondamentale, spesso uccidiamo l’entusiasmo perché non misuriamo o perché misuriamo qualcosa di sbagliato. I campioni ci insegnano che c’è sempre dietro un grande lavoro, un grande impegno, un grande allenamento che poi in fondo è quello che dà il vero gusto, il senso più profondo al successo, al raggiungimento del risultato».
In sostanza «per attivare un percorso di trasformazione verso nuovi modelli organizzativi più “agili” è necessaria una chiara visione dell’evoluzione della strategia di business, per dare senso di direzione e assicurare commitment e coerenza a tutte le iniziative di cambiamento».
Una People Strategy per accompagnare il cambiamento
La necessità di rivedere la strategia di business in chiave digitale e agile non è però sempre accompagnata dalla consapevolezza di dover creare dei prerequisiti organizzativi. Invece è necessario dotarsi di una People Strategy che permette alle Direzioni HR di accompagnare le persone verso il cambiamento, fornire loro gli strumenti e le competenze per affrontare le sfide della trasformazione digitale. Come emerge dai risultati dell’Osservatorio, poco più di un’impresa su due (54%) ha definito un piano di sviluppo del capitale umano, contro il 35% dello scorso anno: questa crescita è il segno di una consapevolezza crescente e di un’evoluzione di visione della Direzione HR. Sono diminuite considerevolmente, inoltre, anche le organizzazioni che si dichiarano non interessate, passando dal 17% al 9%, mentre il restante 37% ha intenzione di considerare l’argomento a partire dal 2019. Ad oggi, tuttavia, solo il 44% delle organizzazioni ha adottato misure di impatto della People Strategy: «Le organizzazioni devono monitorare i risultati per capire se una strategia ha successo, e la People Strategy deve essere supportata da metriche in grado di misurarne gli impatti. È necessaria maggiore consapevolezza», ribadisce Corso.
Competenze digitali: una sfida per la Direzione HR
Se il cambiamento nei modelli di organizzazione del lavoro è al primo posto tra le sfide che le Direzioni HR dovranno affrontare nel 2019 (45%), lo sviluppo di cultura e competenze digitali è al secondo posto (43%). Il 96% delle organizzazioni si è già trovato a dover introdurre professionalità o sviluppare competenze digitali al loro interno. In questo ambito, tra le iniziative in corso, spiccano la collaborazione con startup e università (56%), le attività per sviluppare competenze digitali specifiche (47%), progetti focalizzati sulla cultura digitale (47%), politiche indirizzate alla ricerca e selezione di nuovi profili (46%), percorsi di supporto al management per acquisire maggior consapevolezza sull’impatto del digitale (43%), piani di riqualificazione e rafforzamento delle competenze (41%), attività per lo sviluppo di competenze digitali soft (35%) e sistemi di valutazione del divario di competenze digitali in azienda (25%). Parlando invece delle difficoltà più segnalate dalle imprese rispetto al tema delle competenze digitali spiccano l’elevata concorrenza per attrarre i migliori profili digitali disponibili sul mercato (52%), la complessa integrazione delle nuove professionalità con quelle già presenti (45%) e la difficoltà di sviluppare o trovare sul mercato percorsi di formazione su argomenti specifici (35%).