Una nuova cassetta degli attrezzi per la Direzione HR. Coinvolta nei processi di cambiamento delle organizzazioni, si sta attrezzando per sostenere la trasformazione dei processi aziendali, delle modalità di lavoro e delle logiche di mercato con l’imperante digitalizzazione nei sistemi di produzione e distribuzione. Le competenze indicate come prioritarie nell’edizione 2017 dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano sono funzionali, trasversali e digitali.
Tra quelle funzionali, per i prossimi due anni viene data la massima importanza alla capacità di gestire il cambiamento e di attrarre, motivare e trattenere i dipendenti, così come al loro sviluppo e a quello organizzativo, mentre cala l’interesse per la parte amministrativa, ruolo tradizionale HR, per lo più automatizzato e/o gestito in outsourcing. Tra le competenze trasversali l’attenzione sarà concentrata sui processi aziendali e le competenze linguistiche, con uno sguardo al marketing, che può fornire strumenti anche all’HR per la conoscenza e la gestione diversificata dei bisogni del personale.
Mentre sul fronte delle competenze digitali la direzione HR si dovrà impegnare sulle digital soft skill, il Mobile e gli Analytics, tutte sfide su cui per prime devono acquisire familiarità se vogliono diffonderne l’uso in azienda. Oggi l’HR è soprattutto concentrato sui Social per azioni di employer branding (far conoscere e rendere attrattiva la propria cultura aziendale), selezione del personale (58%), comunicazione interna e gestione del clima (39%). Quanto all’intelligenza artificiale c’è interesse, ma per ora si ferma a una generica curiosità. Nell’ottica della Talent Acquisition, quasi un’azienda su due compie azioni di employer branding (48%), mentre il 16% dichiara di volersene occupare nel 2017, il 20% lo rimanda al 2018 e il 16% non è interessato. I principali obiettivi per l’anno in corso sono infatti attrarre giovani talenti (56%) e rendere ancora più efficace l’employer branding. La disponibilità di informazioni sulla rete fa sì che i candidati si informino sull’azienda prima ancora che questa riesca a comunicare con loro e quindi diventa strategico presentarsi sul proprio sito e sui social in modo coerente con i propri valori e cultura. Il terzo obiettivo è quello di ridurre i tempi di assunzione (29%) attraverso questi strumenti veloci nel far incontrare domanda e offerta e attrarre i profili digitali richiesti (29%). Comunicare la propria cultura aziendale e incontrare candidati allineati è la strategia principale per attrarre candidati (81%), seguita dalle opportunità di formazione e sviluppo (56%).
Altri elementi attrattivi per le aziende sono le opportunità di carriera (33%), le politiche di flessibilità e Smart Working (27%) e la promessa di carriera internazionale (24%). La retribuzione viene considerata prioritaria, nell’attrarre talenti, solo da un’azienda su 10. Una volta portati a bordo, poi, sanno bene che il loro grado di motivazione soddisfazione, il cosiddetto “engagement”, è centrale perché lavorino bene e non cerchino altre opportunità. In pratica, vanno trattati come clienti interni con esigenze professionali e personali. Solo per il 30% delle aziende la retribuzione sarebbe prioritaria per trattenere le persone, dando invece più peso ai piani di formazione per lo sviluppo professionale (78%), iniziative di welfare (71%), modelli di performance management (53%) e iniziative di Smart Working (54%). Grazie a queste iniziative migliora il clima aziendale per il 63% degli intervistati, aumenta la produttività per una su due, le persone stanno meglio e rispondono meglio al cambiamento e alla richiesta di innovazione (45%).
Ma quali sono gli aspetti più ricercati e ritenuti più motivanti dai lavoratori? Intanto ci sono quelli che non danno una spinta alla motivazione ma se non ci sono generano malcontento e insoddisfazione: la sicurezza del posto di lavoro (43%), il contenuto del lavoro (41%) e la retribuzione (35%). Dati per certi questi fattori, gli elementi più attrattivi per candidati e dipendenti sono l’immagine dell’azienda (31%); la conciliazione tra lavoro e vita privata (31%), il rapporto con il capo (20%) e la formazione e lo sviluppo professionale (17%). È interessante vedere come, rispetto ai differenti bisogni della popolazione aziendale, per i Millenial la retribuzione sia meno importante che per le altre generazioni, essendo concentrati nella fase iniziale sulla possibilità di formarsi, sullo Smart Working e sui servizi di welfare. Su cosa vorranno domani, si vedrà.