Il legame tra livelli di produttività ed employee engagement dei dipendenti è stato negli ultimi anni oggetto di numerosi studi. La parola engagement, tradotta generalmente con il termine “coinvolgimento”, in inglese è utilizzata con vari significati: da quello affettivo (fidanzamento) a quello civile (impegno per una causa), fino a quello militare (le famose “regole di ingaggio”). È bene non dimenticare questa polisemia per non sminuire le sfumature che assume con riferimento al contesto della forza lavoro; di conseguenza, una sua corretta misurazione deve considerare tutte le possibili varianti.
Nel periodo del lockdown, per esempio, la società di consulenza Gallup, che pubblica ogni anno il report State of the Global Workplace, ha registrato percentuali di lavoratori “engaged” più elevate del solito. Il motivo è evidente: di fronte ai tassi enormi di disoccupazione causati dalla pandemia – pensiamo a quanto accaduto negli Stati Uniti – quanti ancora hanno un impiego si sentono ben più che ingaggiati, quasi “baciati dalla fortuna”.
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Produttività ed engagement dei dipendenti: cosa ci ha insegnato il lockdown
Il tema dell’employee engagement come leva della produttività è già da qualche anno tra i maggiori punti di attenzione degli HR manager. Negli ultimi mesi, con la quarantena forzata, sono emerse con chiarezza alcune tendenze di cui si dovrà tenere conto nell’affrontare il “new normal” che ci aspetta.
Un’indagine condotta nel marzo scorso da Citrix in collaborazione con OnePoll su un campione di 1.000 individui ha registrato, da una parte, un generale apprezzamento per lo Smart Working, ma dall’altro ha fatto emergere che il principale freno verso l’adozione e la maturità del lavoro agile resta la mancanza di tecnologie adeguate a svolgere i propri compiti da remoto. Il 70,6% del campione, infatti, ha sottolineato di aver dovuto adoperare strumenti consumer invece di piattaforme e tool aziendali.
La survey conferma sostanzialmente gli ultimi risultati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano che dal 2012 analizza le evoluzioni nel modo di lavorare delle persone. L’ultima edizione ha stimato in un numero di 570mila gli smart worker del periodo pre-Covid. Di questi, coloro che si sentono pienamente ingaggiati costituiscono il 33% rispetto al 21% degli altri lavoratori. Ma, tra le difficoltà lamentate dagli intervistati, oltre alla percezione di isolamento e alle distrazioni esterne, campeggiano i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale e la barriera tecnologica. Quest’ultima, nel caso della pubblica amministrazione, è avvertita come ostacolo dal 21% dei rispondenti, quasi il doppio a paragone dei lavoratori delle altre aziende.
La tecnologia come leva strategica dell’employee engagement
È evidente che la tecnologia assume oggi un valore strategico: funge da cerniera tra engagement e produttività. Questo vale non solo quando si fa riferimento alla collaborazione a distanza, ma a maggior ragione quando si parla dello Smart Working, il modello organizzativo che abilita processi più flessibili lungo l’intero employee journey.
Il limite di un approccio in cui i dipendenti siano costretti a utilizzare tool e applicazioni di tipo consumer per rispondere alle esigenze di comunicazione e collaborazione aziendale, risiede nel fatto che il loro journey non è gestito in maniera fluida e armonica. Pensiamo, ad esempio, ai casi in cui per le call e video conference si utilizza una generica app, magari non condivisa da tutto il team o all’utilizzo di chat non diffuse uniformemmente a livello aziendale, fino ad arrivare alla condivisione di file e documenti via mail o con sistemi di trasferimento di uso privato.
Il risultato è una frammentazione delle informazioni, delle attività e dei processi che sfocia in scarsa efficienza ed efficacia dei workflow e in perdite di tempo. Inoltre, gran parte di queste tecnologie consumer prestano il fianco a una maggiore vulnerabilità in termini di sicurezza e compliance. Un rischio che, in prima istanza, minaccia l’integrità e la data security dell’impresa e che ricade poi sulla produttività in caso di cyber attacco o malfunzionamenti che impediscano l’accesso a dati e applicazioni.
Produttività, flessibilità, collaborazione: i benefici dei sistemi UCC
Per queste ragioni quando le organizzazioni puntano a rafforzare il binomio “employee engagement – produttività” è opportuno prendere in considerazione le soluzioni di Unified Communication and Collaboration (UCC) che sono concepite by design per supportare le attività delle persone includendo ab origine tutti i canali che occorrono allo scopo e per garantire la necessaria sicurezza. Oltre a prevedere fonia, video conference, task management, file sharing e condivisione del desktop, sono progettate per creare e gestire gruppi di lavoro.
Secondo Cole Market Research il mercato globale delle soluzioni UCC entro il 2025 arriverà a valere 55,24 miliardi di dollari, con un CAGR dell’8,2%. Il fattore principale che ne traina la crescita è l’aumento della penetrazione degli smartphone che permettono di fruire in mobilità di tutte le funzionalità e degli investimenti su larga scala da parte degli operatori delle telecomunicazioni. A questi si aggiunge la popolarità crescente del BOYD (Bring Your Own Device), ossia la possibilità di utilizzare le applicazioni aziendali anche su dispositivi dei dipendenti e a cui ha contribuito, seppure in maniera disordinata, il lockdown.
Ciò che spinge la domanda delle organizzazioni verso questi sistemi è il riconoscimento di alcuni benefici: maggiore produttività lavorativa e maggiore flessibilità; migliore collaborazione all’interno e con persone all’esterno dell’azienda; riduzione delle spese telefoniche e di quelle di trasferta. Se l’ultima voce rappresenta un vantaggio immediato per i costi, le prime due sono direttamente correlate con un employee engagement più efficace: poter lavorare con strumenti efficaci, che permettono di mantenere il senso di appartenenza alla community aziendale e, al tempo stesso, conciliare meglio vita personale e professionale grazie alla flessibilità, e raggiungere i propri obiettivi in modo agevole e nei tempi previsti può aumentare la soddisfazione dei dipendenti.
In conlcusione, la tecnologia non basta da sola a rendere più soddisfatti i dipendenti ma certamente è uno degli elementi che influenza in misura determinante la qualità della loro prestazione.