L'ESPERTO RISPONDE

Esistono casi di insuccesso dello Smart Working?

Un progetto di Smart Working richiede di agire contemporaneamente su più leve e deve partire da un’attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione. Emanuele Madini, Associate Partner di P4I – Partners4Innovation, racconta alcuni casi di “falsa partenza”

Pubblicato il 26 Set 2016

smart-working-150128142613-1.jpg

Aiutare le imprese a capire, affrontare e gestire i progetti di Smart Working. Con questo obiettivo Emanuele Madini, Associate Partner della società di Advisory P4I – Partners4Innovation del gruppo Digital360, alla guida della Practice sullo “Smart Working & Workplace Innovation”, risponde ad alcuni quesiti raccolti dai lettori

Per porre le vostre domande potete scrivere a info@digital4.biz.

Esistono casi di insuccesso dello Smart Working?

Lo Smart Working è un’occasione di cambiamento che consente di liberare energie all’interno dell’organizzazione e ottenere miglioramenti sia in termini di produttività per l’azienda che di aumento di motivazione ed engagement per i collaboratori.

È difficile individuare veri e propri casi di insuccesso, tuttavia, ci sono state situazioni in cui è stato necessario fare un passo indietro, come è accaduto in Yahoo!, quando Marissa Meyer ha vietato lo Smart Working, giustificando la sua decisione con le seguenti parole: «Per far sì che Yahoo! diventi il miglior posto al mondo dove lavorare abbiamo necessità di lavorare fianco a fianco. Ecco perché è fondamentale essere fisicamente presenti nei nostri uffici. Alcune delle nostre decisioni ed intuizioni migliori sono nate nella discussione in caffetteria o nei corridoi, durante gli incontri con i clienti o durante le riunioni di lavoro improvvisate all’ultimo momento. Dobbiamo essere un unico Yahoo!, e per riuscirci dobbiamo iniziare stando fisicamente insieme».
In Yahoo lo Smart Working era fin troppo diffuso e utilizzato, creando in alcuni casi distanza e disallineamento tra le persone. Per approcciare in modo corretto questa modalità di lavoro è necessario comprendere le corrette modalità e definire il giusto equilibrio di utilizzo dello Smart Working rispetto alle caratteristiche dell’azienda e al momento storico in cui si trova per evitare possibili effetti collaterali.

In altri casi, invece, l’introduzione di nuovi modelli di smart spaces, con anche scelte di flexible sitting e di riduzione del numero di postazioni assegnate, non è stato accompagnato da adeguati interventi di change management sulle persone per facilitare il cambiamento nella cultura e nelle modalità lavorative coerenti con i nuovi spazi.
In alcune aziende, poi, lo Smart Working non è riuscito a superare una fase di sperimentazione iniziale a causa soprattutto di resistenze da parte del Management. Queste sono le circostanze in cui l’iniziativa è stata comunicata e introdotta in azienda solo come una forma di welfare aziendale, senza sottolineare l’imp

atto sul cambiamento delle modalità di lavoro e il passaggio a una cultura basata sulla responsabilizzazione sui risultati. I Manager ne hanno così limitato la diffusione, concedendolo solo in casi eccezionali, senza comprenderne i benefici in termini di efficacia lavorativa e motivazione delle persone che avrebbero potuto cogliere.

Un progetto di Smart Working è un processo complesso di cambiamento che richiede di agire contemporaneamente su più leve e che deve partire da una attenta considerazione degli obiettivi, delle priorità e delle peculiarità tecnologiche, culturali e manageriali dell’organizzazione. Benché sia difficile oggi parlare di veri e propri casi di insuccesso, potremmo definire quelli appena citati casi di “falsa partenza” in cui la sottovalutazione degli impatti organizzativi e culturali o l’utilizzo di approcci troppo focalizzati solo su alcune leve progettuali hanno costretto a ripartenze delle iniziative o ne hanno limitato, o per lo meno ritardato, i benefici.

Per la buona riuscita di un progetto di Smart Working è necessario non sottovalutare l’impatto culturale e prevedere adeguate attività e interventi di comunicazione e formazione sia per Manager che per collaboratori. Agendo contemporaneamente su cultura, stile di leadership e comportamenti delle persone si può avere un impatto profondo e duraturo sull’organizzazione e le sue prestazioni. Questo però richiede un percorso di accompagnamento consapevole e continui affinamenti successivi.

Emanuele Madini è un innovatore digitale che da anni accompagna le aziende nel percorso di ripensamento del modello organizzativo e digitale. In P4I – Partners4Innovation guida la Practice sullo “Smart Working & Workplace Innovation” e supporta imprese e PA nello sviluppo di modelli di lavoro innovativi, finalizzati a migliorare la produttività, l’efficacia prestazionale e il livello di coinvolgimento delle persone.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati