Nell’ultimo aggiornamento della ricerca Global Talent Monitor condotta da Gartner, la nota multinazionale americana specializzata in consulenza strategica, il work-life balance si conferma tra i principali fattori di attrazione di un’azienda, nonché la seconda ragione, dopo la scarsa qualità dei manager, che spinge a lasciare il lavoro.
Se trovare l’equilibrio tra lavoro e vita privata non è mai stato semplice, il lockdown ora ci ha messo del suo. Come rilevato infatti da uno studio condotto da due ricercatori italiani della Bologna Business School e pubblicato sull’Harvard Business Review “La flessibilità non si traduce sempre in un migliore work-life balance. I lavoratori da remoto spesso sperimentano un’alta intensità di lavoro e una ridotta autonomia dovuta al fatto di poter comunicare con i colleghi attraverso i propri dispositivi in qualsiasi momento. Questa costante connettività può offuscare i confini tra attività lavorative e non lavorative”.
Proprio su questo tema Melissa Ferretti Peretti, Amministratore Delegato American Express Italia, ha voluto porre l’accento durante il suo intervento in occasione della Digital Week alla Live Conference che ha coinvolto le aziende vincitrici della classifica Best Workplaces Italia 2020 di Great Place to Work, classifica nella quale American Express si è aggiudicata il primo posto nella sezione dedicata alle imprese con oltre 500 collaboratori.
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Come American Express ha mantenuto alto il coinvolgimento dei dipendenti durante il lockdown
Ancora prima dell’annuncio ufficiale nel quale si dichiarava il lockdown nazionale, America Express Italia aveva deciso di chiudere i suoi uffici di Milano (era il 23 febbraio) e messo in telelavoro i dipendenti di Roma che avevano avuto contatti con le aree a rischio: si è trattato di una decisione che aveva coinvolto circa il 40% dei lavoratori. Il 9 marzo con il full remote il numero di dipendenti è salito a 1.150.
Sebbene avvantaggiata dal fatto di aver da alcuni anni già attivato lo Smart Working per due giorni a settimana, gestire e coordinare dall’oggi al domani questa nuova configurazione non è stato comunque semplice per l’azienda e il nuovo assetto ha richiesto di mettere in campo nuove modi per restare vicino alla propria squadra, come afferma Melissa Ferretti Peretti: «Per essere vicini alle persone abbiamo fatto un lavoro enorme, informandole su ciò che stava accadendo e sulle decisioni prese, allineando tutti sulle priorità e mantenendo contatti quotidiani attraverso meeting individuali e staff meeting, con tutti i mezzi a disposizione».
L’Italia è stata il primo paese in cui American Express ha dovuto decidere di far lavorare da casa tutti i dipendenti da un giorno a un altro. Poi, con la diffusione dell’epidemia, l’approccio italiano è stato preso ad esempio ed esteso a tutto il Gruppo, per un totale di 55mila persone in full remote working.
Cambiano i tempi, cambia la leadership: obiettivi vs tempo in azienda
Come ricordato anche nella sopra citata ricerca apparsa sull’Harward Business Review “la cultura predominante nella maggior parte delle aziende italiane si basa sul concetto chiamato ‘il quadro del lavoratore ideale’, che descrive ideale colui che è fisicamente presente in ufficio, che è disponibile a lavorare 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e che è pronto a sacrificare la vita personale a favore del lavoro quando necessario”. I datori di lavoro del nostro Paese sono per lo più ancorati al timore di perdere il senso di controllo sul collaboratore una volta che questo è uscito fuori dal suo campo visivo: questa tuttavia è una mentalità obsoleta e anacronistica che non tiene conto del fatto che l’evoluzione che ha caratterizzato le modalità di lavoro in questo periodo proseguirà e non può essere fermata.
A smentire infatti queste teorie di leadership arriva anche l’esperienza American Express: «Una volta superato lo scoglio rappresentato dal cambiamento di mentalità dei manager nel gestire le persone secondo obiettivi da raggiungere, più che valutando il tempo speso in ufficio, abbiamo visto come le persone, responsabilizzate e coinvolte a 360 gradi nel raggiungimento degli obiettivi, siano diventate sempre più produttive ed allo stesso tempo ingaggiate», dice Melissa Ferretti Peretti. «Per supportare le nostre persone non solo abbiamo messo a disposizione di tutti i dipendenti dispositivi tecnologici all’avanguardia e investito fortemente negli strumenti e nelle tecnologie di supporto, migliorando e rafforzando quelli esistenti e introducendone di nuove, come, ad esempio, il servizio piscologico digitale e di telemedicina. Inoltre, come Manager ci siamo concentrati ancor di più su aspetti fondamentali in questo contesto, come l’empatia e la comprensione delle singole situazioni e necessità».
Work-life balance, American Express: la tecnologia con al centro le persone
Se investire in nuove tecnologie è necessario per guardare al futuro, lo è altrettanto investire sulle persone. L’esperienza del lockdow ha rappresentato un’opportunità da non perdere per colmare quel gap che abbiamo con gli altri paesi europei in termini di digitalizzazione, tuttavia «seppure questa evoluzione abbia portato molte cose positive – afferma Melissa Ferretti Peretti – dall’altra parte però i confini tra lavoro e vita personale sono sfumati, quindi ritengo che in futuro occorrerà trovare il giusto equilibrio tra interazione umana e smart working. Sono certa che continueremo a rimanere connessi anche in remoto, che emergeranno nuovi lavori integralmente digitali, ma anche che non si potrà fare a meno dell’interazione, ad esempio per formare i giovani, creare cultura aziendale, valutare soft skill, stimolare la creatività. In questo scenario, per sostenere il cambiamento dovranno evolvere ulteriormente anche i leader, adottando un approccio più flessibile e dinamico e una visione del futuro che sia anche collettiva».
In quest’ottica di attenzione alla persona si inquadra la decisione di American Express Italia di far tornare in azienda le persone da qui a fine anno solo su base volontaria, per rispettare le esigenze sia di coloro che ancora non si sentono pronti, sia di chi invece preferisce essere in ufficio, perché ad esempio non ha un ambiente domestico ideale per lo Smart Working. «Noi non abbiamo avuto nessuno impatto sul livello di servizio offerto ai nostri clienti e sui nostri processi operativi, e quindi non c’è ragione per velocizzare il processo di rientro. Ovviamente per chi rientrerà si tratterà di lavorare virtualmente dall’ufficio, perché non si faranno riunioni e non si useranno la mensa, la cucina e le altre zone collettive», conclude l’Amministratore Delegato.