Fare Smart Working in Italia oggi si può e si deve. È questo il messaggio dell’edizione 2014 dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, che ha rilevato come il 67% delle aziende ha già attivato qualche iniziativa in questo senso: anche in Italia si sta diffondendo un approccio innovativo del lavoro, che si caratterizza per flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari di lavoro e degli strumenti e delle tecnologie da utilizzare.
«Fare Smart Working oggi in Italia oggi è possibile – afferma Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working -. I risultati ottenuti dalle imprese che per prime si sono cimentate in questo percorso indicano come le tecnologie digitali, i nuovi device disponibili e la cultura diffusa tra le persone permettano di rimettere in discussione gli stereotipi relativi a luoghi, orari e strumenti di lavoro, consentendo alle persone di raggiungere al tempo stesso una maggiore efficacia professionale e un miglior equilibrio vita-lavoro. Alle iniziative delle aziende si devono accompagnare interventi sulle infrastrutture, come ad esempio la banda larga e Wi-Fi nei luoghi pubblici, insieme a misure di semplificazione delle forme contrattuali che agevolano e promuovono tali forme di flessibilità. Ma soprattutto fare Smart Working oggi è necessario, perché l’entità dei benefici concreti ottenuti per le persone, le imprese e l’ambiente ne fanno una leva irrinunciabile per recuperare le energie e i talenti necessari alla competitività del sistema Paese».
Ma la strada è ancora lunga. Infatti, a oggi solo l’8% delle aziende ha adottato realmente un modello di Smart Working – si tratta soprattutto di grandi aziende dei settori alimentare, ICT, e Telco -, con associato lo sviluppo di un piano sistemico e l’introduzione di strumenti tecnologici digitali, adeguate policy organizzative, nuovi comportamenti organizzativi e layout fisici degli spazi (si stima che saliranno al 19% nei prossimi 2 anni).
In termini di nuove abitudini lavorative, anche se lentamente, si sta diffondendo l’abitudine a lavorare anche in luoghi diversi dall’ufficio e, già oggi, oltre metà degli impiegati, quadri e dirigenti lavora in mobilità per parte del proprio orario di lavoro all’esterno della sua sede (in maggioranza in altre sedi dell’azienda e dai clienti, ma anche in spazi di coworking o sui mezzi di trasporto). Eppure i professional effettivamente “pronti” – per predisposizione culturale e organizzativa – a diventare Smart Workers sono ancora il 20% del totale, percentuale che fatica a decollare a causa degli ostacoli legati alle attività non prevedibili e pianificabili, allo scarso coinvolgimento nelle decisioni da parte del capo, e alla limitata autonomia nella definizione degli orari di lavoro.
Insomma, fare Smart Working in Italia è possibile e i segnali sono incoraggianti, grazie alla crescente attenzione delle aziende, alla disponibilità delle tecnologie digitali, alla propensione delle persone all’interazione e alla relazione virtuale. Ma la strada per ripensare i modelli di organizzazione del lavoro è solo all’inizio.
Nel corso del convegno di presenzazione dei risultati dell’Osservatorio sono stati consegnati gli Smart Working Awards 2014 ad American Express – per il progetto Blue Work – e alla Provincia Autonoma di Trento – per il progetto TelePAT – che si sono distinte per la loro capacità di innovare le modalità di lavoro in ottica smart. Menzioni speciali sono andate anche a Nestlè Italia, per il percorso intrapreso nell’introduzione di iniziative di Agile Work e per l’esteso piano di change management, e a Unicredit, che ha ottenuto significativi benefici nella razionalizzazione ed efficienza nell’utilizzo degli spazi e sulla flessibilità di orario e luogo di lavoro.